IL VANGELO DI MATTEO

 

Analisi strutturale

 

Una proposta di lettura

 

 

 

 

 

 

Una premessa necessaria: le coordinate per una lettura del vangelo di Matteo

 

Ogni opera letteraria costituisce sempre uno strumento di comunicazione di pensiero. E' importante capire come questo pensiero ci viene trasmesso, cioè la sua distribuzione nell'ambito dell'opera, per poter comprendere le intenzioni e gli intenti del suo autore. Ogni opera, quindi, ha una sua architettura, attraverso cui si snoda e attorno alla quale si costruisce la tesi dell'autore e per mezzo della quale egli conduce, gradualmente, il suo attento lettore alle conclusioni a cui lui è già pervenuto e che vuole, chiaramente, condividere.

 

Per questo egli lascia all'interno della sua opera dei segnali precisi, che aiutano il lettore a muoversi agevolmente entro quel mare di informazioni, destinate esclusivamente a lui.

 

Anche Matteo, da buon narratore, ha posto dei paletti, dei punti di riferimento a cui è necessario rifarsi per poter raggiungere quella meta, che l'autore ha pensato proprio per il suo lettore. Non considerare questi fari illuminanti significa predisporsi ad un quasi certo naufragio o, nelle migliori delle ipotesi, ad approdi avventurosi.

 

Da una nostra analisi, ci pare di aver individuato tre elementi fondamentali, che ci guidano all'interno dell'intero racconto:

 

·  i vv. 4,17 e 16,21: due momenti evolutivi della predicazione e missione di Gesù e le loro implicanze;

 

·  i vv. 4,23-25: una chiave di lettura dinamica della missione di Gesù e dei suoi effetti; nonché un'indicazione dello schema strutturale su cui sono distribuiti e si muovono dinamicamente i capp. 5-25;

 

·   il v. 26,1: un'indicazione quasi impercettibile e formidabile circa la struttura di fondo dei capp. 5-25, di cui abbiamo già accennato sopra.

 

Questi tre punti hanno costituito motivo di vari approcci al vangelo di Matteo, individuando diverse distribuzioni di pensiero e, quindi, diverse strutture, arrivando, in tal modo, alla conclusione che è difficile dare una struttura certa e concorde al racconto matteano[1].

Personalmente ritengo che se Matteo ha disseminato, qua e là, dei paletti di riferimento, questi non debbano essere colti, disgiuntamente, come varie possibilità di suddivisione del suo racconto, ma come punti convergenti e confluenti per un'univoca lettura e interpretazione. Essi, pertanto, devono necessariamente intersecarsi armonicamente tra di loro, convogliando il lettore verso una meta certa, aiutandolo a muoversi all'interno di un complesso e articolato pensiero teologico. Forse, proprio per questa complessità e ambiguità della figura di Gesù e del senso della sua missione, presentate in un  determinato contesto storico e culturale, l'autore ha voluto dare più segnali, più coordinate convergenti.

 

Quale significato dare alla predicazione di Gesù? Ha essa un significato univoco oppure al suo interno possiede momenti diversi, che possono rispecchiare sia una sorta di pedagogia, che conduce gradualmente l'ascoltatore verso la meta finale, cioè la fede in Gesù; sia un momento evolutivo e di comprensione dello stesso Gesù nei confronti di se stesso e della sua missione? A questi interrogativi sembrano rispondere i vv. 4,17 e 16,21.

 

Ma, ancora, come si svolge la missione di Gesù? Possiede in sé uno schema di lettura che consenta di coglierne la dinamica? Quali messaggi ci vengono trasmessi attraverso di essa? A questi interrogativi rispondono i vv. 4,23-25.

 

Come, infine, leggere l'intero racconto evangelico? Quali sono i suoi criteri distintivi, attorno a cui l'intera narrazione matteana si raccoglie e si sviluppa dinamicamente? Sarà proprio il v. 26,1, a nostro avviso fondamentale, che ci dà la chiave di lettura. Ma vedremo come è proprio il combinarsi armonico di questi tre criteri distintivi e confluenti a darci la visione d'insieme dell'intero vangelo di Matteo. Non, quindi, numerose e possibili diverse letture della struttura, ma un'unica e complessa lettura, che ha, proprio perché complessa, più sfaccettature, più finestre attraverso cui guardare la complessa, ambigua e discutibile figura di Gesù.

 

Prendiamo, ora, in esame i singoli momenti.

 

I vv. 4,17 e 16,21: due momenti evolutivi della predicazione

E della missione di Gesù e le loro implicanze

 

 

Un primo parametro di lettura del vangelo di Matteo ci viene fornito dallo stesso autore ai vv. 4,17 e 16,21, i quali rispettivamente recitano:

 

·         'ApÕ tÒte ½rxato Ð'Ihsoàj khrÚssein kaˆ lšgein (4,17);

·         'ApÕ tÒte ½rxato Ð'Ihsoàj deiknÚein to‹j maqhta‹j aÙtoà (16,21).

 

Da un'attenta analisi comparativa delle due frasi vediamo che queste sono identiche nell'espressione di base "'ApÕ tÒte ½rxato Ð'Ihsoàj". L'identicità fa sì che le due espressioni si richiamino reciprocamente l'una l'altra, creando uno stretto collegamento letterario, attirando, in tal modo, l'attenzione del lettore[2] .

A differenziare radicalmente l'identicità delle due espressioni sono i due verbi che, rispettivamente, le accompagnano: " khrÚssein kaˆ lšgein" per la prima; "deiknÚein" per la seconda.

 

Il verbo "khrÚssein" e il suo sostantivo "khrigma" vengono tradotti rispettivamente nel modo seguente: "bandisco, grido, proclamo come araldo; annunzio, notifico, fo sapere con pubblico bando; intimo. Bando, notificazione, proclamazione, intimazione per mezzo di araldo"[3] . Si tratta, dunque, di un verbo tecnico, strettamente legato all'azione propria del banditore, il cui compito è quello di proclamare e di gridare pubblicamente, in tutto il reame, i decreti del volere regale. Il suo compito, dunque, è quello del diffondere le  volontà del re, i cui sudditi, volenti o nolenti, sono tutti indistintamente coinvolti. A fronte di tale annuncio ognuno deve fare la sua scelta: o adeguarsi o ribellarsi, con tutte le conseguenze del caso. Ogni proclama, quindi, contiene in sé, in modo implicito, anche una sorta di giudizio, a cui è sottoposto ogni suddito. Non a caso il verbo contiene in sé, come variante semantica, anche il significato di "intimare o intimazione per mezzo di araldo". E' un ordine, dunque, che viene impartito e che porta in sé tutto il peso dell'autorità regale, a cui non ci si può sottrarre impunemente. Tale verbo, pertanto, racchiude in sé un peso autoritativo che non si può ignorare. Non si tratta di una chiacchierata tra amici, ma di un messaggio su cui viene misurata la propria vita.

Il verbo khrÚssein poi, è strettamente legato con quel kaˆ al verbo lšgein la cui funzione è quella di specificarne e dettagliarne il senso. Il verbo lšgein, infatti, possiede in sé una ricchezza di significati, totalmente sconosciuta a khrÚssein. Esso ci richiama si il parlare e il dire in senso generico, ma anche l'ordinare, il comandare, l'esortare, il nominare, il designare, l'annunciare[4] . Il primo, dunque, proclama un messaggio i cui contenuti, in qualche modo, sono specificati, sottointesi e anticipati dal secondo.

 

Quanto al verbo "deiknÚein", che accompagna la seconda espressione in 16,21, esso significa: "mostro, indico, faccio vedere, faccio conoscere"[5]. Si tratta, pertanto, di un rendere manifesto, rendere noto e, quindi, di rivelare.

 

I verbi, dunque, khrÚssein kaˆ lšgein e deiknÚein caratterizzano le due grandi parti del vangelo, che sono presiedute rispettivamente da 4,17 e da 16,21, dai quali esse ricevono un'impronta propria e specifica.

Pertanto, il lettore, nella prima parte (4,17-16,20) deve aspettarsi un annuncio[6],  che per lui è imperativo; diventa una chiamata di fronte alla quale non può rimanere indifferente, ma deve prendere posizione, deve schierarsi, poiché "chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie con me, disperde" (Mt 12,30); due espressioni queste molto forti, che, da un lato, dicono la radicalità della scelta e, dall'altro, contengono in sé un minaccioso giudizio di condanna. Ma nessuna risposta positiva a questa chiamata è possibile senza la fede, che trova la sua radice solo in un  ascolto accogliente[7]. Proprio sul tema dell'incredulità e la durezza di cuore Matteo spende i capp. 11,16-13,58[8] e Gesù, proprio per queste, si vedrà costretto ad operare una scelta radicale tra i suoi ascoltatori (12,46-50; 13,10-11.15). Sarà proprio in questa prima parte che si vedrà un netto cambiamento di comportamento di Gesù nell'ambito della sua missione: da una iniziale scelta esclusiva verso la sola casa d'Israele (10,6; 15,24) ad una di tipo universalistico[9], la cui discriminate non sarà più tra "ebreo o non ebreo", bensì tra "credente e non credente". E il tema della fede costituirà in Matteo un crescendo continuo fino alla solenne proclamazione della messianicità e della divinità di Gesù, presso Cesarea di Filippo (16,16), poiché soltanto la fede è in grado di cogliere il mistero nascosto sotto la povera dimensione umana di Gesù. 

 

Da questo momento in poi tutto cambia e Matteo dà inizio alla seconda parte, quella rivelativa, in 16,21. Non a caso proprio qui vengono posti i tre annunci della passione (16,21; 17,22-23; 20,18-19) per comprendere i quali bisogna trascendere le semplici logiche umane e incominciare a guardare le cose dalla prospettiva di Dio. Pietro, infatti, sarà definito da Gesù un satana perché non pensa "secondo Dio, ma secondo gli uomini" (16,23). Ed è soltanto in questa seconda parte che Gesù rivela la propria vera natura nella trasfigurazione e lega l'episodio al mistero della sua morte e risurrezione (17,1-9). Soltanto qui i discepoli incominciano a capire che l'Elia, di cui si parlava come il precursore del messia negli ultimi tempi, altri non è che il Battista e che, quindi, Gesù è il messia, l'uomo escatologico, l'inviato da Dio, chiamato a soffrire e a morire (17,10-13). Qui, in questa seconda parte, Gesù si autodefinisce, sia pur velatamente, come figlio di Dio (17,24-27). Soltanto ora Gesù presenta la sua missione come un servizio divino finalizzato alla salvezza dell'uomo e, quindi, la sua messianicità va letta non come un suo imporsi sugli altri, bensì come un servizio di riscatto per l'umanità (20,26-28)[10]. Solo ora Gesù è apertamente e pubblicamente chiamato con i suoi titoli messianici (21,9.11.15). Solo in questa seconda parte i suoi discorsi si fanno sempre più pressanti e a forti tinte apocalittiche ed escatologiche (23,37-25,46), mentre gli eventi sembrano incalzare rapidamente fino a precipitare, quasi risucchiati in un vortice senza ritorno (26,2-46).

 

C'è, dunque, un netto distacco tra la prima e la seconda parte.

 

Un terzo elemento che differenzia la prima frase (4,17) dalla seconda (16,21) sono i rispettivi destinatari. Nella prima espressione il destinatario non è individuato e, quindi, ciò che viene detto da 4,17 a 16,20 è rivolto a tutti indistintamente. L'obiettivo dell'annuncio, infatti, qui è quello di informare, rendere noti e presenti gli avvenimenti, diversamente irraggiungibili e la cui finalità è quella di mettere la gente in grado di interrogarsi e di compiere la propria scelta. E', dunque, una prima fase preparatoria, finalizzata ad impiantare la fede. Del resto, si tratta di un proclama, di un bando araldico e, per ciò stesso, pubblico.

Nella seconda espressione, invece, si parla di rivelazione (deiknÚein) e, pertanto, siamo già ad un livello di intervento decisamente superiore, per il quale è richiesta una fede ormai consolidata o, quanto meno, in qualche modo, attecchita e tale da spingere il credente alla sequela di Gesù. Ecco, quindi, che Gesù si rivolge "to‹j maqhta‹j aÙtoà".  Due sono gli elementi importanti che qualificano questi destinatari: essi sono definiti "maqhta…", cioè discepoli, persone, quindi, che hanno già maturato un atteggiamento di disponibilità nei confronti del loro maestro. Queste, poi, sono definite dall'aggettivo possessivo "aÙtoà". Sono, pertanto, "suoi", gli appartengono e condividono con lui, in qualche modo, la sua vita, anzi, ne fanno parte. Sono loro la vera famiglia di Gesù, i suoi stretti parenti non per carne e sangue, ma per fede (12,49-50).

 

 

I vv. 4,23-25: una chiave di lettura dinamica della missione di Gesù

e dei suoi effetti; nonché un'indicazione dello schema strutturale su

cui sono distribuiti e si muovono dinamicamente i capp. 5-25;

 

 

Un secondo segnale che Matteo pone all'interno della sua opera sono i versetti 4,23-25, che fungono, a nostro avviso, da chiave di lettura sia dell'azione missionaria di Gesù e del suo orientamento, sia delle modalità con cui questa viene svolta e sia, infine, della struttura stessa su cui si svilupperanno i capp. 5-25,.

 

Il v. 23 si suddivide in quattro momenti fondamentali, scanditi da quattro azioni di Gesù:

 

·         Gesù percorreva tutta la Galilea,

·         insegnando nelle loro sinagoghe

·         e predicando la buona novella del regno

·         e curando ogni sorta di malattie e infermità nel popolo

 

Già questi quattro verbi delineano la figura di Gesù, presentandocelo come un maestro (insegnando) itinerante (percorreva), dai toni fortemente escatologici (predicando), che prova compassione (curando) per lo stato di povertà in cui si dibatte un uomo decaduto.

La prima azione di Gesù è qui rivolta esclusivamente al popolo d'Israele[11], soltanto in un secondo momento, v. 24, essa si rivolgerà anche altrove.

La Galilea, poi, è la regione da cui parte l'azione storico-salvifica di Gesù e sarà anche il punto di ritrovo e di ricongiunzione tra il Risorto e i suoi discepoli (28,7.16), ancora titubanti e incerti (28,17b). Essa costituirà, poi, il punto di ripresa della missione di Gesù da parte dei discepoli, che partendo dalla Galilea, dove ricevono il mandato, riprenderanno e continueranno idealmente la missione del loro maestro. Nulla, quindi, è cambiato: il Risorto continua in loro la sua missione. Vi è, dunque, una sorta di sacramentalizzazione dell'azione del Risorto nella missione stessa dei discepoli. La Galilea, quindi, viene ad assumere un contenuto fortemente teologico e Matteo si premura di dircelo subito.

 

Un altro segnale che qui Matteo pone davanti al suo ascoltatore è la dura polemica che, in modo più o meno velato, pervade l'intera opera matteana, preannunciando, da un lato, lo scontro di Gesù con l'incredulità e la durezza di cuore di Israele; e, dall'altro, rivelando,  forse inconsapevolmente, lo stato di disagio in cui veniva a trovarsi la sua comunità nei confronti del giudaismo. L'espressione è solo apparentemente innocua: "insegnando nelle loro sinagoghe". E' proprio quell'aggettivo possessivo "loro" che dice tutta l'estraneità di questo Rabbi e della comunità matteana alla sinagoga, con tutto il mondo che essa rappresentava. Il nuovo insegnamento del maestro doveva essere del tutto incompatibile con il vecchio culto e le vecchie logiche, se Gesù si sente di dover dire che non si può mettere una pezza grezza su di un vestito vecchio o del vino nuovo in otri vecchi (9,17).

Gesù e il giudaismo sembrano essere nel racconto matteano due realtà inconciliabili e irriducibili l'una all'altra.

Un terzo movimento è la proclamazione del vangelo del regno. L'espressione greca "khrÚsswn tÕ eÙaggšlion tÁj basile…aj" racchiude in sé un profondo significato escatologico e apocalittico. Già di per se stesso il verbo "khrÚssein" è molto pregno di significato[12] e non lascia dubbi sul contenuto dell'annuncio. Con tale verbo, infatti, le primissime comunità credenti definivano la loro attività predicatoria, situata in un contesto storico-culturale dagli accesi toni  squisitamente escatologici e apocalittici[13]. L'attesa della venuta di un messia che avrebbe rovesciato le sorti di Israele e cacciato l'invasore romano, ristabilendo lo splendore della gloria del regno d'Israele, doveva essere molto diffusa e radicata nella gente, se gli stessi discepoli ne discutono tra loro in termini di spartizione del potere[14]. Il tema di questo annuncio è la costituzione del regno di Dio in mezzo agli uomini, quale attuazione della promessa che Dio aveva fatto a Davide per mezzo del profeta Natan (2Sam 7,8-17), ma che era inteso presso gli ebrei in senso politico, militare e religioso, con dimensioni, quindi, storiche[15]. Per questo Pietro si scandalizzerà quando Gesù, dopo essere stato scoperto quale messia atteso (16,16), parlerà di sofferenza e di morte (16,22), proprio perché una simile visione del messia usciva da tutte le logiche correnti di attesa. E Gesù sarà costretto a ricatechizzare i suoi circa una diversa visione e comprensione del messia (Mc 8,31).

Matteo, dunque, ci avverte, fin d'ora, che una delle tematiche di fondo, che percorrerà tutta la sua narrazione sarà proprio la costituzione del regno. Non a caso dei cinque discorsi, a struttura convergente, quello relativo al regno occuperà la posizione centrale (13,1-58).

 

Il quarto e ultimo movimento del v. 23 ci fornisce un altro elemento di lettura: "guarendo ogni malattia e ogni infermità nel popolo". Insegnamento, annuncio e, infine, guarigioni. E' questo lo schema su cui si struttura la missione di Gesù, nonché i capp. 5-25, e che si ripeterà anche nel seguente v. 24: la forza salvifica della parola, impercettibile per la sua dimensione squisitamente spirituale, si sacramentalizza nelle guarigioni. In tal modo Matteo ci fornisce una chiave di lettura delle guarigioni di Gesù: la parola accolta rigenera l'uomo in ogni sua dimensione e, in particolare, nel rapporto con Dio, con se stesso e con gli altri[16].

 

Se con il v. 23 l'azione missionaria di Gesù si svolge in Galilea a totale beneficio del popolo d'Israele, il v. 24 sposta tale azione in Siria, cioè in un territorio pagano. Ma, mentre nel v. 23 si parla di "insegnamento nelle sinagoghe" e di "annuncio del vangelo del regno", mostrando con ciò tutta una particolare attenzione per il popolo della promessa, a cui Gesù riteneva inizialmente di essere mandato in esclusiva (10,5-6; 15,24), con il v. 24 si parla soltanto, brevemente, di un vago "diffondersi della fama". Ma attenzione a non lasciarsi ingannare dall'apparente e imprecisa semplicità della traduzione. Se leggiamo attentamente il testo greco, questo dice: “kaˆ ¢pÁlqen ¹ ¢ko¾ aÙtoà e„j Ólhn t¾n Sur…an". Vediamolo da vicino. Innanzitutto quel kaˆ dal sapore tutto redazionale, che lega il v. 24 al 23, dice che i contenuti dei due versetti non differiscono tra loro, poiché la fonte dell'annuncio e la forza salvifica, che da esso si sprigiona e rigenera l'uomo, sono unici. Il verbo ¢pÁlqen, poi, è un composto di  "¢pÕ" + "œrcomai". La particella "¢pÕ" indica il luogo di provenienza, mentre œrcomai, verbo di movimento, unitamente alla sua particella, da il senso del "provenire da" verso (e„j) qualche cosa. Al centro di tutto questo dinamismo espansivo ci sta il sostantivo ¢ko¾, che indica il senso dell'udito. Ma in senso lato, esso esprime l'"ascoltare" ed anche ciò che si ascolta e, pertanto, "racconto, novella, avvertimento, il sentir dire e, quindi, fama"[17].

Vediamo, dunque, come questa "fama che si diffonde", posta in questo contesto acquisisce una valenza che la trascende e la arricchisce. Non si tratta di un semplice sentir dire qualcosa su qualcuno, ma di un annuncio (¢ko¾) vero e proprio, che parte da un'unica fonte ("¢pÕ" + "œrcomai") ed è diretta verso (e„j) l'intera Siria, terra pagana. Gli effetti di questo annuncio sono identici in entrambi i versetti e sono espressi dall'identico verbo qerapeÚw. I vv. 23-24, quindi, esprimono l'identica missione di Gesù, rivolta parimenti sia verso Israele che verso i non ebrei; e ciò costituisce un'ulteriore chiave di lettura dei capp. 5-25.

 

Il v. 25, infine,  ci parla degli esiti conclusivi della missione di Gesù: "Molte folle lo seguirono dalla Galilea dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano".

L'insegnamento-annuncio, i cui effetti spirituali si possono leggere nelle guarigioni prodotte dall'unico centro di irradiazione della salvezza, finalizzata a rigenerare l'uomo in ogni suo aspetto esistenziale, si conclude con la sequela di immense folle, che provengono sia dal giudaismo che dal paganesimo. Matteo sembra vedere in questo grandioso movimento di gente il futuro espandersi del discepolato, che confluisce nell'unica ™kklhs…a[18] e che avrà dimensioni universali (28, 18-20).

 

L'indicazione di lettura dei capp. 5-25, dunque, che Matteo ci vuol fornire con 4,23-25 sembra essere la seguente: l'azione missionaria di Gesù si dispiega in parole ed opere, che investono l'uomo accogliente, rigenerandolo alla stessa vita divina. Segno concreto di tale avvenuta rigenerazione è la sequela, che provoca un movimento universale in mezzo agli uomini, da qualunque parte essi provengano.

 

 

Il v. 26,1: un'indicazione quasi impercettibile

circa la struttura di fondo dei capp. 5-25

 

 

Il corpo del vangelo di Matteo[19] si struttura su cinque grandi discorsi di Gesù. E che l'intenzione di Matteo fosse proprio questa, lo si evince dal v. 26,1, posto a conclusione del quinto ed ultimo discorso: "E avvenne che, quando Gesù terminò tutti questi discorsi, disse ai suoi discepoli: ...".

 

Mentre i quattro discorsi precedenti si concludono tutti dicendo, rispettivamente:

 

·   Primo discorso: "E avvenne che, quando Gesù terminò questi discorsi, ..." (7,28);

 

·   Secondo discorso: "E avvenne che, quando Gesù terminò di dare queste disposizioni ai suoi dodici, ..." (11,1);

 

·   Terzo discorso: "E avvenne che, quando Gesù terminò queste parabole, ..." (13,53);

 

·   Quarto discorso: "E avvenne che, quando Gesù terminò questi discorsi, ..." (19,1)

 

soltanto il quinto e ultimo discorso dice non più "questi discorsi; o queste disposizioni; o queste parabole", bensì "tutti questi discorsi" (p£ntaj toÝj lÒgouj toÚtouj)

 

Come si è potuto notare il termine "tutti" (p£ntaj) si ritrova solo qui. E' evidente che esso si riferisce non soltanto a quanto si è detto nel quinto discorso, ma a tutti i discorsi riportati a partire dal cap. 5,1 in poi. Diversamente non si riuscirebbe a capire perché Matteo nei precedenti quattro discorsi si limita a dire "questi discorsi", mentre soltanto qui aggiunge alla parola "discorsi" l'aggettivo quantitativo "tutti", con cui abbraccia l'intero corpo dei cinque grandi discorsi.

 

Va inoltre rilevato che tra il v. 5,1, con cui si apre in forma maestosa e solenne l'attività magisteriale di Gesù, e il v. 26,1, che, invece, conclude l'ultimo discorso, si forma una sorta di grande inclusione per contrapposizione di azione (apertura-chiusura) che abbraccia l'intera parte centrale formata dai capp. 5-25 e strutturata, per l'appunto su cinque grandi discorsi, formando così un unico blocco monolitico e compatto, che si riferisce all'attività di insegnamento e annuncio di Gesù, che, come abbiamo già visto sopra, era stata preannunciata in 4,23-24.

 

Conclusione

 

Riepilogando quanto fin qui detto circa i segnali posti da Matteo nel corso del suo vangelo, che formano una sorta di suggerimenti e di chiavi di lettura dell'intera sua opera, potremmo concludere che l'autore pone tre piani di comprensione non alternativi o in contrapposizione tra loro, bensì convergenti e complementari.

 

Combinando tra loro questi tre punti potremmo avere questo indirizzo:

 

·         L'intera attività di Gesù è suddivisa in due parti: la prima caratterizzata dall'annuncio, finalizzato a stimolare la fede, che dividerà gli uomini in due grandi categorie: credenti e non credenti e che li preparerà alla seconda parte, quella rivelativa, poiché solo la fede è in grado di aprire l'uomo a spazi metastorici, irraggiungibili con il solo sapere umano.

 

·         L'intera attività missionaria di Gesù si snoda su due piani: l'insegnamento-annuncio che si sacramentalizza in opere di guarigione, finalizzato a rigenerare l'uomo alla vita stessa di Dio, a cui è chiamato a partecipare. Prova dell'avvenuta rigenerazione salvifica è la sequela.

 

·         Questi due piani di lettura che si intersecano tra loro, illuminandosi reciprocamente, abbracciano l'intero contesto dei capp. 5-25, che formano tra loro un tutt'uno compatto, strutturandosi su cinque grandi discorsi. Essi seguono lo schema dell'annuncio e opere, illuminando sempre più la figura di Gesù e arricchendo di comprensioni sempre nuove e sempre più profonde i suoi due titoli principali, che in una cornice di solennità unica in tutto il vangelo, Matteo mette in bocca a Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (16,16).

 

Fatta questa premessa, in cui abbiamo rilevato le coordinate di lettura e di comprensione del racconto matteano, procediamo, ora, ad una esposizione analitica della macrostruttura dell'intero vangelo, che ci dà il quadro generale dell'opera e dello sviluppo del pensiero di Matteo.

 

 

 

ANALISI  MACROSTRUTTURALE

 

 

Uno sguardo d'insieme

 

 

 

 

Prima Parte

 

 

1) Il prologo: 1,1-17

 

2) L'introduzione: 1,18 - 4,16

 

3) Sommario dell'attività missionaria di Gesù: 4,17-25

 

Seconda Parte

 

4) Ripresa dei capp. 4,17-25 e loro sviluppo nei capp. 5,1-26,1, strutturati su cinque grandi discorsi, intervallati da miracoli, diatribe, incomprensioni e/o difficoltà di comprensione, chiamate, sequele, discorsi minori e precisazioni.

 

Terza Parte

 

5) Prologo alla passione: una scala di sette gradini che portano al Golgota: 26,2-46

 

6) La passione e la morte: 26,47-27,66

 

7) La scoperta della tomba vuota, l'annuncio, l'apparizione e il mandato: 28,1-20

 

 

Uno rapido sguardo analitico delle tre parti ...

 

Nella Prima Parte

 

1) 1,1-17: presentazione della genealogia di Gesù

 

2) 1,18-2,23: la nascita di Gesù e le vicende della sua primissima infanzia, in cui Matteo vede il realizzarsi delle Scritture e ci fornisce le prime avvisaglie degli effetti che la presenza di Gesù provoca in mezzo agli uomini.

 

3) 3,1-12: la presentazione della figura di Giovanni il battezzatore, la sua predicazione dai toni escatologico-apocalittici.

 

4) 3,13-17: l'incontro tra Gesù e il Battista, il suo battesimo e la prima rivelazione della sua identità.

5) 4,1-11: Gesù è sospinto nel deserto dallo Spirito dove, quale capostipite di un nuovo Israele, sarà sottoposto alla tentazione e si manterrà fedele. Le tentazioni denunciano il dramma di un Dio che si ritrova ad operare nei limiti di una natura umana decaduta, a cui è sottoposto e vincolato.

 

6) 4,12-16: versetti di transizione, cambio di scena: dopo l'imprigionamento di Giovanni, Gesù torna in Galilea e fissa la sua dimora da Nazaret a Cafarnao. Matteo vede in ciò il realizzarsi di un'antica profezia di Isaia.

 

7) 4,17-25: sommario dell'attività missionaria di Gesù:

 

·   v. 17: Inizio dell'attività predicatoria di Gesù: l'annuncio del Regno, che costituirà argomento del cap. 13;

·   vv. 18-22: Intermezzo della chiamata-sequela dei primi discepoli, quale risposta personale all'annuncio;

·   v. 23: l'azione missionaria in terra d'Israele;

·   v. 24: l'azione missionaria in terra pagana;

·   v. 25: L'attività predicatoria e guaritrice di Gesù provoca la comune sequela di ebrei e non ebrei, quale risposta all'annuncio.

 

 

Nella Seconda Parte

 

 

 

STRUTTURA DEL VANGELO

 

                                                                        DI MATTEO IN 5,1 – 26,1       

 

 

 

 

Primo discorso (5,1– 7,29): Le nuove regole comportamentali esigite dal Regno nei confronti del credente.

   

Prima sezione narrativa seguente il primo discorso:  8,1-10,4

 

8,1: V. di chiusura del primo discorso e di transizione: Gesù scende dalla montagna e molta folla lo segue.

 

8,2-15: Tre miracoli: a) guarigione di un lebbroso; b) del servo del centurione; c) suocera di Pietro.

 

8,16: Sommario di esorcismi e guarigioni;

 

8,17: Matteo legge l’attività di guarigione di Gesù come il realizzarsi di una profezia di Isaia.

 

8,18:  versetto di transizione. Cambio di scena: dal monte verso l’atra riva.

 

8, 19-27: Le condizioni per la sequela di Gesù: a) abnegazione; b) determinazione; c) fede.

 

8,28 a: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù giunge sull’altra riva.

 

8,28b-34: La guarigione di due indemoniati che rivelano l’identità di Gesù: Figlio di Dio; e reazione negativa della gente, che lo rifiuta.

 

9,1: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù risale in barca e ritorna nella sua città.

 

9,2-8: Guarigione del paralitico: Gesù rimette le colpe e guarisce.

 

9,9-13: Gesù chiama alla sequela Mt e condivide la mensa con i peccatori: scandalo dei Farisei

 

9,14-17: Questione sul digiuno: non c’è più compatibilità tra A.T. e N.T.

 

9,18-34: Seguono quattro miracoli: a) risuscitazione della figlia di un capo sinagoga; b) guarigione dell’emoroissa; c) guarigione di due ciechi; d) liberazione dell’indemoniato muto.

 

9,35: Sommario dell’attività di Gesù: insegnamento, annuncio e guarigioni (inclusione con 4,23)

 

9,36-38: versetti di transizione e introduttivi al secondo discorso.

 

10,1-4: preambolo al secondo discorso; la costituzione della comunità messianica: chiamata, consegna dei poteri, il gruppo, l’invio.

 

 

Secondo discorso: (10,5 – 11,1a) Codice comportamentale della nuova comunità inviata ai non credenti.

     

11,1b: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù parte di là per insegnare e predicare.

 

11,2-6: Intermezzo di Giovanni Battista: l’identità di Gesù.

 

11,7a: V. di transizione e di stacco dalla scena precedente

 

11, 7b-15: Identità del Battista: esso possiede i tratti del vero inviato di Dio.

 

11, 16-24: Gesù compie una riflessione ed una valutazione sulla sua missione, che sta provocando numerosi rifiuti e opposizioni, che saranno sottoposte ad un duro giudizio

 

11, 25-30: Comprendere e accogliere Gesù è solo frutto di un dono del Padre, riservato agli umili e ai piccoli.

 

12,1versetto di transizione e di introduzione ad un nuovo tema: il sabato

 

12, 2-8: diatriba sul sabato

 

12,9versetto di transizione. Cambio di scena: dai campi alla sinagoga

 

12,10-14: guarigione dell’uomo dalla mano inaridita nel giorno di sabato

 

12,15-21: vv. conclusivi e interpretativi dell’attività e dell’identità di Gesù, in cui si compiono le Scritture

 

12,22-45: Guarigione di un indemoniato cieco e muto; forte tensione polemica contro la pervicace e insistente incredulità e chiusura a Gesù.

 

12,46-50: I veri familiari di Gesù sono coloro che, accoltolo, lo seguono con sincerità di cuore e condividono con lui la sua vita. Pericope preparatoria al terzo discorso, tutto in parabole, che ha per tema: il Regno.

 

13,1: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù, uscito da casa è in riva al mare

 

13,2: Gesù sale su di una barca e ammaestra la folla che rimane sulla spiaggia: Gesù prende le distanze. Infatti, da questo momento in poi parlerà solo in parabole e non più in modo diretto e aperto. L’intero discorso è composto da otto parabole.

 

 

Terzo discorso (13, 3-52) il Regno: che cos’è, la sua dinamica e le sue esigenze

 

13,53: versetto di transizione e di chiusura del terzo discorso: Gesù terminate le parabole se ne parte di là

 

13,54-58: Anche nella sua patria Gesù non è creduto e si lamenta per l’incredulità della sua gente.

 

14,1-12: Intermezzo della morte del Battista, che allude a quella di Gesù.

 

14,13-14: vv. di transizione. Cambio di scena: Gesù parte di là in barca, ma la folla lo cerca e Gesù ne prova compassione

 

14,15-21: Prima moltiplicazione dei pani e dei pesci.

 

14,22-23: vv. di chiusura. Cambio di scena: Gesù ordina ai discepoli di salire in barca, congeda la folla e si ritira a pregare. (v. 22 è preparatore della pericope 14,24-33)

 

14,24-34: Gesù cammina sulle acque in mezzo ad un mare agitato e va verso i discepoli impauriti.

 

14,35-36: versetti di chiusura e sommario di guarigioni.

 

15,1: versetto di apertura: cornice introduttiva ai vv. seguenti                   

 

15,2-20: Questioni sulla purità: Gesù reinterpreta la Legge.

 

15,21: v. di transizione. Cambio di scena: Gesù va verso i territori pagani di Tiro e Sidone     

                  

15,22-28: Guarigione della figlia della Cananea.

 

15,29: v. di transizione. Cambio di scena: Gesù torna presso il mare di Galilea e sale su di un monte e si ferma là         

 

15,30-31: Gesù guarisce zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri ammalati e la gente loda Dio per queste meraviglie. Introduttivi a 15,32-39

 

15,32-38: Gesù prova compassione (inclusione con 14,14): seconda moltiplicazione dei pani

 

15,39: versetto conclusivo e di transizione. Cambio di scena: Gesù sale sulla barca e va nella regione di Magadàn

 

16,1-4: I Farisei chiedono un segno dal cielo: Gesù dà loro quello di Giona, che allude alla sua risurrezione

 

16,5: inciso redazionale e introduttivo a 16,6-12

 

16,6-12: Il lievito dei Farisei: l’incredulità, dalla quale i discepoli devono guardarsi

 

 16,13: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù giunge a Cesarea di Filippo

 

16,14-21: Gesù svela la sua identità e la lega alla sua passione e morte

 

16,22-23: L’opposizione di Pietro alla figura di un messia sofferente

 

16,24-28: Le condizioni e le logiche della sequela dettate da Gesù

 

17,1 a: versetto introduttivo. Cambio di scena e di tempo: 6 giorni dopo

 

17,1b-9: La trasfigurazione: la gloria legata alla passione e morte di Gesù

 

17,10-13: L’Elia che doveva venire negli ultimi tempi è Giovanni Battista

 

17,14 a: versetto di transizione e conclusivo della pericope sulla trasfigurazione. Cambio di scena: Gesù torna in mezzo alla folla

 

17,14b-21: Guarigione del figlio epilettico di un uomo: la fede è la forza che libera l’uomo e lo riabilita

 

17,22 a: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù e i discepoli si trovano in Galilea

 

17,22b-23: Secondo annuncio della passione: i discepoli si rattristano

 

17,24 a: Cambio di scena: Gesù giunge a Cafarnao

 

17,24b-27: Gesù si dichiara velatamente figlio di Dio

 

18,1 a: Cambio di scena e di tempo

 

Quarto discorso: (18,1b–19,1a) Alcune regole comportamentali da osservare tra i membri 

all’interno della  comunità credente.

 

19,1b-2: V. di transizione. Cambio di scena: Gesù parte dalla Galilea e va in Giudea

 

19,3-20,16: Sette questioni dibattute nella comunità matteana

20,17 a: Cambio di scena: Gesù sale a Gerusalemme, verso il luogo del compimento

 

20,17b-19: Terzo annuncio della passione

 

20,20-27: Le pretese dei due figli di Zebedeo, raccomandati dalla loro madre presso Gesù

 

20,29: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù esce da Gerico seguito dalla folla

 

20,30-34: La guarigione di due ciechi

 

21, 1 a: Cambio di scena: Gesù giunge a Beftage, verso il monte degli Ulivi

 

21,1b-11: Gesù entra in Gerusalemme realizzando la profezia di Zaccaria e le folle riconoscono apertamente l’identità di Gesù e la proclamano a gran voce (Questa pericope è in parallelo con 16,14-21 in cui i discepoli riconoscono Gesù come Messia e Figlio di Dio)

 

21,12 a: Cambio di scena: Gesù entra nel tempio

 

21,12b-16: Gesù scaccia i venditori dal tempio, guarisce gli storpi e i ciechi e polemizza con i sommi sacerdoti

 

21,17-18: versetti conclusivi di 21,12b-16 e introduttivi a 21,19-22. Cambio di scena e di tempo

 

21,19-22: La maledizione del fico sterile e la fede

 

21,23 a: versetto di transizione. Cambio di scena: Gesù entra nel tempio

 

21,23b-23,39: lunghissima diatriba con sommi sacerdoti, anziani, scribi e farisei

 

Quinto discorso:  (24,1 – 25,46) Le regole comportamentali del credente dopo Gesù

          

26,1: versetto di transizione e di chiusura sia del quinto discorso che di tutti i cinque discorsi: Gesù esce dal tempio

 

 

Nella Terza Parte

 

 

26,2-46: una scala di sette gradini che fa salire Gesù sul Golgota:

 

1)      v. 2: verso la passione;

2)      vv. 3-5: la decisione di uccidere Gesù;

3)      vv. 6-13: la morte e sepoltura di Gesù sono prefigurate simbolicamente dall'unzione;

4)      vv. 14-16: il tradimento;

5)      vv.   7-19: la preparazione della cena pasquale;

6)      vv. 20-30: la cena pasquale;

7)      vv. 31-46: Gesù preannuncia l'abbandono e il tradimento dei suoi discepoli e di Pietro e lamenta l'incapacità dei suoi di vegliare con lui: Gesù è solo di fronte alla morte.

 

26,47 - 27,66: il dramma si compie: il tradimento, la passione, la morte e la sepoltura.

 

28,1-20: il riscatto:

·         vv. 1-8: l'annuncio: è risorto!

·         vv. 9-10: l'incontro delle donne con Gesù;

·         vv. 11: le guardie corrono a denunciare i fatti ai sommi sacerdoti;

·         vv. 12-15: lo sgomento, l'imbroglio e la corruzione;

·         vv. 16-20: l'incontro di Gesù con i discepoli titubanti e incerti; la nuova dimensione di Gesù; il mandato; la rassicurazione: sarò sempre con voi.

 

 

 

 

                    Giovanni Lonardi

 

 


 

[1]Cfr. in proposito Angelo Poppi: Introduzione al Vangelo di Matteo, il piano generale dell'opera, pagg.60-62 in "I quattro vangeli - commento sinottico"- Ed. Edizioni Messaggero Padova - Padova 1998. Anche Ortensio da Spinetoli afferma:"Queste grandi linee colgono solo dall'esterno la trama del primo vangelo, non rilevano la struttura ultima o intima, che tiene raccolto il vasto materiale reperito dall'evangelista. Le soluzioni proposte da questo punto di vista sono varie e divergenti"; cfr. "Matteo", Introduzione: 4. La struttura; ed. Cittadella Editrice, Assisi 1998

[2] Le due espressioni sono uniche in tutto il vangelo matteano. Questa unicità conferisce loro, di conseguenza, anche un'identità, che letta nel suo naturale contesto letterario di inserimento, le fa diventare, unite ai rispettivi verbi di supporto, portatrici di un messaggio

[3]Cfr i rispettivi lemmi in Lorenzo Rocci, Vocabolario Greco Italiano; ed. Società Editrice Dante Alighieri, XXXVII edizione 1993

[4]Cfr Rocci-come sopra ai punti 1-3

[5]Cfr Rocci-come sopra

[6] Non a caso tre dei cinque grandi discorsi, istitutivi del Regno e della nuova comunità messianica,  sono contenuti in questa prima parte: 1) 5,1-8,1; 2) 10,5-11,1; 3) 13,3-53

[7]Cfr in merito Rm 10,17 ed Ef 1,13, in cui viene sinteticamente indicata la dinamica della nascita di ogni credente.

[8]Cfr in proposito il titolo "L'incredulità, nemica di ogni apostolato"; pag. 65 della presente opera.

[9]Cfr il titolo "La svolta universalistica della missione di Gesù" nella presente opera; pag.63.

[10]significativo, in tal senso, è il racconto della lavanda dei piedi, offertoci da Giovanni in 13,3-16. Esso è posto a poche ore dalla passione e morte di Gesù, quasi a proporci una chiave di lettura delle stesse: le sofferenze e la morte di Gesù non vanno intese come una mera fatalità dettata dagli eventi ormai irrefrenabili, ma in esse va letta e compresa l'azione di un Dio che si pone al servizio dell'uomo, al fine di recuperarlo alla sua dimensione originale.    Di uguale significato va letto, a mio avviso, l'inno cristologico di Fil 2,6-11

[11]Galilea, sinagoghe, popolo sono termini che chiaramente alludono al popolo d'Israele)

[12]Circa il significato del verbo "khrÚssein" cfr sopra.

[13]L'intera letteratura neotestamentaria canonica è disseminata da espressi riferimenti alla imminente venuta del Signore e alla conseguente esortazione a conformare la propria vita al suo messaggio. A titolo esemplificativo si cfr Rm 13,11-14; 1Ts 4,13-5,1-6; 2Ts 2,1-12; 1Cor 7,29-31; 15,23-28;  Ef 1,10.22; 6,10-18; Eb 10,34-37; Gc 5,7-9; 1Pt 4,1.13.17; 2Pt 3,3-18; Ap 1-22 e in particolare Ap 22,20. Non vanno dimenticati, poi, nell'ambito del giudaismo le figure degli Esseni, raccolti in comunità dalle forti tinte escatologiche e apocalittiche, tutte protese all'imminente ritorno del Signore. Questo era il clima in cui ha operato Gesù, il cui messaggio risente fortemente di queste tendenze. In proposito si vedano i discorsi sul regno e quelli apocalittici, nonché la stessa predicazione di Giovanni Battista.

[14] Cfr. Mt 18,1; 20,20-28; Mc 9,33-34; Lc 9,46

[15]Cfr Lc 24,21

[16]Significativo in tal senso è la guarigione del paralitico, avvenuta dopo essere stato perdonato dei suoi peccati. La riconciliazione con Dio porta immancabili benefici anche su di un piano squisitamente umano e sociale. Cfr Mt 9,1-7

[17]Cfr Lorenzo Rocci, "Vocabolario Greco Italiano". Ed. Società Editrice Dante Alighieri, XXXVII edizione 1993.

[18]Cfr punto 5 del titolo "la riproduzione dello schema 4,17 ..." della presente opera.

[19]Come più volte detto, i capp. 5-25 costituiscono la parte centrale del racconto matteano. Cfr pag.54 e altre parti della presente opera.