ANCHE I PAGANI VANNO A GESù
(Gv 12, 20-32)
Premessa
Questo racconto si pone come chiusura dei capitoli 11 e 12 del vangelo di Giovanni. Essi sono due capitoli che ci traghettano dalla vita pubblica di Gesù verso l'ultima tappa della sua vita. L'episodio, infatti, che qui ci viene riportato, avviene durante la pasqua (è la terza ed ultima pasqua di Gesù, quella fatale – 11,55; la prima è quella della purificazione del tempio – 2,13; la seconda è quella in cui avviene la moltiplicazione dei pani e dei pesci – 6,4).
Il cap. 11 si apre con la risurrezione di Lazzaro, che prelude alla risurrezione di Gesù. A fronte di questo miracolo, i capi del popolo, per soffocare la crescente popolarità di Gesù, decidono di ucciderlo; per questo Gesù è costretto a ritirarsi nel vicino deserto di Giuda.
Il cap.12 inizia con una indicazione di tempo: "Sei giorni prima della Pasqua". Ormai il tempo di Gesù sta per compiersi. I "sei giorni prima" stanno ad indicare l'imperfezione del culto giudaico, incapace di riportare l'uomo a Dio (il sei è simbolo di imperfezione e di incompiutezza); la risurrezione di Gesù avverrà, infatti, tra la fine del settimo giorno (quello della pasqua ebraica), che segna la fine del culto giudaico (il sette esprime compiutezza e, quindi, la fine) e l'inizio di un nuovo giorno, è il primo di una nuova era, di una nuova creazione, l’ottavo giorno. La risurrezione si pone, quindi, come il compimento del disegno di Dio: ricondurre l'umanità al centro della vita stessa di Dio. Qui l'uomo ritroverà la sua vera identità perduta nel Paradiso terrestre, troverà il suo definitivo compimento e il senso del suo esistere. Tutto ciò che Dio poteva fare per l'uomo lo ha fatto nella morte-risurrezione di Gesù. Ora spetta all'uomo dare la sua risposta e prendere posizione nei confronti di Dio, l'indifferenza è già una risposta negativa.
Sei giorni prima, pertanto, Gesù si ferma a cena a casa di Lazzaro e qui viene unto da Maria, sorella di Lazzaro. Un gesto profetico questo che prefigura la sepoltura di Gesù (l'unzione del cadavere, infatti, preparava la sepoltura). Il giorno seguente Gesù entrerà a Gerusalemme; e mentre per i Sinottici questo episodio viene visto come la presa di possesso della città di David, indicando in Gesù il vero messia e re, Giovanni ne sottolinea, invece, la portata salvifica: "I farisei, allora, dissero tra loro: << ... Ecco il mondo gli è andato dietro>>" (Gv 12,19). Gesù, infatti, dirà nell'episodio che stiamo per meditare, che attirerà tutti a sé, cioè l'intero mondo per il quale il Padre lo ha inviato ("Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” - 3,16).
E qui si inserisce il nostro racconto, che concluderà la vita pubblica di Gesù.
Infatti, dal cap.13 in poi Gesù si rivolgerà soltanto ai suoi intimi con un lunghissimo discorso, che dura ben cinque capitoli (dal cap. 13 al 17 compreso). Con i cap.18 e 19 verrà narrata la passione e morte di Gesù, che Giovanni ci presenta come l'intronizzazione di un re. Nel racconto della passione di Giovanni infatti non vi è nulla di cruento e di violento, ne esce, invece, la figura di un Gesù che domina gli eventi e che conduce il suo destino a compimento. Con il cap.20 ci vengono narrate la sua risurrezione e due apparizioni. E il Vangelo di Giovanni si chiude qui. Il cap.21 è stato aggiunto in tempi successivi e apre il tempo della chiesa.
Il testo Gv 12, 20-32
[20]Tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa, c'erano anche alcuni Greci. [21]Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli chiesero: <<Signore, vogliamo vedere Gesù>>. [22]Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. [23]Gesù rispose: <<E` giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo. [24]In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. [25]Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna. [26]Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà. [27]Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! [28]Padre, glorifica il tuo nome>>. Venne allora una voce dal cielo: <<L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!>>. [29]La folla che era presente e aveva udito diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: <<Un angelo gli ha parlato>>. [30]Rispose Gesù: <<Questa voce non è venuta per me, ma per voi. [31]Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. [32]Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me>>.
Il Commento
C'erano anche alcuni greci ... i personaggi qui presentati sono dei pagani di lingua greca, simpatizzanti del giudaismo, ma non circoncisi, cioè non ne facevano parte. Sono persone che hanno fatto già una loro prima scelta a favore del Dio di Israele, ora si preparano a passare con Gesù. Infatti, dicono: "... vogliamo vedere Gesù" e il verbo "vedere" nei vangeli è un sinonimo di "credere". Quindi, quel "voler vedere Gesù" esprime il movimento di fede. Si tratta, quindi, di pagani che vogliono aderire a Gesù e farsi suoi discepoli. Negli Atti degli Apostoli saranno chiamati i "timorati di Dio" (At 10,2; 13,16 e 26).
Si avvicinarono a Filippo ... questi pagani non accedono direttamente a Gesù, ma passano attraverso Filippo e Andrea. L'episodio è particolarmente significativo e, in un certo qual modo profetico, nel senso che prepara il tempo della Chiesa. Ormai il tempo di Gesù sta per finire e chi vuole aderire a lui deve passare, ora, attraverso i suoi discepoli. Da questo momento in poi, Gesù non opererà più direttamente, ma solo in modo mediato: la Chiesa è il nuovo luogo di incontro tra Dio e gli uomini.
E' giunta l'ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo ... con queste parole Gesù dà inizio al suo ultimo discorso pubblico che chiude anche la sua vita pubblica. L'episodio dei greci scompare completamente e si afferma la centralità di Gesù e della sua ora. L'espressione "ora" in Giovanni viene usata per ben 26 volte. Essa esprime il tempo di Dio, un tempo favorevole in cui si compirà la salvezza dell'uomo. Fino a questo episodio Gesù dirà sempre che la sua ora non è ancora venuta. Lo dirà a sua madre nelle nozze di Cana; l'arresto di Gesù, poi, diventa impossibile perché la sua ora non è ancora venuta; più volte nel vangelo egli farà riferimento a quest'ora.
Ma in che cosa consiste questa ora? E' la sua glorificazione, cioè la sua morte e risurrezione attraverso cui si compirà il disegno del Padre: l'uomo è ricondotto in seno a Dio e lo sarà per sempre, tant'è che Paolo esclamerà: "Non c'è più nessuna condanna per coloro che sono in Cristo Gesù" (Rm 8,1). L'uomo è definitivamente sottratto al suo triste destino e gli si apre un futuro radioso pieno di speranza. Questa è l'ora di Gesù, l'ora per cui egli è venuto.
Pertanto, da questo episodio in poi Gesù dice chiaramente che la sua ora è giunta. Che cosa è successo? E' proprio l'avvicinarsi a lui del mondo pagano, simbolicamente rappresentato dai greci, che gli farà capire che è giunto il momento. Infatti Gesù in Gv 10,16 dirà: "E ho altre pecore che non sono di questo ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore ".
Con queste parole Gesù evidenzia l'universalità della sua missione, il cui obiettivo finale è raccogliere tutti in lui. Questo potrà essere realizzato soltanto nella sua morte e risurrezione. Non a caso dirà subito dopo "... quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me" (Gv 12,32). L'avvicinarsi del mondo pagano a lui, pertanto, gli fa capire che è giunto il tempo di realizzare il disegno del Padre: fare un unico gregge sotto un unico pastore.
Quindi Gesù rompe gli indugi e si avvia al compimento della sua ora. Questo è il tempo che Dio ha pensato da sempre per l'uomo, infatti : "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo ... predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo ... nel quale abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati secondo la ricchezza della sua grazia" (Ef 1,4-7). Questa è l'ora progettata dal Padre, questa è l'ora di Gesù.
In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano ... Dopo aver proclamato che è giunta la sua ora, Gesù dà la spiegazione di ciò che intende dire con ciò. Questa spiegazione è preceduta da una dichiarazione solenne: "In verità, in verità vi dico " che dice tutta l'importanza di ciò che segue.
Vengono qui raccolti da Giovanni tre detti di Gesù e posti l'uno accanto all'altro senza apparente collegamento, ma, in realtà, finalizzati a far capire, a livelli sempre più profondi, il senso di quest'ora.
Con il primo intende dire che la sua morte porterà molto frutto per l'intera umanità e che tale morte è necessaria, poiché se ciò non avvenisse verrebbe vanificata la sua stessa missione e la sua vita non sarebbe giovata a nessuno (rimane solo).
Il secondo detto è una sorta di esplicitazione del primo. Nel primo si parla di morte necessaria, qui di vita inutile se non viene sacrificata. Se sacrificata questa vita terrena aprirà alla vita eterna, in cui per eterna si intende, da un lato, una vita stabile e duratura, dall'altro, indica la vita stessa di Dio. Ciò significa che la vita sacrificata di Gesù consentirà all'uomo di accedere alla vita stessa di Dio. "Amore e odio" vanno intesi in senso semitico: una contrapposizione per evidenziare la priorità della vita eterna su quella terrena.
Con il terzo detto Gesù definisce le linee fondamentali a cui dovranno conformarsi coloro che lo voglio servire. Il termine "servire" indica la dedizione della vita per una determinata causa. Gesù ha dichiarato che non è venuto per essere servito, ma per servire (Mc 10,45). Infatti, egli è colui che è venuto per servire la causa del Padre e come servo si è fatto a Lui obbediente fino alla morte di croce (Fil 2,7-8). "Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome al di sopra di ogni altro nome" (Fil 2,9). La sua morte, dunque, va letta come un servizio di redenzione reso a favore dell’uomo.
Parimenti a Gesù, chi lo vuol servire, cioè chi ha deciso la sua vita per lui, deve conformarsi a lui e la sua sofferenza acquisirà, come per quella di Gesù, un valore salvifico, perché dove c'è lui là sarà anche il suo servo, creando una sorta di identificazione tra Gesù e il suo discepolo, al punto tale che Paolo esclamerà "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me." (Gal.2,20). Proprio in virtù di questa identificazione tra Gesù e il suo seguace "il Padre lo onorerà " (Gv.12,26)
Questo intende dire Paolo nella sua lettera ai Romani: "Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione" (Rm 6,5).
Ora l'anima mia è turbata ... Se noi leggiamo attentamente l'agonia di Gesù nell'orto di Getsemani, presentataci dai Sinottici, troviamo dei forti parallelismi con la presente espressione di Gesù: là, come qua, Gesù è profondamente turbato; là, come qua, egli chiede al Padre di lasciar passare questo calice (l'ora), ma si rimette alla sua volontà; là, come qua, il Padre gli manda un angelo a consolarlo (Lc 22,43).
Tutti questi tratti che i Sinottici riservano all'agonia di Gesù nell'orto, Giovanni gli anticipa qui. Per Giovanni, infatti, passione e morte di Gesù sono visti come una marcia regale verso l'intronizzazione definitiva di Gesù, che troverà il suo compimento pieno nella risurrezione. Nessun tratto di sofferenza, nessuna scena cruenta turba la passione e la morte di Gesù. Le scene che Giovanni ci presenta sono quelle di un re che ha in mano i propri destini e domina sugli altri. In tal senso è significativo quanto Gesù stesso dice in Gv 10,17: "Per questo il Padre mio mi ama: perché offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo". Gesù, dunque, non è in balia di forze oscure, ma in tutta coscienza e con fermezza e fedeltà porta avanti il progetto che il Padre gli ha affidato e che in lui sta compiendo.
Padre, glorifica il tuo nome ... la glorificazione di cui Giovanni parla è il manifestare la gloria di Dio. Questa gloria si identifica nella volontà stessa del Padre che si attua nel Figlio: egli è il volto storico del Padre, lo spazio che il Padre si è riservato per attuare il suo piano di salvezza nella storia. Tutto ciò è glorificazione, cioè manifestazione del progetto di salvezza del Padre che si attua nel Figlio. La preghiera che qui Gesù rivolge al Padre richiama molto da vicino quella del "Padre nostro": "sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo, così in terra". Questo è il senso più vero della preghiera di Gesù: "Padre, glorifica il tuo nome": l'attuazione e l'affermazione della volontà del Padre sui nostri progetti personali.
L'ho glorificato e di nuovo lo glorificherò ... è la risposta del Padre alla preghiera del Figlio, una risposta che è una conferma e una rassicurazione. In greco c'è un aoristo, che corrisponde al nostro passato remoto: "Lo glorificai". Indica un'azione puntuale nel tempo che si è già compiuta. E' la prima parte del progetto del Padre che ha trovato la propria attuazione nell'incarnazione del Figlio, nella sua predicazione e nella sua opera. In tal senso sarà Gesù stesso che dirà, rivolgendosi al Padre: "Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare" (Gv 17,4).
"E di nuovo lo glorificherò". Questo verbo al futuro denuncia come ci sia ancora una parte del disegno del Padre che debba essere compiuto e che troverà la sua piena e definitiva attuazione sulla croce, dove Gesù dirà: "E' compiuto" (Gv 19,30). Solo qui, dunque, Gesù riconosce che la volontà del Padre ha trovato la sua piena attuazione.
Ma è veramente tutto compiuto?
In greco il verbo usato è un piuccheperfetto (tetelestai= è compiuto) che indica un compimento che è avvenuto, ma che continua il suo effetto nel tempo. In altri termini è un compimento che continua a compiersi nel tempo: è la prosecuzione del progetto del Padre nella storia; è questa glorificazione che ha trovato il suo pieno compimento nel Figlio, ma che ora si estende sulla Chiesa e su ciascuno di noi; una glorificazione che ci è affidata. Ora il progetto del Padre è affidato alle nostre mani, sta a noi compierlo. Ce lo ricordiamo ogni qualvolta che preghiamo il "Padre nostro": "sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà". Questo compiersi della volontà del Padre è la glorificazione del suo nome che ci è stata affidata, poiché, dirà Gesù, "... come il Padre ha mandato me, così io mando voi". E' l'eredità spirituale che Gesù ci ha lasciati: l'incarico di continuare nella storia la missione che il Padre gli ha affidato. In tal modo la Chiesa e in essa ogni credente diventa la prosecuzione di Cristo nella storia.
Questa voce non è venuta per me, ma per voi ... Le parole piovute dal cielo indicano che qui si è attuata una rivelazione il cui senso non è stato colto dai presenti. Sarà ancora una volta Gesù a farsi interprete della voce del Padre.
Abbiamo detto che la glorificazione del Padre è l'attuazione del suo progetto di salvezza: recuperare l'uomo alla vita di Dio. Ciò è stato reso possibile in Cristo, ma in quale modo? Sono due i tempi della salvezza che qui ci vengono prospettati: a) la definitiva cacciata del principe di questo mondo; b) l'attrazione dell'intera umanità in Cristo nel momento della sua elevazione. Che cosa significa tutto ciò per noi?
Anche per Paolo la salvezza è scandita da due tempi: a) Gesù morendo in croce ha ucciso il vecchio Adamo, che ragionava secondo le logiche della carne; b) con la sua risurrezione Gesù si è costituito quale nuovo Adamo da cui defluisce una nuova umanità, che vive secondo le logiche dello Spirito (Rm 8,14). Un'umanità rigenerata nello Spirito che vive per Dio.
In proposito Paolo dice: "Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con Cristo, perché fosse distrutto il corpo del peccato ... Ma se siamo morti con Cristo, crediamo anche che vivremo con lui ... Consideratevi, dunque, morti al peccato e viventi per Dio" (Rm 6, 6-11).
Tutto ciò non è privo di conseguenze per noi e Paolo ce lo indica nella sua lettera ai Colossesi: "... deponete anche voi queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca ... Vi siete, infatti, spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo ... Rivestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, umiltà, di mansuetudine e pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente. ... Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori" (Col 3, 5-15).
Questo è il frutto dell'innalzamento (morte e risurrezione) di Gesù per mezzo della quale Dio ci ha accorpati in Cristo, perché questo era il suo progetto: "... ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra" (Ef 1,10).
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