Io, robot


Titolo Originale: I, ROBOT

Regia: Alex Proyas
Interpreti:  Will Smith, Bridget Moynahan, Bruce Greenwood, Chi McBride, Alan Tudyk, James Cromwell, Peter Shinkoda, Emily Tennant

Durata: h 1.55
Nazionalità: Usa 2004
Genere: fantascienza
Tratto dal libro "Io, robot" di Isaac Asimov

Quando si può parlare di macchina? E fino a che punto si può dire che una macchina sia viva? Sulla scia della trilogia di Matrix, in cui le macchine assumono una volontà propria, "Io, robot" si pone come uno degli esempi meglio riusciti di fil di fantascienza. Dal libro di Isaac Asimov si estrae questa storia strana che illustra un futuro non tanto distante da noi, in cui la robotica è completamente integrata nella vita umana. Il passo di vedere il robot come una vita, prima di "Io, robot", prima dei Matrix, prima del fantastico "A.I." di Spielberg, è stato fatto molti anni fa da quel genio di Kubrick nel capolavoro mai ripetuto "2001: Space Odissey", in cui Hal 9000 rappresentava il classico esempio di "autoevoluzione" del robot. Quell'"Io" messo nel titolo, ovviamente, non è affatto casuale ma dà appieno il senso di singolarità, individualità del protagonista Sonny, diverso tra gli uguali. Ma cosa rende Sonny diverso dagli altri, cosa gli permette simbolicamente di elevarsi rispetto ai suoi simili (come nell'ultima scena?): è forse il fatto di avere un nome, rassicurante, familiare? O forse la capacità di sognare? Ciò che lo rende vivo è semplicemente il fatto di essere unico, diverso. Questo film, così, presenta un punto di rilfessione profondo e abissale: cosa rende vivi? E la risposta più logica sembra essere proprio: "l'essere unici". E affianco a Sonny, il detective Spooner che rappresenta un barlume di vecchia umanità, legato ai valori di un tempo, valori che non vanno persi. E qui so apre il secondo punto di riflessione aperto dal film: fino a che punto il progresso deve entrare nella vita dell'uomo e da dove, invece, deve essere lasciato fuori?


Trama

Nella Chicago del 2035 vive e lavora il detective Del Spooner (Will Smith), amante dei bei tempi andati in cui i lettori CD si usavano con il telecomando e le scarpe del passato sono delle Converse All Star del 2004 (…). La caratteristica che rende Spooner un ottimo personaggio per rendere la trama del film deriva dalla sua avversione nei confronti dei robot (robofobia?), macchine servizievoli e perfettamente integrate nell’america del 2035 che ormai rappresentano un aiuto insostituibile nella vita di tutti i giorni.
La trama prende spunto dall’apparente suicidio del dott. Alfred Lanning (James Cromwell), ideatore di tutti i robot in circolazione prodotti dalla US Robotics (esatto, come l’omonima società che costruisce modem…), società che si appresta a lanciare sul mercato una nuova classe di robot, gli NS-5 destinati non solo a sostituire i vecchi modelli NS-4 ma anche a rendere tali macchine sempre più diffuse sulla Terra in rapporto 1/4 (1 robot ogni 4 umani).
Chi non è convinto del suicidio del dott. Lanning è proprio Spooner, che conosceva il professore e non lo crede capace di una simile azione. La sua indagine comincia con il presidente della US Robotics Lawrence Robertson (Bruce Grenwood) il quale, volendo chiudere a tutti i costi il caso (per ovvi motivi), gli affianca una collaboratrice del dott. Lanning la dott.ssa Susan Calvin (Bridget Moynahan) convinta sostenitrice dell’ipotesi del suicidio, poichè i robot non possono fare del male agli umani grazie alle famose tre leggi della robotica.
La questione si complica quando sul luogo del delitto - la stanza di Lanning - si trova un particolare modello di NS-5 che si scopre avere un nome, Sonny (Alan Tudyk) che sulle prime sembra il candidato perfetto ad essere incolpato, ma le cose prenderanno tutta un’altra piega.



Recensioni
Una proiezione particolare... una sala Warner con un promo della Medusa, un marchio, la US Robotics, che da quando vivo nel mondo del personal computer, e non è poco tempo, è stata sempre sinonimo di modem (ne ho avuti ben due), e che da oggi - o meglio da domani - è invece sinonimo di "robot". Al di la della spesa di marketing della USR, e di tutte le altre multinazionali che hanno esposto il loro bel "brand" in questa libera trasposizione cinematografica dei racconti di Asimov, Io robot è ben concepito e soprattutto credibile grazie alla sua ambientazione da "prossimo futuribile" piuttosto che da fantascienza sfrenata.
Decisamente più thriller che azione, il film mutua tutta l'atmosfera del racconto di Asimov ad eccezione della figura della dottoressa Calvin che è un po' troppo emotiva rispetto all'originale. La regia di Proyas (Dark City) ci restituisce una Chicago del 2035 molto credibile anche grazie al dipartimento degli effetti speciali.
I robot progettati dallo scenografo Tatopulos (Indipendence Day) sono antropomorfi e particolarmente flessuosi, modellati sull'archetipo del ballerino Paul Mercurio. Il robot dotato di un ego, Sonny, è invece l'attore Alan Tudyk, su cui poi ha pesantemente lavorato il dipartimento degli effetti speciali guidato dalla Digita Domain.
Un film che oltre all'aspetto spettacolare indaga sull'essenza dell'essere. Cosa ci rende vivi? Le emozioni, il pensiero, la possibilità di scegliere... Sonny in realtà è in grado di fare tutto ciò ed è proprio questo che non lo rende più un robot, ma qualcosa di diverso.
(da http://filmup.leonardo.it)



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