QUARESIMA,

CAMMINO DI RISURREZIONE




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Premessa


La Costituzione conciliare sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium, recita testualmente al § 102: “La santa madre Chiesa […] Nel corso dell'anno distribuisce tutto il mistero di Cristo dall'Incarnazione e dalla Natività fino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste e all'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, le rende come presenti a tutti i tempi e permette ai fedeli di venirne a contatto e di essere ripieni della grazia della salvezza”.

L'anno liturgico dunque, riproducendo e attuando in se stesso l'intero arco della storia della salvezza, si prospetta come un cammino di redenzione e di riscatto in cui, attraverso l'annuncio della Parola e la celebrazione rituale dell'evento salvifico, rende presente l'evento annunciato. Tale evento interpella il credente di ogni epoca e di ogni latitudine e lo spinge a dare la sua risposta a livello esistenziale. L'intera vita del credente diventa pertanto un tempo sacro, il luogo in cui si celebra il Mistero di Cristo, diventa una liturgia di lode e di ringraziamento.

In questo contesto di sacralità si inserisce anche la Quaresima, un tempo che diventa simbolo e metafora del vivere credente, che è essenzialmente un vivere pasquale, un continuo passaggio da morte a vita che trova la sua comprensione e la sua radice nel battesimo: “O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,3-4). Un cammino dunque di morte e di vita, di morte per la vita, di morte che si fa vita (1Cor 15,26.54.55); un cammino che risuona anche nella liturgia eucaristica: “Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione nell'attesa della tua venuta” (1Cor 11,26). La vita credente pertanto è sottoposta a questa forte tensione escatologica, che si gioca tutta, qui e ora, nel vivere la morte del vecchio Adamo per poter accedere alla vita del nuovo Adamo (1Cor 15,20-22). In questo contesto la Quaresima diviene un cammino di lotta e di tensione spirituale ed esistenziale verso quella Pasqua ultima, in cui già viviamo e già siamo inseriti, ma solo nella speranza (Rm 8,22-25) che per il credente è certezza di eternità.

Affronteremo qui, sia pur in modo necessariamente sintetico, la riflessione sulla Quaresima sotto quattro aspetti: storico, teologico, biblico-simbolico e pastorale o applicativo.

L'aspetto storico

Non ci è dato di sapere ad oggi in quale modo sia sorta la Quaresima, né i tempi della sua formazione. Essa nasce all'interno della chiesa in modo lento e progressivo, come una prassi preparatoria alla Pasqua, legata ad eventi intrinseci alla vita stessa della chiesa come il digiuno, il catecumenato e la penitenza dei pubblici peccatori, sospinta, quasi certamente, anche dall'imitazione del proprio Maestro, che, mosso dallo Spirito, iniziò la sua attività missionaria nel deserto dove rimase quaranta giorni (Mc 1,12-13).

Il digiuno nella chiesa primitiva è sorto come riflesso di quello proprio del mondo ebraico da cui la chiesa è nata e sul quale ha modellato la sua prima organizzazione. Già negli Atti degli Apostoli vediamo come il digiuno venisse praticato come prassi prima di prendere delle decisioni importanti ed era sempre accompagnato dalla preghiera (At 13,2.3; 14,23; 27,33); si trattava di un momento di illuminazione in cui, deposta ogni materialità della vita, il credente si accostava al suo Dio per riceverne forza e luce. Similmente al digiuno del pio ebreo, praticato nei giorni di lunedì e giovedì, anche quello del cristiano aveva due tempi settimanali, il mercoledì e il venerdì, giorni che, nella chiesa occidentale, venivano definiti con l'espressione militare “dies stationis”, cioè giorni di veglia con il Signore che soffre. In tale contesto certamente la Pasqua era preceduta da almeno due giorni di digiuno, il venerdì e il sabato santo, in obbedienza anche alla parola del Signore: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno” (Mt 9,15; Mc 2,19-20; Lc 5,34-35). Non vi era, comunque, una prassi uniforme: c'era chi digiunava soltanto un giorno prima della Pasqua, chi due o chi parecchi giorni, mentre altri ancora quaranta ore, richiamandosi simbolicamente ai quaranta giorni di Gesù nel deserto. Il digiuno comunque accompagnava sempre i momenti importanti della vita del cristiano ed aveva aspetti prevalentemente penitenziali e di purificazione.

Il battesimo è un altro momento che favorirà la nascita della quaresima. Era preceduto da un periodo di catecumenato, una sorta di apprendistato della vita cristiana già presente nel II secolo. La sua durata variava dai due ai tre anni e si concludeva generalmente durante il periodo quaresimale. Il battesimo, o illuminazione come veniva definito nella chiesa antica, era amministrato nella notte della Pasqua durante la quale i neobattezzati indossavano una veste bianca, segno della nuova dignità di vita di cui erano rivestiti. La veste era portata per i successivi otto giorni e veniva deposta la domenica dopo Pasqua, definita proprio per questo “in albis” (sottinteso depositis).

La penitenza dei pubblici peccatori fu un ulteriore momento che asseconderà la formazione della quaresima. La chiesa antica, quale comunità di santi, esigeva dai suoi membri un alto tenore di vita morale. Il sigillo battesimale doveva essere conservato sacro e inviolabile in vista del ritorno del Signore. Ne conseguiva una grande severità nei confronti dei peccatori, che venivano puniti con rigorosità, in particolar modo per le pubbliche colpe. La penitenza pertanto veniva considerata come la seconda via di salvezza dopo il battesimo e avveniva una sola volta nella vita. I peccatori, il mercoledì delle ceneri, ricevevano dal vescovo il cilicio e dovevano rimanere reclusi fino al giovedì santo, giorno in cui essi ricevevano dal vescovo il pubblico perdono e venivano riconciliati e riammessi all'interno della comunità da cui erano stati esclusi.

Attorno a questi tre eventi di importanza ecclesiale con l'andar del tempo fu associata l'intera comunità credente. La quaresima, comunque, troverà il suo definitivo assetto liturgico dapprima in Oriente agli inizi del IV secolo, successivamente, verso la fine dello stesso secolo, presso la chiesa occidentale.

L'aspetto teologico

Proprio perché la quaresima è strettamente legata alla pasqua, essa va interpretata e compresa in una prospettiva pasquale. Paolo, scrivendo alla sua comunità di Corinto, la esorta: “Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. E infatti Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato! Celebriamo dunque la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità” (1Cor 5,7-8). Ecco pertanto il senso della quaresima: prendere coscienza, attraverso un costante e persistente incontro con la Parola, del nostro nuovo stato di vita che si è generato in noi in virtù del battesimo, grazie al quale siamo stati cristificati e rigenerati in lui come una nuova creatura (2Cor 5,17). Siamo quindi degli esseri consacrati a Dio, sua proprietà, nazione santa, popolo di sacerdoti (Es 19,5-6). Solo la Parola ci può rivelare questa nostra nuova condizione esistenziale, sottraendoci alla ripetitività e alla dissacrazione di un cristianesimo divenuto ormai stancante, fatto di riti, tradizioni e dottrine, che solo nella Parola e alla sua luce disvelano nuovamente il loro vero significato per noi. La quaresima è dunque un momento di pausa, di silenzio in cui favorire l'incontro con Cristo, sacramentato nella sua Parola. Essa ci spinge a riorientare la nostra vita verso quel Dio, spesso dimenticato e profanato in noi da uno stile di vita in dissonanza alle sue esigenze, che sostanzialmente ignoriamo perché ci siamo distaccati dalla sua Parola nella presunzione di conoscerla. Ed ecco, pertanto, l'autore della lettera ai Colossesi, che incalza la sua comunità: “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!” (Col 3,1-3). Si tratta di cercare le cose di lassù, che solo la Parola ci può rivelare; esse non sono così lontane da noi, poiché sono già in noi, ma non ne abbiamo coscienza.

L'aspetto biblico-simbolico

Il termine quaresima racchiude in sé il numero quaranta, quanti sono i giorni che la compongono. Quaranta è un numero significativo, che nell'A.T. ricorre 50 volte, ma soltanto 8 volte nel N.T. e quasi tutte riferite al racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto, che in questa sua esperienza riprende in qualche modo i quarant'anni di Israele nel deserto, rivivendoli nella fedeltà a Dio. Il quaranta è composto da 10 per 4 volte, dove il dieci indica la pienezza mentre il quattro indica la totalità. Ci si trova quindi di fronte ad un numero teologicamente rilevante, che lascia intendere come esso sia il numero di Dio, ne esprime in qualche modo la dimensione, lo spazio e il tempo in cui Egli opera il suo progetto di salvezza; infatti:

     - 40 furono i giorni e le notti del diluvio, le cui acque purificarono la terra, corrotta e inquinata dal Male, prodotto dall'uomo (Gen 6-7);

- 40 furono gli anni in cui Israele vagabondò nel deserto. Fu un cammino di crescita spirituale, durante il quale, lontano dalle comodità della vita, aveva fatto l'esperienza di Dio, imparando a fidarsi di Lui. Un'esperienza a cui Israele farà sovente ricorso nei momenti di difficoltà (Dt 2,7);

- 40 furono i giorni e le notti che Mosè passò sul monte Oreb. Durante questo tempo Dio parlò a Mosè (Es 24); ma prima egli dovette salire sul monte, cioè staccarsi dalle cose e dai rumori della quotidianità, per incontrarsi con Dio. Solo a queste condizioni egli udì la voce di Dio.

- 40 giorni durò il viaggio di Elia al monte Oreb, dove Dio fece Alleanza con il suo popolo (1Re 19,8). Fu un viaggio alle origini della spiritualità dei padri. Un ritornare alle fonti e alle radici della propria fede.

- 40 giorni fu il tempo che Dio fissò a Ninive, perché si convertisse dalla sua vita dissipata e ritornasse al Signore (Gn 3,4).


L'aspetto applicativo o pastorale


Quali, dunque, le conclusioni?

La quaresima è un tempo di ritorno alle origini della nostra fede, attraverso la Parola di Dio, la Preghiera e la Carità, intesa qui non tanto come “atto di carità”, ma come condivisione della propria vita con l'altro. In tal modo la nostra vita si trasforma in vita eucaristica, pane che si spezza per gli altri, cosicché quella mano che noi apriamo per accogliere il corpo di Cristo non abbia mai a chiudersi di fronte alle esigenze di chi incontriamo lungo il cammino della nostra vita.

È un tempo di esperienza di Dio nel deserto, che ci spinge a ritagliare all'interno dei nostri impegni quotidiani degli stabili spazi per Dio. Perché Dio parla, ma nel silenzio. Uno spazio che dice quale rilevanza abbia Dio nella nostra vita e quale disponibilità noi abbiamo per Lui.

È un tempo di conversione, in cui dobbiamo fare un po’ il punto della nostra situazione, riorientando la nostra vita a Dio in modo più deciso.

Tutto ciò è Quaresima.


Giovanni Lonardi


BIBLIOGRAFIA


K. Bihlmeyer – H. Tuechle, Storia della Chiesa. I. L'antichità cristiana, Ed. Morcelliana, Brescia, 2000.

D. Sartore – A. M. Triacca (a cura di), Nuovo Dizionario di Liturgia, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo,1993.

M. Lurker, Dizionario delle immagini e dei simboli biblici, Ed. Paoline, Cinisello Balsamo, 1990.

Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, sulla liturgia.