Il Carnevale
Il borgo entra nell'atmosfera carnevalesca con studiata lentezza, in un crescendo di entusiasmi che raggiunge il suo culmine formidabile nelle leggendarie baldorie del Martedì Grasso. Lauti sacrifici a Bacco e autentiche stragi di specialità gastronomiche conferiscono il giusto tono ai veglioni mascherati, alle scorribande pazze nelle vie, al pellegrinaggio frenetico nelle osterie. Così il borgo, calmo e sonnolento per undici mesi all'anno, si risveglia in questo periodo dal torpore e le vie e le piazzette si animano, diventando una sorta di palcoscenico per tutti. Messi al bando la faccia seria, gli atteggiamenti compunti, gli stili quotidiani, chi lo desidera può così cambiar ruolo, dare spazio alle reali aspirazioni, al personaggio che avrebbe voluto essere. Il tutto nella più sana allegria e secondo regole e modelli inalterati da decenni. Così Servola diventa annualmente, a febbraio, il "paese del carnevale" senza grandi voli ma realisticamente, alla ricerca dell'allegria più schietta.
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Il mercoledì delle Ceneri, reduce da una
nottata in cui l'estro s'era disfrenato sino alle conseguenze estreme, il popolo
accompagna il Carnevale a morire in qualche prato: frotte di pedoni assistono
all'emblematico spettacolo che racchiude nella sua grossolana semplicità l'intero senso
dell'esistenza. Il fantoccio di stracci, adagiato su di una lettiga sorretta da 4 uomini
dal viso annerito dalla fuliggine, è preceduto dal gran maestro che avanza con il
stendardo del borgo. Un chiassoso corteo di mogli, amanti, figli e nipoti accompagna,
assieme alla marcia funebre della banda, il defunto; ogni osteria reclama una tappa con
una bevuta consolatoria. Ma ecco l'ora del tramonto incombe, le esequie si affrettano: il
fantoccio viene disteso sull'erba, una maschera lo incendia, rapidi guizzi fiammeggianti
divorano i miseri cenci nella fresca aria vespertina. Più tardi, quando già le ombre
della notte invernale hanno steso il loro manto su Servola, nelle osterie
sovraccariche le
onoranze al Carnevale defunto si prolungano. Se non il digiuno, almeno il mangiar di magro
viene rispettato e il biondo nettare della malvasia scende a innaffiare, come un fiume di
lacrime, i vassoi rotondi stracolmi di" granzievole" e "ostrighe"
Liberamente tratto da "Servola" di Adriano M. Sancin Edizioni Moderna.
Carnevale negli anni '50.
Si ringrazia il sig. Egidio Muzina per le fotografie.
E' nato un sito che ha intenzione di mettere in rete tutte le manifestazioni carnevalesche d'Italia: non dimenticarti di dargli un'occhiata.