Apocalypse now


Titolo Originale: APOCALYPSE NOW

Regia: Francis Ford Coppola

Interpreti:  Marlon Brando, Martin Sheen, Robert Duvall, Harrison Ford

Durata: h 2.26
Nazionalità: USA 1979

Genere: drammatico-guerra-nam movie

Tra i tanti commenti che è possibile trovare su internet, giornali ecc. riguardo a questo film, quello che impressiona di più è:  "la guerra come non l'avete mai vista".  Nam Movie di razza o, forse, eccezione agli altri del genere. Come ne Il Cacciatore, anche qui si narrano vicende di soldati che perdono qualunque tipo di razionalità e guida e si trasformano in mere macchine assassine; dove nel Cacciatore, tuttavia, se ne illustravano anche alcune cause (la roulette russa, ad esempio) qui si dà questa pazzia per scontata, come se chi fosse andato in Vietnam, fosse già impazzito. Diverso anche da Full Metal Jacket nel tipo di guerra raccontata. Nel film di Kubrick troviamo la guerra nelle città, gli assedi, la vita di ogni giorno dei normali marine americani mentre in Apocalypse now si trova la gente che è comunque vittima della guerra. D'altronde, per usare una famosa citazione, "dalla guerra non esce nessun soldato vincitore". 
Negli anni '60 lo sceneggiatore John Milius scrive una storia ispirata a "Cuore di tenbra" di Conrad, ambientandola però nel Vietnam durante la guerra. Il progetto passa prime per le mani di George Lucas e successivamente in quelle di Coppola che pretende Marlon Brando e Robert Duvall. Brando si fa versare un anticipo di 1 milione di dollari, minaccia più volte di lasciare il set, imporvvisa tutte le sue battute e pretende di essere sempre inquadrato in penombra.  
Premiato con la Palma d'oro a Cannes nel 1979 e con 2 premi Oscar (miglior fotografia e miglior sonoro), il film narra la storia dell'allucinante viaggio del capitano Willard (Martin Sheen) nella giungla tra Vietnam e Cambogia per uccidere il colonnello Kurtz, interpretato da Marlon Brando. Le vicende si imperniano essenzialmente su questi 2 personaggi: da una parte Willard, un capitano psicologicamente distrutto dalla guerra e in cerca di una missione, non tanto per dovere di soldato ma più che altro per bisogno fisico; dall'altra Kurtz, eccellente soldato destinanto allo stato maggiore che, però, sembra impazzire di colpo, diserta e fonda un esercito tutto suo di indigeni che lo venerano come un dio e iniziano una guerra personale contro i vietcong. Entrambi simboli della guerra, entrambi facce della stessa medaglia, ossia la medaglia della pazzia. Sheen è un uomo ormai ridotto ad una semplice macchina da guerra, simbolo di tutti i soldati in Vietnam che tornarono psicologicamente devastati (esistono numerosissimi casi di soldati tornati dal Vietnam in condizioni tanto insane da sentire il bisogno fisico di uccidere), dall'altra Kurtz, simbolo di una pazzia diversa, più posata, più fredda, più "razionale", anche se sembra un gioco di parole assurdo. Il suo monologo finale, storico e indimenticabile, ne è il massimo esempio: "Ho visto degli orrori, orrori che ha visto anche lei. Ma non avete il diritto di chiamarmi assassino. Avete il diritto di uccidermi, questo sì. Ma non avete il diritto di giudicarmi. Non esistono parole per descrivere lo stretto necessarioa coloro che non sanno cosa significhi l'orrore. L'orrore ha un volto e bisogna essere amici dell'orrore"; segno di una mente devastata, certo, ma che, nella sua follia, conserva un barlume di freddezza e razionalità, generati dagli orrori della guerra. E, come in tutte le medaglie a due facce, esiste la classica terza faccia, quella che nessuno riesce a vedere a prima vista, ossia i soldati americani che inviano Willard ad uccidere Kurtz. Loro sono rappresentanti di una pazzia alla quale appartiene anche Willard e vedono in Kurtz un folle, squilibrato assassino. Durante il viaggio, tuttavia, Willard ha modo di vedere in altri la sua stessa follia, soprattutto  nel tenente colonnello William Kilgore (Robert Duvall, quello di: "Adoro l'odore del napalm al mattino... profuma di vittoria") e più il suo battello scende il fiume per raggiungere Kurtz, più egli si rende conto di come, forse, chi lo ha inviato lì sia anche più folle di Kurtz, a voler continuare una guerra sempre più assurda e inutile. Martellante e dolce, la calda voce di Jim Morrison che canta The End porta Willard verso la parte finale del film, quando c'è l'incontro con Kurtz, la parte forse più allucinante ed onirica, mentre la guerra delle risaie, dei bombardamenti al napalm e dei rastrellamenti a Saigon sembra lontana più di mille miglia....

Trama

Il capitano Willard è alla disperata ricerca di una missione in quanto, se non ne ottiene una subito, verrà rispedito a casa. Gliene viene affiata una molto particolare: scendere in Cambogia, stanare ed uccidere il colonnello Kurtz, un ex soldato americano, dalla brillante carriera, che ha disertato per fondare un proprio esercito personale di indigeni ossessionati dalla sua personalità che portano avanti, per lui, una guerra indipendente contro i vietcong. Willard sale su un battello con un pugno di uomini e inizia a risalire il fiume; nel suo viaggio riesce sia a studiare meglio il personaggio di Kurtz ma anche a far eil punto sui diversi scenari della guerra in atto e inizia a domandarsi come fosse possibile che una persona come Kurtz avesse di colpo deciso di diventare un folle e brutale assassino. Più va avanti e più si rende conto di come quella scelta, nella testa di Kurtz, non fosse altro che un meccanismo di auto-difesa nei confronti della follia americana in Vietnam e, nell'incontro con Kurtz, Willard non sa più se ucciderlo o unirsi a lui.


Recensioni
In Vietnam, durante il terzo anno di guerra, il capitano Willard viene inviato ai confini della Cambogia per una missione segreta e delicatissima: dovrà uccidere il colonnello Kurtz che, impazzito, sta combattendo una sua guerra privata. Willard risale un fiume e si trova a percorrere tutti i gironi dell'inferno. I suoi compagni di viaggio sono degli squinternati. Quasi nulla è comprensibile: gli attacchi con gli elicotteri al ritmo di Wagner, un ufficiale che fa surf sotto i bombardamenti, battaglie all'insegna del "napalm", che rendono la scena simile a quella di una Disneyland allucinata. Trova Kurtz-Brando in un incontro che il regista carica con toni epici e misteriosi: Brando, monumento più che mai, fotografato nella penombra, sembra qualcosa di più o di meno di un essere umano. Kurtz spiega la sua filosofia: occorre uccidere, distruggere e mutilare, anche donne e bambini, se la causa è giusta. In pratica il colonnello giustifica i propri delitti in nome della difesa della patria. È dunque un eroe o un pazzo sanguinario? Willard compie la sua missione e lo uccide. Il film è ispirato al racconto Cuore di tenebra di Conrad ed è sceneggiato da John Milius. Coppola è senza dubbio il regista che ha segnato gli anni Settanta (Oscar a Il Padrino e a questo film) con la sua regia capace di raccontare con stile, seppure appesantita da qualche virtuosismo. Negli autori che cominciavano allora e che sarebbero diventati grandi (come Scott, Cimino e Cohen) la sua lezione sarebbe stata un riferimento imprescindibile. Senza pretendere di cambiare i destini del mondo, Coppola si impegna in un ragionamento sul bene e sul male e sulla loro relatività. Un uomo che ha la possibilità di esercitare un potere sempre maggiore può non riuscire a fermarsi in tempo e a individuare il confine fra la propria anima ancestrale, violenta e amorale, e quella civile, perdendo di vista la possibilità di convivere con gli altri, se sono più deboli. Naturalmente non era casuale che questa filosofia venisse applicata a quella guerra sciagurata che aveva confuso e stravolto tutti gli aspetti della morale americana. Kurtz, credendosi onnipotente, aveva perso di vista il proprio limite umano. Doveva essere distrutto. Il film sarà ricordato per il grande budget (quaranta milioni di dollari) e per le difficoltà di lavorazione nelle Filippine, per il boicottaggio da parte delle autorità americane, che naturalmente non condividevano la chiave negativa e disperata che Coppola dava della guerra. A tre lustri di distanza, Apocalypse Now si pone come manifesto attendibile di quella vicenda e come film dai grandi valori confermati. Ventidue anni dopo, Coppola ha riproposto il film in una nuova versione: Apocalypse Now - Redux,arricchito da 54 minuti di scene inedite, ma soprattutto con un nuovo finale, è giunto nelle sale nel 2001.
(da http://www.mymovies.it)

 

"Saigon... cazzo sono ancora soltanto a Saigon..." ed anche noi sembriamo immobili nel tempo mentre il rumore dei rotori si trasfonde nell'incessante ritmico martellio delle pale di un vecchio ventilatore. Il Capitano Willard (Martin Sheen), preda dei suoi incubi dettati non solo dall'alcool, ma dall'assurdità di una guerra senza scopo, giace nella sua cuccia in attesa di una missione adatta ai suoi peccati. E questa immancabilmente arriva, ma benché lui sia un capitano dei corpi speciali dei marines (gli stessi di un certo Johnny Rambo) non sarà certo una missione in cui l'eroe americano sconfigge il temibile nemico rosso e riceve la pacca sulla spalla dai suoi superiori. È una missione "sporca", delle peggiori, uccidere un soldato americano o meglio un colonnello: Walter E. Kurtz (Marlon Brando). Un uomo scomodo, un uomo abbrutito dagli orrori delle guerre inutili, convinto che uccidere non sia uno sport da spiaggia e che l'esercito non sia Disneyland, sostenitore del motto machiavellico che il fine giustifica sempre i mezzi e che l'ottuso perbenismo e bigottismo americano sia solo d'intralcio. Un uomo così si ama o si odia, ma in ogni caso segna la tua anima.
La lunga risalita della barca lungo il fiume è in realtà una discesa nei gironi danteschi di un inferno tipicamente americano. Nella versione originale i toni della denuncia, comunque chiari, erano sfumati dall'ottica degli anni settanta. Da allora ad oggi pellicole come "Platoon" prima, e "Full Metal Jacket" poi hanno squarciato il velo d'omertà, ma anche lavori leggeri ("Air America") ci hanno restituito un'America diversa da quella patinata delle copertine di LIFE o Stars & Stripes. Coppola aveva già chiaro il suo quadro allora ed ora ci restituisce l'affresco nella sua completezza. Tutto questo in un momento storico dove la guerra è di nuovo alle porte e i nemici ora come allora sono creature americane, ma stavolta, forse, almeno lo scopo è diverso.
Le quasi quattro ore del film, nella nuova versione ridoppiata e rimasterizzata, sono comunque dure da digerire per un pubblico di massa. Il ritmo della pellicola si dilata progressivamente fino al convulso finale, ma lo sforzo vale sicuramente. La magia del film risiede anche nella fotografia di Vittorio Storaro (non per nulla ha vinto l'Oscar) e di certo le numerose visioni sul piccolo schermo non hanno potuto restituirci che una piccola frazione dell'affresco. Il lavoro di restauro compiuto sulla pellicola non si limita ad un semplice recupero dell'originale, ma, se possibile, ne migliora addirittura la qualità. Il sonoro, già all'epoca in Dolby 5.1 (fu il primo film che utilizzo questa tecnica innovativa) colpisce come un maglio e sembra di essere costantemente al fianco di Willard.
Numerose le sequenze inedite aggiunte, più o meno lunghe e più o meno importanti. Da semplici spezzoni ambientati sulla barca, attraverso una lettura-monologo di Kurtz sulla filosofia della comunicazione americana fino ad una lunga sequenza ambientata in una colonia francese che inserisce temi del tutto nuovi: l'immutabilità della storia, la superficialità degli strateghi americani, ma soprattutto l'amore. Ma alla fine il sapore che resta uscendo dalla sala è sempre e solo uno: "l'orrore... l'orrore".
(da http://filmup.leonardo.it)




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