Testi tratti da: "Guida di Locorotondo", di Pasquale Montanaro e Giuseppe Tursi,
Bari, Arti Grafiche Angelini,1991.
Chiesa Madre
Questo monumentale edificio,
dedicato a san Giorgio martire, venne eretto fra il
1790 ed il 1825 sulla stessa area ove già si erano
succedute altre chiese, sempre sotto lo stesso
titolo, di cui una menzionata intorno al 1195 ed
un'altra, cinquecentesca, demolita per far posto
all'attuale. Ciò che più colpisce dell'edificio è
certamente il suo aspetto grandioso: all'esterno la
sua figura si eleva al centro ed al di sopra delle
case; la facciata di gusto neocinquecentesco, ospita
nel timpano una raffigurazione in rilievo di san
Giorgio con il drago ed ai due angoli, più in basso,
le due statue di san Pietro e san Paolo, scolpiti da
un ignoto artista locale di fine `700 su modellini
di creta forniti da uno scultore milanese. Sulle
lesene della cantonata destra ad angolo con via
porta Nuova, si possono osservare alcune piccole
croci incise; ciò può essere collegato,
probabilmente, alla posa della prima pietra e delle
reliquie di san Vittorio e san Ruffino quando si
diede inizio ai lavori il 19 luglio del 1790. Sempre
all'esterno ai quattro angoli del primo ordine del
campanile (alto, da terra, ben 47 metri e mezzo) si
possono osservare quattro statue lapidee di figure
femminili identificate con le tre Marie e la
Veronica, qui collocate dopo lo smembramento del
polittico della Pietà esistente nella vecchia Chiesa
Madre. La cupola centrale (alta oltre 35 metri
compresa la lanterna), dal profilo piuttosto
schiacciato, era un tempo rivestita con tegole in
terracotta invetriata a più colori; danneggiata da
un fulmine abbattutosi sulla chiesa nel 1841, esse
non furono mai più ripristinate, facendo perdere
quel contrasto cromatico fra la cupola ed il resto
che doveva rivelarsi assai efficace.
La costruzione si articola su di una pianta a croce
greca inscritta della quale però si privilegia
l'asse longitudinale dell'ingresso mediante un
accentuato prolungamento del presbiterio absidato e
di poco rialzato sul sottostante Soccorpo. Ad una
certa sobrietà neoclassica degli elementi
architettonici si accompagna un corredo figurativo
rinascimentale e barocco proveniente, in gran parte,
dalla precedente chiesa.
Sulla parete di sinistra, entrando, vediamo aprirsi
il cappellone del SS. Sacramento nel quale si
conservano due coppie di paraste sulle cui facce
sono scolpite, in 42 riquadri, scene dal Vecchio e
Nuovo Testamento; queste paraste, insieme all'ormai
smembrato polittico della Pietà, ornavano la
precedente ed omonima cappella eretta tra il 1591 ed
il 1613. Sulla parete dell'absidiola vi è un'Ultima
Cena del pittore napoletano Gennaro Maldarelli (del
1841)che ne produsse una pressocchè identica per la
Matrice di Mottola (Taranto). Il ricchissimo altare
barocco, a commessi marmorei, fu realizzato (assieme
a quelli che vedremo più avanti dell'Assunta e del
SS. Rosario) nel 1764 nella bottega napoletana del
Lamberti.
Ai lati dell'ingresso del suddetto Cappellone vi
sono, a sinistra un seicentesco affresco staccato,
raffigurante san Donato vescovo, proveniente dalla
chiesa inferiore della Madonna della Catena, ed a
destra, una settecentesca tela raffigurante Cristo
Risorto d'autore ignoto. Accanto troviamo l'altare
dell'Assunta, ornato da una tela del Maldarelli del
1838. Appena entrati in Sagrestia, nella stanza a
sinistra sono conservate tre antiche tele, databili
tra la fine del `600
e l'inizio del `700 d'autore
sconosciuto, raffiguranti un Cristo flagellato, il
Martirio di san Bartolomeo e L'incredulità di san
Tommaso.
Nella nicchia vi è un lavabo barocco in marmo
anch'esso superstite dalla precedente chiesa. I
busti lignei seicenteschi collocati sopra la porta
della Sagrestia raffigurano i santi Vittorio e
Ruffino. L'altare maggiore, anch'esso in marmi
policromi, è opera dello scultore napoletano Fedele Caggiano del 1861; il grande quadro di San Giorgio,
sul fondo dell'abside, sempre del Maldarelli è del
1841. Restando sul presbiterio, nelle due nicchie ai
lati dell'altare moderno (tutto il presbiterio è
stato modificato negli anni `70) vi sono, in una, la
statua lignea di san Giorgio Martire e, nell'altra,
una serie di antichi reliquiari. Accanto alla porta
d'accesso alla scala del Soccorpo (Cripta) vi è
l'altare di san Michele, databile intorno al 1819,
con una tela raffigurante la Caduta degli angeli del
1839, sempre del Maldarelli.
Segue lo splendido altare del SS. Rosario del 1764,
ove la plastica materia marmorea sale sulla parete
come cornice alla grande tela centrale della Madonna
del Rosario tra santa Caterina da Siena e san
Domenico ed a 15 ovali raffiguranti i Misteri opera
del pittore martinese Francesco De Mauro del 1769.
Prima di uscire, ai lati dell'ingresso centrale
troviamo due nicchie contenenti, una il Battistero
in marmo policromo dello scultore napoletano Fedele
Caggiano, l'altra, un monumento marmoreo intitolato
a Vitantonio Montanaro, fondatore della nuova
chiesa, eseguito dalla scultore napoletano Pasquale
Ricco. Entrambe le opere risalgono alla metà
dell'Ottocento.
La serie di tredici quadri, dislocati sulle pareti
in alto in vari punti della chiesa, sono del pittore
contemporaneo Onofrio Bramante.
Accanto alla Chiesa madre, sulla sinistra vi è la
Chiesa dell'Annunziata.
Chiesa dell'Ospedale
Detta comunemente di
sant'Anna, la cappella si ritiene sia stata
edificata nel corso del `500 con il nome di santa
Maria dei Martiri. Nonostante la collocazione
cronologica finora accettata, è chiara la sua
origine più remota. All'interno le volte a crociere
ogivali, impostate senza soluzione di continuità su
tozzi pilastri, le conferiscono un sapore
decisamente medievale. Nella piccola abside è
conservato un affresco di Gesù in Trono dagli
stilemi tardogotici, mutilo, purtroppo, nella parte
superiore perchè in epoca recente, sulla parete
soprastante, era stata ricavata una nicchia poi
richiusa. Nello stesso punto vi era una tela della
Natività della Vergine del pittore martinese
Ieronimo de Jesu (metà del `600) scomparsa alla fine
del secolo scorso. Allo stesso modo è andato perduto
un altro affresco che si trovava sulla parete
sinistra. Nel 1880, in seguito all'edificazione
dell'Ospedale (1873), la cappella subì profonde
modificazioni alla copertura esterna: le originarie
e tipiche cummerse incrociate, di cui si vedono i
profili, furono sostituite da un terrazzo e l'intero
edificio assunse una forma squadrata da cui emergono
il campanile e l'abside. In facciata è rimasto
l'antico rosone, intagliato nella pietra.
A metà strada del corso XX settembre, sulla destra
in piazza A. Moro, sorge in nuovo Palazzo Comunale
iniziato nel 1952.
Chiesa dello Spirito Santo
Stretta tra gli edifici di
Corso XX Settembre, la graziosa chiesetta venne
edificata, come si legge sul suo ingresso, nel 1683,
ad opera dell'arciprete di allora, che la dotava di
alcuni beni. Osservando una foto della tipica
copertura si vede chiaramente come l'edificio ha
subito un lieve ampliamento della parte posteriore,
con conseguente arretramento dell'altare, in epoca
imprecisata.
All'interno si conserva un'antica tela (ritagliata
sicuramente da una originariamente più grande)
raffigurante la Discesa dello Spirito Santo sugli
Apostoli di uno sconosciuto pittore tardosecentesco
di nome Bruno.
Nella seconda nicchia a destra dell'ingresso vi è la
statua lignea, tardosettecentesca, di Sant'Antonio
da Padova, proveniente dall'omonimo altare un tempo
esistente nella Chiesa della Greca.
Giungiamo così alla sommità del Corso (comunemente
detto Stradone) che termina nell'accogliente piazza
Dante con a destra la Villa Comunale.
∎ Villa comunale. Intitolata a G. Garibaldi questo
piacevole giardino pubblico venne sistemato nel 1860
sulla sommità di una collinetta che anticamente
rimaneva appena fuori dalle mura e veniva denominata
Mondezzaio dei tre Olmi. Nel 1930 in occasione di
alcuni rimaneggiamenti prese il nome di Monte
Grappa. Oltre al suo gradevole aspetto il visitatore
potrà godere della sua amena posizione, vera
terrazza panoramica sulla sottostante Valle d'Itria.
... e sulla sinistra la Chiesa dell'Addolorata.
Chiesa dell'Addolorata
E' questa la nuova chiesa
costruita nel 1858 dall'omonima confraternita,
formatasi tra la fine del `600 e l'inizio del `700
sotto il titolo della Vergine dei sette dolori. La
precedente sede era costituita dall'oratorio che
sorgeva, sovrapposto a quello dell'Annunziata, tra
le attuali via Giannone (scendendo a sinistra della
Chiesa Madre) e quella che, appunto, è denominata
via Addolorata vecchia.
Posto proprio a ridosso dell'ingresso da corso XX
settembre alla parte vecchia del paese, l'attuale
edificio venne eretto sull'area del vecchio
castello, abbattuto nel 1855 per iniziativa di un
sacerdote, il quale intendeva far sì che il popolo
potesse cancellare il ricordo delle numerose
ingiustizie e dei delitti perpetrati nei sotterranei
del castello, per tutto il periodo in cui
Locorotondo fu sottomesso ai duchi Caracciolo di
Martina Franca. Dalle poche fonti, scritte ed
iconografiche, possiamo tuttavia tentare una
ricostruzione del castello: già menzionato
all'inizio del 500, era di forma quadrata, con
bastioni angolari quadrati. Era armato di ben 13
pezzi di artiglieria ed aveva al centro una torre
più alta e sicuramente più antica. E proprio sotto
la Sala delle Armi era collocata la cosiddetta fossa
di Luogorotondo come veniva chiamata la prigione
sotterranea a cui abbiamo accennato.
La chiesa non presenta alcun particolare
architettonico significativo. Al suo interno
conserva una serie di statue lignee policrome,
alcune tardosettecentesche (Addolorata, san Gaetano,
Madonna della Croce) provenienti dalla precedente,
altre due, nelle nicchie all'ingresso, sono del 1888
e firmate da un artista locale, Antonio Semeraro;
tra queste riveste un certo pregio quella di san
Antonio Abate. Nella sagrestia è conservata una
piccola statua lapidea smaltata, ancora di san
Antonio Abate, antica e di ignota provenienza.
All'esterno, agli angoli della facciata si osservano
due antiche sculture, forse raffiguranti le sibille
Delfica ed Eritrea, un tempo esistenti ai piedi del
polittico della Pietà nella vecchia Chiesa Madre.
Cappella Santa Maria del
Soccorso
Il piccolo edificio eretto verso
il 1630 dall'allora barone di Locorotondo Gian Giacomo
Borrassa con i fondi che in verità gli erano stati
affidati da un privato cittadino, affinchè restaurasse
l'omonima e più antica cappella, che esisteva a pochi
metri dall'attuale. La sua facciata semplicissima è
adorna solo di un portale lunettato, al di sopra del
quale vi è ancora un cartiglio con lo stemma dei
Borrassa, e dal piccolo campanile a vela. All'interno
troviamo una tela grande posta sull'altare, raffigurante
La Vergine del Soccorso, fatta eseguire in occasione
della nuova edificazione dal barone suddetto, ed una
piccola di san Vito, proveniente dalla vecchia chiesa
dell'Annunziata.
Più avanti, sulla sinistra, ad angolo con via Morelli,
ammiriamo una finestra ed un portale di genuino gusto
rinascimentale, che campeggiano sulla bianca facciata di
un palazzo signorile costruito nella prima metà del
`500. Proseguendo sempre per la stessa via, ad angolo
con via Eroi di Dogali incontriamo il settecentesco
palazzo Comunale.
Chiesa di San Nicola
Eretta negli anni
immediatamente precedenti il 1666 per iniziativa di
un notabile locorotondese, la chiesetta risulta
stretta dalle alte case circostanti che lasciano in
vista solo la scarna facciata, della cui originaria
forma a capanna con campanile a veletta rimane ben
poco. La struttura architettonica del piccolo
edificio è assai semplice, ma originale: un'unica
aula coperta anteriormente da una volta a botte e,
per il resto, da una cupoletta con tamburo su
pennacchi. Ad una tale combinazione corrisponde
all'esterno l'innesto di un tetto a falde con il
cono di un trullo, entrambi embricati con le
consuete chiancarelle calcaree, il cui grigrio ben
contrasta con il bianco della calce.
All'interno l'interruzione del cornicione sulla
prima arcata, la presenza di una lesione in
corrispondenza di esso lungo tutta la curvatura
della botte ed alcune diversità di esecuzione della
muratura, fanno pensare a momenti diversi di
edificazione. Il piccolo ambiente sopraelevato, in
corrispondenza della seconda arcata destra, era
destinato a sagrestia e probabilmente, essendo
aperto, fungeva anche da cantorìa. Questo e
l'attiguo braccio a destra dell'altare, avevano un
tempo una diversa altezza e di conseguenza due tetti
distinti all'esterno perpendicolari all'asse della
chiesa.
La superficie interna è in gran parte occupata da
una ricca decorazione pittorica che segue una
precisa divisione tematica: all'imposta della botte
troviamo dieci riquadri (cinque per lato) con scene
della vita e dei miracoli di san Nicola di Mira e,
al di sopra, un teoria di angeli musicanti; sui
pennacchi sono rappresentati i quattro Evangelisti,
tra cui vale la pena notare il San Luca, pregevole
per la inconsueta versione iconografica: questa
vuole, infatti, che il santo venga raffigurato
mentre ritrae una Madonna con Bambino in quanto
risulta l'unico nei Vangeli che si soffermi a
parlare di Maria. Ma al di là del fatto allusivo,
ciò sembra corrispondere alla tradizione diffusa dai
primi cristiani secondo la quale San Luca avrebbe
effettivamente dipinto la prima immagine della
Madonna, la cosidetta Hodigitria di Costantinopoli,
in cui il bambino compariva sul braccio sinistro
della Madre, così come nella raffigurazione del
nostro pennacchio. Nei quattro scomparti del tamburo
trovano posto scene di vita eremitica e,
sull'intradosso della cupola, una serie festosa di
cherubini ruotanti attorno all'Eterno Padre
raffigurato con il classico globo terracqueo ed in
atto benedicente. L'unico altare esistente è ornato
da una edicola a timpano spezzato, di gusto tardo
cinquecentesco, nel cui riquadro sono raffigurati
san Nicola e sant'Antonio da Padova in adorazione
del SS. Sacramento; la scena è completata in basso
da un piccolo angelo che reca tre sfere d'oro,
simbolo del santo di Mira. Infine ricordiamo, sempre
sulla botte, la piccola balaustra circolare dipinta
a trompe-l'oeil, ovvero a visione prospettica, entro
cui è posta una colomba. Questa considerevole
produzione pittorica può essere datata in parte
negli anni immediatamente successivi
all'edificazione, in parte (pennacchi, cupola e
quadro dell'altare) tra fine `700 ed inizi `800.
Sotto la seconda arcata di sinistra è collocato un
basso rilievo in pietra della Crocefissione molto
più antico della chiesa (la copertura policroma è
più recente), e che mostra di essere stato tagliato
in più parti; ciò avvalora una notizia riportata da
uno storico dell'Ottocento secondo il quale esso
venne ritrovato in una grotta nei dintorni di
Locorotondo.
Proseguendo, sbucheremo nella piazza Fra G. Andrea
Rodio dominata all'imponente facciata della Chiesa
Madre.
Chiesa dell'Annunziata
Venne eretta agli inizi dell'800
sul luogo di un precedente ed omonimo oratorio risalente
al 1633. L'attuale edificio ingloba nella parte
posteriore del presbiterio un ambiente coperto da una
bassa volta a botte, il quale costituisce la parte
terranea superstite dell'antico Ospedale costruito verso
il 1560.
Il piano sovrastante questa parte era un tempo la
vecchia chiesa della Addolorata; successivamente, nel
1872, ospitò il primo asilo infantile del paese. Oggi è
sede di mostre e di altre iniziative culturali.
All'interno della chiesa si conservano alcune statue in
legno ed in cartapesta; tra le prime, più antiche,
ricordiamo quella dell'Annunziata, dell'Addolorata e dei
sei Misteri della Passione di Cristo.
A destra della Chiesa Madre, invece, per via Dura e poi
per via Aprile ci inoltreremo in quella che è ritenuta
la parte più antica dell'abitato, ove i vicoli si
incuneano stretti tra le case. Da largo Bellavista,
gradita e inaspettata sosta panoramica sulla
prospiciente valle d'Itria, attraverso via Garibaldi,
incrociamo via Porta Nuova, che prende il nome
dell'altro vecchio ingresso al paese, una volta detta di
Lecce o di santo Scianno (san Giovanni). Questa strada
corrispondeva all'antica via Maggiore che divideva in
due il paese. Risalendo da questa ci infileremo nelle
anguste via Camerette e via Addolorata Vecchia che
girano tutt'intorno al perimetro della Chiesa Madre
sbucando infine su via Giannone, da dove proseguiremo a
destra per discendere l'ampia scalinata che ci porterà
ad incrociare via Cavour. A destra s'impone alla nostra
attenzione l'edificio monumentale più importante di
Locorotondo: la chiesa della Madonna della Greca.
Chiesa Madonna della Greca
Sull'origine di questo
splendido edificio non si hanno notizie certe; il
primo riferimento documentario risale ad appena il
1520, mentre è, invece, evidente da una serie di
elementi che la sua fondazione sia avvenuta molto
tempo prima.
Ha un impianto basilicale a tre navate di cui la
centrale, composta da quattro campate, con volte
ogivali a crociera costolonata, e le due laterali da
mezze botti rampanti ed unghiate. La volta a
semibotte è propria delle chiese pugliesi a cupola
in asse, che ebbero diffusione nel XII e nel XIII
secolo. Tuttavia i due sistemi sono presenti
accostati molto raramente, nella chiesa di san
Benedetto a Brindisi ed in quella di santa Maria de
Colonna a Trani.
I pilastri polistili presentano anch'essi una serie
di caratteristiche, oltre alla differenza di altezza
e di composizione: le basi sono classicheggianti con
ornamenti di protezione in rilievo (fiori,
animaletti, conchiglie) negli angoli; i fusti delle
semicolonne sono privi di apofige, ovvero di
quello
sguscio di raccordo alle due estremità; i capitelli
sono un compendio di motivi classici, (volute,
cornucopie, scanalature) figurine varie (putti,
sirene, bifide, corpi d'uccello con volti umani) ed
altri elementi del mondo animale e vegetale. Al di
sopra essi sono completati da aggettanti cornici
intagliate in vario modo. All'esterno, il portale lunettato rinascimentale presenta due capitelli
probabilmente di altra provenienza che
dimensionalmente mal si combinano con il resto. La
porta a lunetta rialzata, murata sul lato sinistro
della chiesa, è chiaramente di tipo medievale. Il
suo orientamento collegato alla parete interna messa
di fronte ad essa e recante un frammento d'affresco
potrebbe far pensare ad un nucleo primitivo più
piccolo con asse ruotato di 90 ° rispetto
all'attuale. A questa costruzione se ne aggiunse
un'altra in un periodo a cavallo tra la fine del
`300 e l'inizio del '400 a giudicare dalla
prevalenza della maniera costruttiva gotica. Ha una
facciata molto semplice, a capanna con spioventi
laterali, secondo la tripartizione interna; nei
secoli essa ha subito alcune modificazioni come si
può osservare in una veduta
settecentesca
dell'architetto e pittore francese J.L. Desprez, il
rosone attuale è opera recente (1981) del maestro
locorotondese Domenico Rosato, un leggerissimo
traforato realizzato sul modello di quello della
cattedrale d'Acquaviva delle Fonti. In alto nella
posticcia cornice campeggia un piccolo rilievo di
scarso valore; esso ricorda l'affidamento della
chiesa alla nascente Confraternita di san Rocco, che
nel 1893, convinta di prendersi cura del sacro
edificio, l'alterò in più parti. Venne in tale
occasione decorato a vari colori l'interno, disfatto
il cimitero antistante la chiesa (gran parte dei
lastroni tombali sono oggi visibili sul tetto) e
distrutto l'antico rosone; le due statue, assai
logorate dei santi Pietro e Paolo, all'estremità
della facciata, già all'ingresso del suddetto
cimitero, provengono da un trittico esistente
nell'abside della vecchia Chiesa Madre. Sempre
all'esterno uno sguardo alla tipica copertura a
cummerse incrociate dalla bella ed articolata
disposizione delle lastre calcaree (chiancarelle).
Oltre alla ricchezza di motivi presenti sui
capitelli, la chiesa conserva al suo interno una
preziosa testimonianza della scultura rinascimentale
pervenuta fino a questa estremità della provincia
meridionale. Primo fra tutti si impone il Polittico
dell'altare centrale intitolato alla Madonna delle
Rose (la mensa è posteriore) con le immagini (da
sinistra) di santa Lucia, san Pietro, la Madonna con
il Bambino. san Paolo e sant'Oronzo (o san Donato).
Al di sopra dei bassorilievi dei quattro Evangelisti
e, nel timpano, la consueta immagine dell'Eterno
Padre benedicente. L'impostazione architettonica è
anch'essa molto buona nonostante alcune incongruenze
proporzionali o quelle dovute a sicure manomissioni.
Accanto a questo sorge sulla destra, nel vano un
tempo adibito a coro, il prezioso e splendido
bassorilievo della Deposizione nel Sepolcro formante
con quattro colonnine dal fusto riccamente decorato
con testine di angeli e tralci di vite, un altare
composto in epoca moderna. In origine è molto
probabile che questa lastra scolpita ornasse il
paliotto della mensa originale posta sotto il
suddetto polittico.
Nel nicchione posto sud fondo della navata sinistra
vi è il gruppo scultoreo di san Giorgio (1559) che
insieme a tutto il cassettonato proviene dall'antica
e omonima cappella che sorgeva nella vecchia Chiesa
Madre. Il gruppo quindi completato da una
sottostante mensa in forme barocche, venne qui
montato nel 1794. Accanto a questo altare è posta
una statua di un notabile personaggio in atto di
preghiera, del quale nonostante la dicitura PIRRUS
TARENT. PRINC.
P.S.D. FF è dubbia l'identità:
potrebbe egli essere Pirro del BalzoOrsini, principe
di Altamura, ritenuto per tradizione colui che nel
1480 fece costruire la chiesa; oppure Ottaviano
Loffredo, barone di Locorotondo verso la metà del
'500 e probabile committente del polittico, visto
che il piccolo stemma messo al centro del fregio
dello stesso è proprio di quella casata. Sul tratto
murario della navata centrale si intrevede ancora un
frammento d'affresco, di una Madonna con Bambino,
forse fulcro della primitiva costruzione, avanti a
cui sempre nel corso del `500 fu eretto un ciborio
in pietra formato da un padiglione piramidale su
quattro colonnine, delle quali restano alcuni
frammenti scanalati ed i quattro accostati al
paliotto della Deposizione. Inoltre attorno
all'immagine suddetta vi erano a mo' di cornice
tredici riquadri a bassorilievo di cui nove sono
tuttora collocati sulla parete a sinistra
dell'ingresso.
La zona retrostante la parete con affresco, era un
tempo completamente chiusa, con accesso dal coro, e
serviva da sagrestia; il suo tratto murario esterno,
come si vede, è stato ricostruito nel corso di un
restauro risalente agli anni `60 quando vennero
rimosse alcune superfetazioni. La statua lapidea
posta sotto questa arcata è della Madonna delle
Grazie e proviene dall'omonima cappella esistente
nella distrutta Chiesa Madre.
La piccola acquasantiera a conchiglia posta subito
dopo ci ricorda che l'arcata corrispondente era fino
a gran parte del '700 un ingresso secondario che
dava sul cortile pergolato adiacente la chiesa e
comunicante con l'abitazione annessa. La chiesa così
com'è oggi appare completamente spoglia di qualsiasi
arredo sacro o accessorio; un tempo era ricchissima
di ex-voto, di suppellettili sacre, tenuto anche
conto che dalla metà del `500 sino alla fine
dell'Ottocento tutte le nicchie perimetrali
ospitavano ciascuna un altare. La loro distruzione
ha significato la perdita delle opere d'arte che
l'ornavano.
A sinistra della scalinata di via Giannone, poco più
avanti troviamo la chiesa del Protettore del paese:
san Rocco.
Chiesa di San Rocco
La prima menzione che si ha
di una chiesa sotto questo titolo e nello stesso
luogo ove sorge quella attuale, risale al 1568. Si
trattava poco più di una cappella posta fuori delle
mura, di circa sette metri per quattro, coperta da
una lamia a spiculo, cioè da una volta a crociera e
dalle caratteristiche architettoniche locali.
L'introduzione e la diffusione del culto di san
Rocco a Locorotondo e la conseguente fondazione di
una chiesa in suo onore si vuole siano avvenute in
seguito allo scampato pericolo di un contagio da una
epidemia di peste scoppiata tra il 1690 ed il 1691
in alcuni paesi costieri poco distanti da qui.
Questa ipotesi comporta, però, una discordanza di
date visto che una chiesa dedicata al Santo esisteva
da almeno un secolo. Secondo una credenza popolare,
invece (sopravvissuta nella vicina città di Ceglie
Messapica e raccolta dallo studioso
Scatigna-Minghetti), pare che tutto ciò sia dovuto
all'iniziativa di un devoto locorotondese, il quale
avrebbe avuto una visione di san Rocco, presso una
cappellina, sulla via del ritorno da un
pellegrinaggio che l'uomo aveva compiuto presso la
chiesa del Santo in quella città.
Nel 1804 la primitiva chiesa venne demolita per far
posto alla nuova, a croce greca cupolata ed absidata,
dalle forme più classiche. Dopo circa un
settantennio (nel 1872) il nuovo edificio venne
alterato con un avanzamento della parte anteriore di
pochi metri oltre il filo stradale di via Cavour,
allora detta Borgo San Rocco. Ciò, se da un lato
procurò un lieve aumento di spazio all'interno e la
conseguente possibilità di erigere una cantoria
giusto sopra l'ingresso, dall'altro significò la
perdita dell'originaria facciata e, con essa, delle
quattro statue degli Evangelisti qui
collocate dopo
lo smembramento del cinquecentesco polittico liteo
della Pietà, esistente nella vecchia Chiesa Madre.
Lo storico locorotondese Angelo Convertini
(1771-1831), parlando della nuova chiesa di san
Rocco, ovviamente prima dell'ampliamento del 1872,
la descrive costruita sul modello della Rotonda di
Roma (Pantheon).
E' ovvio, che non potendoci essere alcuna
similitudine con il celebre edificio a livello
planimetrico, lo storico ha sicuramente inteso
riferirsi alla veduta frontale dell'edificio che si
ha scendendo dall'attuale Corso Umberto I. Di
conseguenza possiamo immaginare che la facciata del
1804 fosse caratterizzata da uno schema classico a
timpano impostato su un colonnato, il tutto di
altezza inferiore all'attuale, in modo da lasciare
in vista la retrostante cupola su tamburo.
All'interno sono da vedere: a destra dell'ingresso
una tela del 1854 raffigurante san Rocco fra gli
appestati, del pittore locorotondese Antonio Vito
Semeraro; più avanti, sempre a destra, vi è una tela
settecentesca di san Francesco da Paola e di fronte
un'immagine di santa Irene sullo sfondo di una città
costiera. Ai lati del presbiterio troviamo due
statue in pietra smaltata, di fattura settecentesca
di sant'Eligio e sant'Oronzo. Nella nicchia
sovrastante l'altare è collocata la statua lignea di
san Rocco, scolpita a Napoli nel 1792.
Proseguiamo sempre per via Cavour fino al piccolo
largo di Bonifacio, dove, a sinistra, si conserva un
tratto di strada con antiche case a cummerse che
costituivano l'antico borgo sorto lungo la via che
uscendo dalle mura conduceva, attraverso largo san
Pietro, verso la chiesa della Madonna della Catena.
Chiesa Madonna della Catena
Una prima chiesa venne
costruita, quasi certamente, nel 1597 in seguito
alla diffusione di una voce secondo la quale in quel
luogo doveva trovarsi l'accesso ad una grotta ove si
custodiva un'antichissima raffigurazione della
Madonna. Man mano che la notizia richiamava un gran
numero di persone, si diffondeva anche la voce di
miracoli e di grazie che nel frattempo sembravano
avvenire. Il clero del tempo, assecondando la
devozione popolare, ordinò uno scavo nel punto
indicato in cui venne effettivamente scoperto
l'accesso ad una grotta che, però non conteneva
alcuna immagine sacra. Nonostante ciò l'affluenza
del popolo era tale che alla fine si decise di
erigere una vera e propria chiesa, essendo divenuto
quel luogo venerabile. Il primitivo edificio, una
Cappella grotta, era quasi per intero scavato nella
roccia, aveva due altari e vi si accedeva per due
scale di una decina di gradini ciascuna. L'unica
parte costruita in muratura era costituita dalla
volta e dal tetto, che assieme ai due ingressi alle
scalinate doveva elevarsi di un paio di metri sul
piano stradale di allora (corrispondente all'attuale
piazzale sottostante a destra dell'odierna chiesa).
Poco tempo dopo la sistemazione della chiesa,
nell'anno 1600 venne eretto l'edificio che tuttora
esiste e che doveva servire come ospizio ai
pellegrini ed abitazione per coloro che si
prendevano cura del santuario. Poichè l'altare di
quella prima chiesa venne ornato da un quadro
raffigurante la Madonna con la catena al collo, da
allora essa assunse tale titolo.
A causa dei danni provocati dalla forte umidità,
quel quadro fu ben presto sostituito da una nuova e
più grande icona raffigurante la Madonna con quattro
santi, anch'essa andato perduto. Nel 1790 furono
scoperte altre grotte che dalla cappella sotterranea
si dipanavano ancor più in profondità e che almeno
in parte ancor oggi esistono. Nel 1866 la chiesa
divenne proprietà del Demanio; nel 1886, ormai in
gran parte crollata venne acquistata da un privato
cittadino che a sua volta la cedette nel 1890 ad un
sacerdote, il quale si impegnò affinchè la chiesa
potesse essere riaperta al culto. Così nel 1897 ad
opera della signora Angela Sforza, venne eretto un
nuovo santuario, costituito da una nuova
cappella-grotta e da una chiesa superiore. Quella
inferiore, tuttavia inglobò parte dell'antica
chiesetta, tuttora visibile. In concomitanza con
tale rinnovamento venne istituito anche il culto dei
santi Medici Cosma e Damiano per i quali oggi la
chiesa è anche nota.
La chiesa superiore è composta da un unico grande
vano a croce greca, appena leggibile, cupolato ed
absidato. Il presbiterio fino a qualche decennio fa
era arricchito da un vecchio altare; sull'abside è
conservato un frammento d'affresco raffigurante la
Madonna della Catena; nella piccolissima sagrestia
si conserva murato un frammento di nicchia
proveniente dal polittico della Pietà nella
scomparsa chiesa Madre del `500.
Dalla stessa sagrestia si scende per una scala nella
Chiesa Inferiore. In questa distinguiamo la residua
parte antica da quella nuova, regolare, avente i
sostegni angolari dei quattro grandi archi
strutturalmente coincidenti con quelli superiori. Di
particolare effetto virtuosistico è la grande volta
a vela fortemente ribassata. In essa si scende anche
da un piazzale esterno. In questa si conservano,
oltre al recente altare del Crocefìsso, un altro
tardosettecentesco, sulla cui parete è postauna
nicchia rinascimentale incorniciata da eleganti
lesene ornate a candelabra ed una statua della
Madonna con Bambino, in pietra policroma, il tutto
proveniente dalla vecchia Chiesa Madre del `500. A
destra di questo, al di sopra di una rudimentale
mensa di altare si intravvedono tracce di antiche
pitture murali raffiguranti forse un san Biagio. Da
qui venne asportato il san Donato conservato, oggi,
nella Chiesa Madre. Della vecchia Cappella-Grotta,
oltre alle due pareti superstiti ed all'immagine, si
conservano le acquasantiere sullo scalone ed un
piccolo tondo a bassorilievo della Madonna col
Bambino murato sulla porta d'ingresso esternamente
al suddetto scalone.
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