LA DONNA ADULTERA

 

Giovanni 8, 1-11

 

 

 

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Premessa

 

 

La scorsa volta abbiamo meditato la parabola del "Figliol prodigo" ossia l'incontenibile gioia di Dio nell'accogliere il figlio che si era perduto. Dio, per sua natura, è sempre piena e totale accoglienza; in lui non vi è nessuna condanna per l'uomo che, pur redento, rimane sempre nella fragilità della sua carne. Ma, ci ricorda Paolo, "Noi vi è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù" (Rm 8,1). Qualsiasi nostro peccato commesso o che commetteremo è già stato ampiamente perdonato e noi, in Cristo, siamo già stati accorpati nella stessa vita divina. Il padre corre incontro al figlio "quando era ancora lontano " (Lc 15,20). E' un padre che non aspetta la nostra piena conversione, a lui basta che noi ci rendiamo disponibili alla sua misericordia e ci corre incontro e ci abbraccia, cioè ci attira definitivamente nella sua vita e nel suo mondo.

 

"Noi vi è più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù" (Rm 8,1)! E' questo lo stupendo messaggio che il Padre ha lanciato agli uomini per mezzo del suo Cristo.

 

In Cristo la Legge di Mosé è stata reinterpretata e riscritta alla luce di questo grande amore, di questa grande passione di Dio per l'uomo, che da Dio viene pienamente accolto "quando era ancora lontano" (Lc 15,20; Rm 5,8).

 

E' questo il tema del nostro racconto della donna adultera.

 

 

Il Testo

 

 

[1]Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi.

[2]Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.

[3]Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,

[4]gli dicono: <<Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.

[5]Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?>>.

[6]Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.

[7]E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: <<Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei>>.

[8]E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.

[9]Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.

[10]Alzatosi allora Gesù le disse: <<Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?>>.

[11]Ed essa rispose: <<Nessuno, Signore>>. E Gesù le disse: <<Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più>>.

 

 

Il Commento

 

 

Ma all'alba ...  il racconto della "donna adultera" incomincia con l'espressione "all'alba". Siamo, quindi, all'inizio di un nuovo giorno che richiama, in qualche modo, quell'alba del primo giorno della creazione in cui Dio creò la luce (Gen 1,3). Questa luce non era quella del sole o degli astri, che verranno creati nel quarto giorno (Gen 1,14-19), ma la stessa luce divina che permea l'intera creazione, da cui traspare l'impronta di Dio stesso. Paolo ce lo ricorda nella sua lettera ai Romani: "Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute" (Rm 1,20).

 

Il perdono, cioè la riconciliazione dell'uomo con Dio, è la nuova luce che sgorga dalla Pasqua. Gesù, nello stesso giorno della sua risurrezione, infatti, si presenta ai suoi discepoli e dice loro: "Pace a voi! ... alitò su di loro e disse: <<Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi>>" (Gv 20, 21a.22-23). La pace che Gesù dona ai suoi discepoli è la riconciliazione che egli ha operato tra Dio e gli uomini. Una riconciliazione che è ben più di un semplice perdono dei peccati; il dono dello Spirito, infatti, di cui noi siamo rivestiti, ci dice che siamo stati ricreati nuovamente a sua immagine e somiglianza, siamo nuovamente incandescenti di Dio, come lo fu il vecchio Adamo appena uscito dalle mani del suo Creatore. Un perdono che Dio ha effuso su tutti gli uomini, ma che ha messo nelle nostre mani: solo se noi perdoniamo, gli altri saranno perdonati; ma proprio dal perdono che noi sapremo dare agli altri dipende anche il nostro perdono nei confronti di Dio; la preghiera del "Padre nostro" ce lo ricorda quotidianamente: "... rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori ...".

 

Il Nuovo Testamento è quindi scritto nella logica dell'amore incondizionato di Dio per l'uomo, da cui ogni condanna è stata tolta. Siamo, dunque, "all'alba" di una nuova era: quella dell'amore e del perdono; quella della definitiva riconciliazione dell'uomo con Dio.

 

... si recò di nuovo al tempio e tutto ... tre sono gli elementi fondamentali di questo versetto: a) Gesù sale di nuovo al tempio; b) il popolo va verso di lui; c) Gesù ammaestra il popolo. Questa scena, che funge da introduzione a quanto seguirà dopo, richiama da vicino un'altra scena: il popolo ebreo ai piedi del Sinai dove Dio gli dà la Torà, che si traduce normalmente con "Legge", ma che in ebraico significa "insegnamento, ammaestramento.

 

Vediamone il parallelo: "Allora Mosè fece uscire il popolo dall'accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte" (Es.19,17). Anche nel nostro brano il popolo andava da lui. "Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte" (Es 19,20). Nell'antichità il monte era considerata l'abitazione della divinità. Anche nel nostro passo Gesù si reca al tempio, che egli stesso definirà come la casa del Padre mio (Gv 2,16). Essa è, come per il Sinai, l'abitazione della divinità. "Dio allora pronunziò tutte queste parole ..." (Es 20,1) E' l'ammaestramento, l'insegnamento che Dio dal Sinai impartisce al suo popolo. Anche nel nostro caso Gesù, nel tempio, sedutosi ammaestra il popolo che gli sta di fronte.

 

Quanto sta qui per accadere ha dunque delle forti affinità con quanto è avvenuto al popolo ebreo ai piedi del Sinai. Là Dio impartisce il suo insegnamento al suo popolo radunato attorno a lui. Qui Gesù impartisce un nuovo insegnamento al popolo ebreo radunato attorno a lui. Si noti come l'evangelista dice che "tutto il popolo" si reca da Gesù, così come tutto il popolo era ai piedi del Sinai.

 

C'è qui, dunque, il ripetersi di quella scena ai piedi del Sinai per dirci come Gesù è venuto a stabilire una nuova alleanza e a dare al popolo un nuovo insegnamento, non più basato sulla giustizia che punisce la colpa, ma fondato sull'amore misericordioso che perdona sempre e comunque.

 

Ecco perché ci troviamo "all'alba": una nuova relazione sta per nascere tra Dio e gli uomini, basata non più sul giudizio che condanna, ma sull'amore che si attua nel perdono. La Legge, dunque, va riscritta alla luce di questa nuova alba.

 

Allora gli scribi e farisei ... e postala nel mezzo: scribi e farisei si recano da Gesù e pongono in mezzo una donna conclamatamente peccatrice, in quanto è stata colta in "flagrante adulterio". Non ci sono dubbi, dunque, su di lei. E' l'Antico Testamento che si confronta con il Nuovo; al centro del dibattito ci sta l'uomo peccatore. Infatti, la donna viene posta in mezzo tra i due Testamenti.

 

Mosè nella Legge ci ha comandato ... tu che ne dici?  Non ci sono più dubbi: si tratta di un confronto tra Mosè e Gesù, tra le logiche dell'Antico e del Nuovo Testamento. Si tratta di un raffronto tra due Leggi: quella di Mosé e quella che Gesù è venuto a far conoscere.

 

Sempre in Giovanni leggiamo: "Gesù salì al tempio e vi insegnava. I Giudei erano stupiti e dicevano: <<Come mai costui conosce le Scritture, senza averle studiate?>>. Gesù rispose: <<La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato.>>" (Gv 7,14-15). Vediamo, qui, come la dottrina di Gesù, cioè il suo insegnamento, non è sua, ma del Padre che lo ha inviato per farla conoscere.

 

Anche Mosé fu inviato da Dio al suo popolo per liberarlo e fargli conoscere il suo insegnamento. L'insegnamento che Mosè darà al popolo non è suo, ma di Dio. Mosè, infatti, riceverà le tavole della Legge da Dio per farle conoscere al popolo. Prosegue, pertanto, il parallelo tra la scena del Sinai e questa nostra scena: Gesù è qui concepito anche come il nuovo Mosè, che elargisce un insegnamento che non è suo ma di colui che lo ha mandato. E' un nuovo insegnamento che viene elargito con autorità e che stupisce (Lc 4,32).

 

... Gesù chinatosi, si mise a scrivere con il dito per terra: Il comando ricevuto da Mosè è quello di "lapidare donne come queste". E', dunque, una legge che contiene già in sé una condanna; è pertanto una legge che non dà speranza all'uomo. Gesù si trova a doversi confrontare con essa. Che cosa fare, dunque? Se Gesù accetta la Legge di Mosè, per quella donna non c'è più salvezza, ma anche l'insegnamento nuovo di Gesù verrebbe screditato; se la rifiuta si pone contro Mosè e, pertanto, è passibile di condanna a morte.

 

Non resta che fare una cosa radicalmente nuova: "si mise a scrivere con il dito per terra". Che cosa mai scrisse Gesù di così importante che per ben due volte, nel giro di pochi versetti, viene ricordato che egli "scrisse"?

 

Questo particolare ha fatto scorrere numerose pagine nel tentativo di capire che cosa Gesù potesse mai aver scritto.

 

Per poter capire questo curioso quanto importante particolare, bisogna rifarsi al contesto del brano stesso: abbiamo paragonato Gesù che insegna al Tempio davanti a tutto il popolo a Dio che sul Sinai dà il suo insegnamento a tutto il popolo ebreo lì convenuto.

Si noti, poi, in quale modo Gesù scrive sulla terra "con il dito".

 

Tenuti presenti questi elementi, vediamo cosa dicono, ora, Esodo e Deuteronomio in proposito: "Quando il Signore ebbe finito di parlare con Mosè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della Testimonianza, tavole di pietra scritte dal dito di Dio" (Es. 31,18); e ancora: "Il Signore mi diede due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva dette sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea" (Dt 9,10).

 

Quindi la Legge data al popolo per mezzo di Mosé è una Legge "scritta con il dito di Dio" su due tavole di pietra.

 

Ed è proprio ciò che qui Gesù fa: anche lui scrive con il dito, si badi bene, non su due tavole di pietra, ma sulla terra, quasi per sottolineare l'universalità di ciò che Gesù sta scrivendo.

 

Gesù, pertanto, qui sta riscrivendo la Legge sinaitica, dandole una nuova prospettiva e una nuova comprensione: quella di Dio. La sua, infatti, non è una legge o un insegnamento proprio, "ma di colui che mi ha mandato" (Gv 7,16).

 

Quel "chinatosi", poi, dice tutta la premura e la comprensione del Padre, che si prende cura e volge la sua attenzione verso figli tanto sventurati.

 

Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra ...  con questa espressione Gesù rileva la condizione generale di peccato in cui versa tragicamente l'uomo, per cui nessuno può ritenersi o dirsi salvo perché osserva scrupolosamente la Legge. In altri termini la Legge non può salvare, poiché chi salva è solo Dio, il quale dona gratuitamente il suo perdono a tutti, indipendentemente dal corretto compimento della Legge.

 

Ma quelli, udito ciò, se ne andarono ...  il soggetto qui sono gli scribi e i farisei, rappresentanti della Legge e del mondo veterotestamentario. Ebbene, essi di fronte alla nuova Torà, al nuovo insegnamento se ne vanno. E', in buona sostanza, l'Antico Testamento che con la nuova Legge riscritta da Gesù sulla terra, si chiude definitivamente per cui l'uomo è salvo e su di lui non pesa più nessuna condanna.

 

Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo l'episodio della donna adultera si era aperto con la venuta degli scribi e farisei, che pongono la donna in mezzo, e si chiude con il solo Gesù e la donna, che si trova sempre in mezzo. Ciò che rimane al centro (in mezzo) dell'attenzione è sempre questa donna peccatrice attorno a cui ruotano, prima, gli scribi e i farisei, poi, rimane solo Gesù. Questo per dire che l'unica Legge, universalmente valida, d'ora in poi, è quella riscritta da Gesù. Al centro dell'interesse e della cura ci sta sempre l'uomo nella sua triste condizione di peccato con l'unica differenza rispetto a prima: ora non c'è più nessuna condanna per lui. Il cambio dei soggetti che ruotano attorno alla donna sta ad indicare il radicale mutamento delle logiche morali e di giudizio nei confronti dell'uomo peccatore, che disarmano la mano della Legge pronta a colpire il peccatore. Ciò che ora rimane sono soltanto le logiche di Gesù: quelle di un amore che non conosce né limiti né condizioni per il perdono, ma proprio perché amore, è soltanto sempre e totalmente accogliente.

... nessuno ti ha condannata? ... neanch'io ti condanno ...  Ha ora luogo, per la prima volta in tutto il racconto, il dialogo di Gesù con la donna, che punta a sottolineare come per lei non esista più nessuna condanna. Il rapporto dialogico tra Gesù e la donna peccatrice garantisce la salvezza alla donna stessa, quasi a dire che soltanto nel rapporto con Cristo l'uomo non trova più nessuna condanna. Il nuovo rapporto che ora è venuto a crearsi non è più Legge e uomo, ma uomo e Cristo. E' lui la vera legge pensata dal Padre, che non contiene più in sé nessuna condanna.

va e d'ora in poi non peccare più l'uomo redento dall'amore del Padre, che si è attuato in Cristo, è nuovamente riabilitato e posto in cammino (va) . Egli è diventato una nuova creatura in Cristo; proprio per questo, perché questo suo nuovo stato di riacquistata dignità non decada nuovamente, Gesù sollecita l'uomo peccatore a non peccare più. L'impegno dell'uomo a vivere nella nuova dimensione, in cui è stato posto dal perdono, costituisce la risposta esistenziale a questa gratuità divina. Paolo rimarcherà proprio questo suo concetto nella lettera ai Galati: "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù" (Gal 5,1)