LE VOCI DI VILLA ALWAY

1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.

CAP. 1

 

       In una notte oscura, in cui le tenebre sembravano padroneggiare su qualsiasi cosa, mio fratello Oscar, decise di dare inizio ad una delle sue lunghe sedute medianiche, dalle quali ne uscivamo quasi sempre stravolti, rabbrividiti, ma nello stesso tempo affascinati da questo mondo misterioso e affascinante. Il mio nome è Vincent, e per quel che mi è dato di narrare, quella spettrale notte di primavera, io e mio fratello rischiammo un bel po’ ad addentrarci sempre più in quel mondo completamente sconosciuto, dove i defunti padroneggiano, continuano la loro vita, e chissà in che modo. Eravamo così curiosi da sacrificare le nostre vite per praticare una seduta con PLANCHETTE all’interno della Villa Alway che, si trovava esattamente davanti alla nostra umile casetta.
       La villa Alway era abbandonata da anni, io e mio fratello eravamo convinti della presenza, all’interno di essa, di entità misteriose, e ci rabbrividiva solo il poter guardare la villa dalle finestre di casa nostra.
       L'enorme cancello arrugginito della villa era aperto. Nel suo interno, un enorme giardino dove il vento, sovente, bighellonava con il sedile di un'altalena mal concia. Appeso per una catena, ormai corrosa dal tempo, quel misero sedile oscillava avanti e indietro producendo un cigolio tanto forte da farmi sempre rabbrividire.
       Sapevo che la figlia del padrone, il signor Alway, cascò dall'altalena rompendosi l'osso del collo. La povera bambina morì istantaneamente, non c'era più nulla da fare e quando morì anche l'altra figlia, sbranata da un cane lupo nel retro del grande giardino, il signor Alway lasciò la casa e se ne andò a vivere in città. Da allora nessuno comprò la villa . C'era anche un pozzo nel giardino, dove andavamo spesso io ed Oscar per provare il brivido, il rischio, e anche per studiare dei piani segreti; lo scopo era quello di entrare all'interno di quella misteriosa casa signorile. Ricordo che proprio da quel pozzo, una sera udimmo strazianti grida infantili provenienti dalle falde sotterranee di acqua. Avevo appena compiuto 16 anni, mentre mio fratello stava per compierne 18. Oscar era molto più esperto di me riguardo all’occultismo, la sua camera sembrava un vero e proprio reparto esoterico. Non c’era un oggetto o un libro del genere che mancava, ricordo che lo stesso giorno era sceso in città per comprarsi il suo pendolo egizio da radioestesia con tanto di tavole contenute in un manuale. Era così soddisfatto per aver concluso la sua perfetta collezione di pendoli! Avevamo entrambi una"OUIJA", mi era costata tutti i miei risparmi, era un piccolo apparecchio di legno(una tavola triangolare) nel quale erano scritte tutte le lettere dell’alfabeto, le parole SI e NO, e i numeri dallo 0 al 9. Mettevamo il dito su un bicchierino o a volte una monetina che guidata dall’entità ci indicava le varie lettere, formulando vere e proprie frasi, a volte sagge, a volte maligne. Lo OUJA game era un gioco veramente pericoloso, il più pericoloso, ma per me veramente affascinante. Non avevamo nient’altro da fare, la strada per la città era lunga da seguire e non c’erano mezzi per arrivarci, quindi ogni tanto ci andavamo in bici, ma solo per fare la spesa, ed era anche molto faticoso. Eravamo isolati, avevamo dei vicini che non c’erano mai se non per venire ad innaffiare i fiori del giardino una volta al mese, mentre nostri genitori erano quasi sempre indaffarati e assenti per questioni di lavoro. Io e Oscar, avevamo imparato a vivere da soli tranquillamente, non avevamo problemi, io cucinavo, lui puliva, e ci alternavamo per andare a fare la spesa. Eravamo diventati una vera e propria società, e sapevamo che dopo lo studio ci aspettava lo spiritismo, solo che quella sera volevamo fare qualcosa di nuovo, di strano.

 

CAP. 2

 

       Oscar andò in garage a prendere il pacco di fogli di carta bianca che nostro padre teneva dentro uno scatolone di legno; rimasi per un attimo solo in cucina poiché era ora di merenda, e stavo preparando due prelibati hot-dog, uno per me e uno per mio fratello. Iniziai a pensare che fosse molto pericoloso entrare in una casa infestata dagli spettri e forse anche maledetta, ora mi stavano saltando in mente tutti quei pensieri, tutte quelle paure, che se ne fosse venuto al corrente Oscar avrebbe iniziato a considerarmi una femminuccia.
       Mio fratello non aveva paura di niente, era molto coraggioso, tanto da voler entrare nel "Circolo dei Maghi", che non era poi tanto lontano da casa nostra. Iniziò addirittura a cercarsi un lavoretto per guadagnarsi i soldi per l’iscrizione, ma non riuscì a raggiungere la cifra richiesta per esser membro, e spese quei soldi guadagnati con il volantinaggio per altri libri su magia bianca, nera, e cassette horror. Anche se per lui fu una grande sconfitta non diventar membro di quel circolo dove si riunivano tutti i Medium più conosciuti in tutto il mondo, per evocare spiriti e per praticare delle misteriose sedute. Quella sera davano in TV la maratona dei film dell’orrore, ma oramai io e mio fratello eravamo già i protagonisti di un film horror, e forse ora anche di un libro. Oscar era di ritorno, lasciò circa una ventina di fogli sparsi sul tavolo, iniziò subito a pregare il suo angelo custode di assisterlo e di tenerlo lontano dagli spiriti cattivi, prese in mano una penna, la mano spinta da uno spirito iniziò a scrivere su un foglio. Questa si chiama psicoscrittura, Oscar era entrato in contatto fluidico con lo spettro, e ora la mano scriveva per conto suo. Quello che era stato scritto sul foglio era: non entrate in villa Alway!
       Il messaggio era diretto, uno spettro probabilmente ci spiava, iniziai a pensare che fosse stata la figlia del signor Alway a scrivere, quella con la testa fracassata, oppure quella sbranata dal lupo, e di conseguenza mi passò voglia di far merenda, al contrario di Oscar che si mangiò entrambi i panini. Mancava un ora per la missione, avevamo calcolato tutto. Per esplorare la villa avevamo un piano scritto e tutto l’occorrente, come nei film di spionaggio. Andai in camera mia, per prendere i nostri zainetti, la torcia, una OUIJA, e il mio libro di preghiere che mi era stato dato a catechismo, non ero molto religioso ma pensavo che qualche preghiera ci potesse aiutare a proteggerci dalle larve fluidiche che, secondo il mio corso pratico di spiritismo, infestano una persona succhiandogli le proprie energie e provocando guasti psichici e fisici. Oscar si ricordò di portare con se il suo amato pendolo egizio, per lui era come un figlio, era il proprio spirito guida. Con il suo pendolo, Oscar, sapeva benissimo quando era circondato da spiriti positivi o negativi. Era proprio una fantastica avventura quella che stavamo vivendo, forse uno dei momenti più belli della nostra vita, ma visto per un altro verso, uno dei più brutti. Scesi le scale che mi portavano in salotto, spensi la televisione che stava già accesa da tutto il giorno; mancava solo mezz’ora per l’avventura, mentre guardavo l’orologio mi batteva il cuore sempre più forte dall’emozione. Aprii la porta di casa, la strada era deserta come al solito, mi misi a leggere una ristampa di dylan dog mentre mio fratello era in camera a vestirsi, ed ecco che il vento iniziò a far cigolare l’altalena, con quel suo suono squallido e penetrante.

 

CAP. 3

 

        Mancavano ora solo sei minuti, e la nostra avventura, il nostro viaggio verso il mondo dell’occulto stava per iniziare. Oscar chiuse a chiave la porta di casa, mi fece un occhiolino, con quel suo folle sorriso, con quel suo sguardo di chi sarebbe stato pronto a sfidare qualsiasi essere, qualsiasi cosa, persino Satana in persona.
       Iniziammo ad incamminarci verso la strada dei morti, la strada della verità, mentre mio fratello Oscar si fumava la sua ultima sigaretta. Avevamo tutto l’occorrente per usi medianici che ci sarebbe servito per tutto il viaggio nel mondo paranormale, ci sentivamo come protagonisti di un film horror, dei veri e propri acchiappa fantasmi, non immaginavamo che fossimo invece noi due a cadere nella loro trappola.
       Eravamo finalmente arrivati a destinazione, ci trovavamo ora davanti al cancello di villa Alway, avvertivo quel cigolio infernale dell’altalena, che mi faceva alterare, e avevo la sensazione che il mio cuore cessasse di pulsare.
       Ci fermammo a fare due chiacchiere, tanto per distogliere i nostri pensieri, soprattutto i miei, dalla paura, pensando se fosse il caso di entrare in villa Alway, ma oramai era troppo tardi per tornare indietro e cambiare idea, la decisione era già stata presa, mi fece capire Oscar, e ripensandoci non potevo assolutamente tornare indietro, anche fuggendo la paura mi avrebbe toccato, sfiorato e magari ucciso.
       Iniziammo a osservare ogni minimo particolare di ogni cosa che ci circondava in quel grande giardino che sembrava più un parco date le dimensioni, il pozzo era poco distante da noi e tutto ad un tratto udimmo le voci spettrali che provenivano dal fondo di esso, un coro straziante di voci bianche rese l’ambiente in cui ci trovavamo, sempre più inquietante.
       Chissà come mai, a Oscar venne di seguito l’idea di dividersi, per il semplice fatto che si era dimenticato la macchina fotografica in camera sua, gli chiesi se potevo accompagnarlo a casa, ma la risposta era chiaramente quella che mi aspettavo, cioè che dovevo starmene solo a fare la guardia, e immobilizzato dalla paura non mi misi a controbattere con Oscar che partì di corsa, ero così stordito dopo aver sentito quel coro di morti, che le parole non mi uscivano di bocca, qualcosa come quando cerchi di svegliarti nel bel mezzo di un incubo ma non ci riesci.
       Senza la macchina fotografica non potevamo dimostrare in seguito quello che avremmo visto, e nessuno ci avrebbe creduto.
       Lo scopo di mio fratello era quello di provare la paura di assistere ad un materializzazione all’interno della villa o qualcos’altro di stupefacente e paranormale, entrambi amavamo l’occulto e il rischio, ma ora la paura era troppa per me, e udire quelle voci da solo per una seconda volta, mi provocò un gran senso di stordimento e disorientamento, vomitai sull’erba che mi arrivava fino ai ginocchi e che mi rallentava di conseguenza la fuga, rassegnato mi misi a sedere, scoppiai a piangere, perché abbattuto dalla paura, quella paura che paralizza, ti ferma e a volte ti uccide.

 

CAP. 4

 

       Oscar era di ritorno con tanto di macchina fotografica e blocco per appunti, aveva anche un registratore con se, per le voci provenienti dal pozzo che cessarono appena si avvicinò ad esso, il coro di morti si interruppe magicamente. Non pensavamo più a quel pozzo che ci aveva già rubato gran parte del nostro tempo, erano le otto di sera e avevamo deciso di stare ad esplorare il tutto fino a mezzanotte, non perché fosse la cosiddetta "ora dei fantasmi", ma perché il giorno dopo avevamo scuola regolare, ed era molto probabile che un altro giorno di assenza ci avrebbe portati entrambi alla perdita dell’anno scolastico.
       I nostri pensieri erano rivolti alla porta della casa che seguitava a sbattere forse per via del vento, decidemmo così di avventurarci definitivamente all’interno per praticare un seduta medianica, o per evocare uno spettro.
       Potevamo intravedere all’entrata, nel mezzo di quel che un tempo faceva da salotto, una scala a chiocciola che dava forse accesso ad un altro piano, era tutto così eccitante. Accesi subito la pila perché era proprio un buio totale là dentro mentre ci incamminavamo senza fiatare all’interno della casa infestata..
       Oscar prese la sua OUIJA senza esitare un attimo, potevamo notare anche un tavolo di legno tarlato su cui appoggiarla, che probabilmente era l’unico oggetto presente nella stanza dove ci trovavamo, cioè a pian terreno.
       Non avevamo mai pensato a quanti piani potesse aver avuto villa Alway, proprio per questo la nostra intenzione era quella di non mollare, di esplorare quella casa signorile fino in fondo, in ogni minimo particolare.
       L’unica cosa che mi avrebbe potuto ostacolare nel far tutto questo, era la paura, che si faceva sempre più viva ogni attimo che passavamo in quel mondo paranormale, solo la lucina che emetteva la pila mi lasciava un piccolo spiraglio di vita.
       Oscar mi invitò a recitare la preghiera rivolta all’angelo custode, prima di mettere il dito sulla monetina da far scorrere nelle lettere della tavola in legno, ma proprio all’inizio della seduta, sentimmo ululare al piano di sopra.
       Pensai istantaneamente al lupo che aveva sbranato la figlia del signor Alway. Non sapevamo veramente cosa fare, eravamo immobilizzati dal panico.. Oscar mi incitò alla concentrazione, tecniche di rilassamento per sfumare la paura quando ci si trovava in quei brutti momenti, ma io sapevo che l’unica cosa giusta da fare era fuggire da quel luogo maledetto; corsi verso la porta che si chiuse un istante prima che arrivassi alla meta. Ero cosi’ perduto nel panico più totale, nelle tenebre, e l’unica via di uscita era affrontare tutte le nostre paure, e forse era proprio per questo motivo che quella sera ci ritrovammo chiusi in un casa che non era la nostra.

 

CAP. 5

 

       Strane forme di luce eterea aleggiavano nel buio di quella stanza vuota, capii in ritardo che quel fenomeno era molto probabilmente l’inizio di una materializzazione.
       Quello che riuscii ad intravedere in quell’intensa nuvola di luce, fu senz’altro l’immagine che mi traumatizzò per tutta la mia infanzia, mi trovavo davanti ad uno spettro circondato da una luce, immobile come se dipinto in uno spazio vuoto della stanza. Una voce scherzosa e infantile si contrapponeva con la sua straziante immagine, cioè quella di un vecchio defunto che presentava profonde ferite nella parte centrale del suo stomaco. Non ricordo esattamente quell’immagine cadaverica, ma quello che io vidi era probabilmente come un piccolo "guscio" di personalità vissuta un tempo dall’entità del defunto.
       Non capivo cosa volesse dirci con quei suoi lamenti, che presto diventarono grida, come se il fantasma stesse soffrendo per chissà cosa, forse era il padre del signor Alway morto di cancro in quella villa vent’anni fa, che aspettava suo figlio a braccia aperte, strani e macabri pensieri mi stavano passando per la testa, stavo forse impazzendo?!
       Iniziai a piangere senza un motivo ben preciso a parte quello che me la stavo veramente facendo sotto, soprattutto quando vidi che lo spettro iniziava ad avanzare verso noi due, non camminava, l’immagine scorreva in quella stanza vuota e buia, e restava immobile come una pedina di scacchi, fissandoci con degli occhi rossi infuocati.
       Improvvisamente smise di stridulare e si mosse di scatto verso Oscar, ora riuscimmo a capire cosa ci voleva dire, chiedeva ad Oscar di abbracciarlo, lo spettro pretendeva solo un abbraccio, che era soltanto una scusa per rompergli l’osso del collo e portarselo via con se nelle tenebre.
       Ero avvilito e distrutto per la morte di mio fratello che era anche il mio unico amico, tanta era la mia voglia di vendicarlo quanta era la mia paura e la voglia di uscire da quel fottutissimo mondo paranormale. Essendo sotto shock tutte le mie paure si erano momentaneamente fatte da parte, forse perché nascoste dalla mia momentanea follia causata dal grande dispiacere, dovevo uscirne in qualche modo, quindi mi feci forza e presi la ouija da terra, sapevo che Oscar mi avrebbe aiutato comunicandomi dall’altra dimensione, purtroppo avevamo pianificato anche quello.

 

CAP. 6

 

       Mi trovavo nelle tenebre più oscure dell’universo, dove tutto era così spento e cadaverico. Mentre avanzavo, impigliandomi tra piante e rovi, vidi che tutto non era così poi tanto spento. Riuscivo a vedere una lucina rossa che sgorgava da un buio totale. In quel momento mi ronzava in testa la canzone: "fundamentally loathsome"( del mio grande e unico idolo Marilyn Manson), non perché fosse la mia preferita della band, ma perché pensai che fosse quella più adatta a quel luogo satanico. Iniziai a sentire la voce del mitico reverendo Brian Warner che mi deceva:. Kill your god, kill yourself, poco a poco iniziavo a sentire tutti i brani contenuti nel mio amato album: "Mechanical Animals", stavo impazzendo.
       La lucina misteriosa si stava facendo sempre più intensa man mano che mi avvicinavo ad essa. Giunsi così alla verità, la lucina diabolica sgorgava dalla finestra di una casetta in legno, apparentemente molto accogliente che molto stranamente non avevo notato in tutto questo tempo, ma che ora si trovava precisamente di fronte a me.
       Udii una musica sublime proveniente da quella casetta, si trattava di una sonata pianistica che si divideva in ben quattro atti, ascoltando notai un imperfezione, il brano degenerava alla fine di ogni atto, proprio come quando ascolti una cassetta nel tuo registratore e scopri che ha le pile scariche, cosa che mi fece subito rabbrividire, e che mi aveva sempre dato un senso di squallore fin dall’infanzia.
       Non riuscivo ad immaginare chi potesse abitare in un posto così sperduto; ancora oggi non riesco a spiegarmi il perché, ma la curiosità divenne sempre più forte e senza neanche accorgermene ero già avanzato di qualche passo, mi ritrovai così alla porta di legno tarlato che sbatteva continuamente per via del vento.
       Un immenso odore di frittelle e di dolciume si confondeva con l’odore acre di sterco e di corpi in putrefazione, stavo quasi per vomitare quando tutto ad un tratto vidi che la casa si stava come per deteriorare, diventando così ai miei occhi un immagine del tutto sfumata, ora pittoresca.
       Mi giravano per la testa pensieri confusi, pensavo addirittura che la casa fosse l’accesso agli inferi, la porta sbatteva sempre più forte e intravidi una luce rossa potentissima che mi ipnotizzò.
       Delle nuvolette di zolfo si alzavano dal retro della casa, la finestrina si spalanco di forza e un teschio di caprone venne scaraventato da essa, sentivo tante risate diaboliche e non riuscivo più a distinguere quale fosse il mondo reale, se ce ne fosse stato uno.
      Mi guardai intorno, cosa che non avevo fatto chissà da quanto tempo, ed il mio cuore sembrava scoppiare quando vidi di esser circondato da scheletri umani e corpi di animali in putrefazione, sicuramente vittime di messe nere.
       Teste di caprone venivano lanciate in continuazione dalla finestra, ma non mi facevano più tanta paura, perché capii che il vero incubo era la cruda realtà che si faceva notare da mattina a sera, quello che mi ritrovavo davanti era la dimostrazione che ogni piacere corrisponde alla sofferenza nell’Aldilà.
       La porta si spalancò, immagini distorte danneggiarono la mia mente, come se fossi sotto effetto di sostanze nervine, pensavo di esser ad un passo dalla morte, di esser svenuto, di sognare.
       Avevo le allucinazioni ma riuscivo a pensare con la mia testa e questo è un bene quando te la senti intatta. Regnò così su di me una grandissima voglia di proseguire il tunnel della morte.
       La casa divenne magicamente un bellissimo castello. Il ponte levatoio si abbassò, ed entrai in questo castello infestato da figure spettrali.
       Iniziavo così ad entrare in contatto con i fantasmi, :- La mente se sfruttata può diventar caleidoscopio della galassia, disse lo spirito di un saggio. Bellissime frasi sagge mi passavano per la testa per mezzo di essi.
      Mi trovavo dove non mi trovavo, un loco indefinibile e orrendo, uno spazio vuoto, buio, silenzioso. Un luogo reale, ma ripeto, cosa è reale? Poteva esser stato tutto creato dalla mia mente, dal mio inconscio.
      Il corpo mi abbandonò, l’anima era presente ma non potevo più pensare, per spostarmi dovevo usare la mente, non i muscoli,. Ero morto, la mia anima avanzava nel buio, nella speranza di vedere qualcosa di animato, di vedere una luce.

  

CAP.7

 

       Vidi così il principio del Male assoluto, che ha quel gran fascino che purtroppo manca al bene, quella forza che ti ipnotizza e che ti trascina nelle fiamme ardenti, che ti brucia con orgoglio, quella forza nera che ti tradisce.
       Non mi trovavo più nel grande castello immaginario, quella era solo una fase di intermedia.
       Satana, principe del paese delle lacrime stava seduto su un trono metallico, con testa di caprone e corona dorata.
       Aspettava le sue vittime e forse anche io lo ero. Un vecchio gobbo demoniaco portò al suo principe un fanciullo stridente, il Demone sorrise, prese in braccio il bambino e gli staccò il collo.
       Il povero bambino smise di piangere perché il suo spirito lo aveva lasciato. Il Principe Nero mi sorrise, facendomi l’occhiolino. Era la mia ora? Stavo per esser sacrificato anch’io? La Bestia continuava a ridere crudelmente mentre giocava con la testa completamente sanguinante del povero fanciullo.
       Un Demonio di ordine inferiore mi catturò, emetteva un ruggito spaventoso, mi prese in collo portandomi davanti al Principe Nero che sembrava molto arrabbiato con me.
       Il suo volto iniziò a trasformarsi, divenne improvvisamente leonino, iniziò a ruggire come un leone incaricando il Demone di ordine inferiore, suo schiavo, di versare l’olio su un pentolone posizionato precisamente accanto al trono metallico.
       Si sentivano gridi di dolore, di sofferenza, che provenivano dai grandissimi pentoloni arrugginiti, probabilmente pieni di bambini sacrificati in suo nome.
       Purtroppo non potevo scappare, ero circondato di demoni e lava, in quel maledetto paesaggio lunare che era l’inferno.
       Il demone dei bassi fondi era orribile, portava con se un gigante mestolo infiammato per versare l’olio anche nel fossato.
       Da dove mi trovavo io, che penso fosse il luogo più alto, si riusciva ad intravedere la massa fluida ed incandescente che fuoriusciva dai tanti piccoli corsi in quel luogo scosceso e profondo che sembrava esser infinito.
       La lava degli inferi scorreva densa e vischiosa nei mille ruscelli infiammati, un cervo alato controllava come procedevano i sacrifici,era sicuramente una delle tante guardie demoniache che costituivano quel regno senza fine. Satana stava seduto sul suo trono, il suo volto cambiò, aveva la testa di un barbagianni, indossava un armatura da cavaliere(subiva metamorfosi molto facilmente, possedeva dentro di se un infinito numero di anime smarrite e maledette, che si facevano notare continuamente nei sui innumerevoli volti), intanto il servo lasciò il mestolo (con il quale era stato incaricato di versare olio nei pentoloni).
       Satana si alzò di scatto dal suo trono metallico, ora si trovava davanti a me, mi ordinò di inchinarmi ai suoi piedi, alzò di scatto mentre il cervo alato stava portandogli una sciabola con una punta lunghissima dalla quale scorreva sangue vivo. Il Maligno afferrò la sciabola lanciata dal cervo e mi portò via la testa.
       Mi svegliai come da un sonno profondo davanti alla casetta, proprio la casetta che vidi all’inizio di questa storia maledetta, era giorno, i raggi del sole quasi mi accecavano, mi alzai da terra, decisi di tornare a casa. Tutto quello che mi era capitato era così terrificante e doloroso che decisi di non pensarci, mi ero sempre appassionato di libri satanici, di magia, ma non avrei mai pensato di vivere una storia così terrificante. Decisi di dimenticare tutto, di sotterrare tutti i pensieri che riguardavano il lungo viaggio negli inferi che avevo vissuto, anche se era molto difficile dimenticare.
       Adesso avevo solo una preoccupazione, pensavo solo a come potessi presentarmi a casa senza la mia testa.