UN NUOVO CONTRIBUTO ALLA STORIA

DELLA RIFORMA LITURGICA

jean evenou*

Il libro del Giampietro1, nato da una tesi di laurea difesa all’Istituto liturgico di Sant’Anselmo, apporta un nuovo punto di vista sulle riforme liturgiche di questo secolo, in particolare per quanto concerne il periodo precedente il Concilio Vaticano II. Su questo periodo conciliare e postconciliare, esso completa ed a volte corregge La riforma liturgica di Mons. Bugnini2.

Nella sua doppia espressione il titolo dice subito quanto si debba ricercare nell’opera. Non è una biografia e neppure una storia della rifoma liturgica.

Non è una biografia, anche se i due primi capitoli richiamano, il primo, il profilo biografico di Antonelli, il secondo, la sua formazione liturgica. Il tutto non supera le 15 pagine. È abbastanza, ma sufficiente, per constatare l’interesse del giovane Giuseppe per il canto nella chiesa della sua parrocchia. Ed è ancor più interessante vedere come il giovane padre francescano Ferdinando si sia formato allo studio della liturgia. L’Istituto liturgico di Sant’Anselmo non esisteva, come non esisteva alcun altro Istituto liturgico nel mondo. Il primo del genere, quello di Parigi, aprirà le porte soltanto nel 1956. Come, dunque, a quale scuola si sono formati coloro che sono stati gli artefici del rinnovamento liturgico e delle riforme che tale rinnovamento porterà con sé? Il caso del Padre Antonelli è significativo e l’itinerario da lui percorso sarà seguito da altri: nel 1923 corso di paleografia diplomatica ed archivistica, organizzato dall’Archivio Vaticano, che gli permette di vedere e toccare documenti preziosi, come i rotoli dell’Exsultet di Benevento, il Salterio di Wincester del IX secolo, un Breviario francescano del XIV secolo. Primo contatto con monumenti liturgici dell’antichità.

Lo si vedrà, poi, seguire corsi di archeologia cristiana, tenuti dal Prof. Kirsch al Campo Santo Teutonico nel 1924-25. Infine la fondazione del Pontificio Istituto di archeologia cristiana, voluto dal Papa Pio XI sul finire del 1925, e del quale il P. Antonelli sarà uno dei primi studenti. Là egli potè iniziarsi alla liturgia, all’agiografia ed alle istituzioni ecclesiastiche dell’antichità sotto la guida di dom Quentin. Era, quindi, così formato per occuparsi, a buon diritto, della liturgia. Ciò non avvenne subito, però. Egli fu incaricato, nell’Ordine francescano, di varie responsabilità: l’Antonianum, di cui fu rettore per dodici anni; un incarico importante nell’ambito del governo dell’Ordine dei Frati Minori durante la seconda guerra mondiale; il ruolo di assistente generale dei Missionari della Regalità nel 1959, dopo la morte del fondatore P. Gemelli. Tutta la formazione acquisita lo predisponeva, però, a manifestare le sue qualità e capacità nel campo liturgico. Fin dal 1930, Pio XI lo nominava Vice Relatore della Sezione storica, creata all’interno della Congregazione dei Riti, poi Relatore generale nel 1935, con accanto, come Vice Relatore, il Padre Löw.

Questi due uomini saranno insieme, ciascuno nel proprio livello e secondo le personali competenze, la punta di diamante della Commissione istituita da Pio XII nel 1948 per gettare le basi di una riforma liturgica generale. Ed è qui che passiamo nell’altro versante del titolo di questo libro: gli sviluppi della riforma liturgica. L’arco di tempo studiato va dal 1948 al 1970, dall’anno che ha visto la nascita della Commissione voluta da Pio XII a quello di pubblicazione del Missale Romanum promulgato da Paolo VI.

Anni di intensa attività per il Padre Antonelli, che conservava, nello stesso tempo, l’incarico di Relatore generale nella Congregazione dei Riti, e poi, nel 1959, quello di Promotore generale della fede nella medesima Congregazione.

Durante il Concilio Vaticano II, fu Segretario della Commissione conciliare di liturgia (4 novembre 1962); nel 1964 fece parte del Consilium; nel 1965 fu nominato Segretario della Congregazione dei Riti e, quando questa fu divisa in due nuovi Dicasteri (1969), Segretario della Congregazione per le Cause dei Santi.

È negli archivi di questa Congregazione che il Giampietro ha saputo mettere le mani sui dossiers lasciati da Mons. Antonelli, ordinato Arcivescovo nel 1966, creato Cardinale nel 1973 e spentosi serenamente venti anni dopo, il 12 luglio 1993.

C’è un’altra fonte di documentazione che il Giampietro ha avuto la fortuna di scoprire: si tratta delle carte lasciate dal Card. Antonelli nel convento francescano della Verna, luogo dove egli ha vissuto i suoi primi anni di vita religiosa e dove ha voluto essere sepolto. Le carte lasciate alla Verna sono le più disparate: lezioni di liturgia, conferenze, note diverse. Questi testi — insieme con numerosi articoli, pubblicati spesso da L’Osservatore Romano, la maggior parte per spiegare e commentare i primi passi della riforma liturgica — hanno fornito al Giampietro non soltanto la documentazione che egli stesso poteva augurarsi, ma anche l’organizzazione stessa del proprio lavoro: non una storia completa della riforma liturgica tra il 1948 ed il 1970, ma tale riforma vista dalla parte del Card. Antonelli. In questo modo, abbiamo qui, come dice molto bene Mons. Martimort nella nota di presentazione, « non soltanto l’opera che lui ha realizzato, ma le sue convinzioni, le impressioni intime, le sue emozioni». Ed aggiunge: «Il vostro libro apporta dunque un contributo importante alla storia della riforma liturgica completando ed a volte correggendo l’opera di Mons. Bugnini » (p. 6).

Dopo un accenno alla riforma intrapresa all’inizio del secolo da San Pio X, ed un maggiore sviluppo degli atti di Pio XII fino al 1948, il Giampietro esamina la necessità, avvertita un pò dappertutto, di una riforma del Sabato Santo con il ripristino dell’Ufficio del mattino al suo vero posto, la notte (cap. IV). Si considera poi ciò che è stata questa riforma nel 1951 e nel 1952 (cap. V), quella della Settimana Santa nel 1955 (cap. VI), la preparazione della Costituzione sulla liturgia dal 1960 al 1963 (cap. VII), le ragioni storiche e le prospettive pastorali del rinnovamento liturgico (cap. VIII), i lavori del Consilium (cap. IX) l’Istruzione Inter Oecumenici del 1964 (cap. X), con note finali personali di Mons. Antonelli sugli sviluppi della riforma (1968-1971).

Seguono, poi, due importanti appendici, importanti non solo per la loro ampiezza, ma ancor più per l’oggetto trattato. Il primo è un Pro-memoria del P. Antonelli sull’origine ed i lavori della Commissione piana. Redatto nel 1953, esso fa il punto sul lavoro compiuto e quello ancora da svolgere. Il secondo, ancor più lungo (più di 100 pagine), offre integralmente i verbali delle riunioni della Commissione piana. Questa Commissione, creata da Pio XII, ha lavorato dal 1948 al 1960, nel più gran segreto, presso il domicilio del Cardinale Prefetto della Congregazione dei Riti e, soltanto a partire dal marzo 1966, nella sede della Congregazione, dislocata allora nel palazzo di San Callisto. Commissione molto ristretta: 7 membri all’inizio, poi 8, infine 10 per le quattro ultime sedute, tutti romani; 3 consultori esterni (un italiano, un belga ed un austriaco), consultati soltanto due volte. I Processi verbali delle riunioni, redatti dal segretario della Commissione, il P. Bugnini, sono riprodotti integralmente: processi verbali fedeli, poiché nemmeno una volta nessun dei partecipanti ha richiesto una qualsivoglia correzione od aggiunta.

Il compito della Commissione piana era quello di esaminare concretamente un progetto di riforma generale della liturgia romana, al fine di rispondere alle attese dei vescovi, dei sacerdoti e del popolo cristiano. A questo scopo la Commissione aveva a disposizione una voluminosa positio preparata dalla sezione storica della Sacra Congregazione dei Riti, il cui Relatore generale era il P. Antonelli, e pubblicata sub secreto nel 1948. Quale fu il ruolo rispettivamente del P. Antonelli e del P. Löw, suo vice? Per il momento non è possibile discernerlo. La lettura dei processi verbali, durante gli intervalli delle sedute, ci mostra un’intensa attività del P. Löw, senza dubbio sotto la direzione ed il controllo del P. Antonelli. Nel corso delle sedute, dove ciascun membro della Commissione esprime il proprio parere, l’accordo è molto spesso unanime o quasi. Quando i pareri sono contrapposti, è lasciato un lasso di tempo per la riflessione al fine di riprendere la discussione nella seduta successiva ed arrivare — e non è sempre il caso — ad una conclusione. Se, poi, non è davvero possibile raggiungere l’accordo su un punto non secondario, il Presidente, cioè il Prefetto dei Riti, si assume l’incarico di sottometterlo alla decisione del Santo Padre. Ci si sorprenderà di constatare il senso pastorale della maggior parte dei membri, ma anche la resistenza ad alcuni cambiamenti che si riveleranno utili pastoralmente, come l’uso della lingua viva per le letture della Messa.

Le 82 sedute della Commissione, che si susseguiranno dal giugno 1948 al luglio 1960, sono ripartite in modo ineguale. Come per la partenza di un treno, l’avviamento è lento e progressivo: 1 riunione nel 1948, 3 nel 1949, 4 nel 1950, 5 nel 1951. Si ha, quindi, un’improvvisa operosità nel 1952: 12 riunioni, un rallentamento nel 1953 (5 riunioni), nuovamente una attività sostenuta nel 1954 (17 riunioni); poi una velocità progressivamente decrescente: 11 riunioni nel 1955, 9 nel 1956, 1 nel 1957. Un ultimo colpo di acceleratore, ma modesto, nel 1958 (7 riunioni) e, quindi, una rapida frenata con 3 riunioni nel 1959 e 4 nel 1960, prima di arrivare alla fermata finale: la Commissione piana cedeva il passo alla Commissione liturgica preparatoria del Concilio Vaticano II.

La direzione presa dai lavori della Commissione piana non fu lineare. Gli inizi sono incerti. L’esame del Calendario appare come la base indispensabile di tutta la riforma generale. Esso fu affrontato nel corso di non meno di 30 riunioni. I libri liturgici da riformare furono esaminati con differenti gradazioni: il Messale, molto poco, e solo in occasione delle riforme della Veglia pasquale, poi della Settimana Santa, della semplificazione delle rubriche, dell’organizzazione delle letture, con il problema, postosi fin dall’inizio, della loro proclamazione in lingua volgare (un non expedit fino all’aprile 1956, un’apertura nel febbraio 1959), con l’ipotesi — scartata — della concelebrazione alla Messa del Giovedì Santo, e con inserito lo statuto delle Messe della sera, che non dovevano in alcun caso essere solennizzate. Il Breviario fu oggetto di una maggiore attenzione: mantenimento delle Ore tradizionali, ma ripartizione del Salterio su due settimane, creazione di nuove antifone, riforma delle letture bibliche e dei responsori. Circa la riforma del Breviario, nel 1956, si decide per un’inchiesta presso alcuni Vescovi Metropolitani. Non se ne sa più nulla3. Il Pontificale è rivisto nella sua 2a parte: consacrazione delle chiese, degli altari, delle campane...

Quattro dossiers contengono una gran parte delle riunioni: la riforma della Veglia pasquale, poi quella della Settimana Santa, la semplificazione delle rubriche, che approda nella pubblicazione del Codex Rubricarum alla vigilia del Concilio, ed infine l’Istruzione De musica sacra et sacra Liturgia, che sarà pubblicata dalla Sacra Congregazione dei Riti nel settembre 1958. Due nuove feste sono oggetto, almeno in parte, di 11 riunioni, per il loro inserimento nel Calendario e la relativa composizione dei testi per la Messa e l’Ufficio: la festa di Maria Regina e quella di San Giuseppe Artigiano.

Apparentemente il P. Antonelli non ha espresso alcun giudizio globale sul lavoro della Commissione piana, mentre, invece, ha manifestato il suo parere su ciascuno dei dossiers portati a termine. A questo punto vale la pena rilevare quanto dice colui che fu il Segretario della Commissione stessa, il P. Bugnini: « Nonostante i limiti di persone e cose, si deve onestamente riconoscere che il lavoro svolto fu enorme. Praticamente tutti i libri liturgici furono revisionati, compreso il rituale [ciò non si rileva dai processi verbali], che fu corretto e tipograficamente composto, ma non pubblicato, per il timore della Libreria Vaticana di non riuscire ad editarlo per il sopraggiungere del Concilio. Fu anche sorprendente il senso pastorale della riforma piana, fatta esclusivamente da uomini di studio»4.

Di questi uomini di studio il P. Antonelli fu, certamente, il più impegnato e, senza dubbio, con il maggior senso pastorale, come lo dimostrano sia i suoi articoli che le sue conferenze. Se il Concilio non fosse sopraggiunto o se la Commissione piana avesse portato a termine i suoi lavori, quale sarebbe stata l’ampiezza e l’aspetto della riforma liturgica? Chi potrebbe dirlo?

La Commissione piana cede dunque il posto alla Commissione liturgica preparatoria del Concilio, creata nel luglio del 1960. Il P. Bugnini ne è il Segretario. Il P. Antonelli non ne fa parte, e neppure gli altri membri della precedente Commissione piana. Egli è, ormai, Promotore generale della fede presso la Sacra Congregazione dei Riti. Nella documentazione esaminata dal Giampietro c’è un grande silenzio su questo periodo della preparatoria, durante il quale lo schema De sacra Liturgia è elaborato, discusso, sottomesso alla Commissione centrale, poi alla sottocommissione per gli emendamenti ed, infine, trasmesso alla considerazione dei Padri conciliari5.

Sarà necessario attendere la vigilia del Concilio per rivedere apparire il nome del P. Antonelli. Il 5 ottobre 1962 (il Concilio inizierà l’11) il P. Antonelli, con sorpresa generale, è nominato Segretario della Commissione conciliare di liturgia. Diciamo « con sorpresa generale », perché gli altri Segretari delle Commissioni preparatorie furono tutti rimessi negli stessi posti delle Commissioni conciliari. Ritroviamo, allora, nuovamente, redatti questa volta dal P. Falsini, aggiunto al P. Antonelli insieme con il P. Braga, i processi verbali delle riunioni della Commissione conciliare6. Ve ne furono 51, dal 21 ottobre al 28 novembre 1963. Nel libro del Giampietro le relazioni di queste riunioni occupano quasi 100 pagine. Vi si colgono sul vivo le ripercussioni dei dibattiti dell’aula conciliare. È possibile seguire l’esame degli emendamenti. Vi si rinviene anche un altro ritmo ed un metodo di lavoro molto diverso da quello della Commissione piana. La sua stessa composizione, poi, rappresenta una base molto più ampia e rappresentativa del mondo intero: non più 7 o 10 persone di Roma, ma, sotto la presidenza del Cardinale Prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, 8 Vescovi, 19 Esperti (periti) e 39 Consultori. Queste pagine aggiungono un interesse molto vivo alle spiegazioni fornite nell’aula dai relatori della Commissione, e di cui è possibile leggere le relazioni in Acta Synodalia.

La Costituzione Sacrosanctum Concilium è approvata e promulgata il 4 dicembre 1963.

Il P. Antonelli redige allora, certamente su sollecitazione del Card. Larraona, un Pro-memoria sulla revisione dei libri liturgici, con un piano di organizzazione del lavoro suddiviso in 14 gruppi, sotto la responsabilità di una Commissione ristretta: 5 Cardinali e Vescovi, 8 tecnici, compresi anche, per molti gruppi, i nomi di coloro che avrebbero potuto farne parte (pp. 211-221). Paolo VI, infatti, per l’applicazione della Sacrosanctum Concilium, istituisce, il 13 gennaio 1964, un Consilium de sacra Liturgia e ne designa i primi membri (3 Cardinali, l’ultimo dei quali nominato è il Prefetto dei Riti), mentre il P. Bugnini ne è nominato Segretario. Il 3 marzo 1964 il nuovo organismo, presieduto dal Card. Giacomo Lercaro, sarà ancor più irrobustito: 42 membri ed infine 51. Il P. Antonelli è un membro come tutti gli altri. A questo numero, di per sé già consistente e che rappresenta i diversi paesi del mondo, bisogna aggiungere 150 Consultori e più di 70 esperti o consiliarii. Queste cifre dovevano dare la possibilità di ripartire i diversi capitoli del complesso della riforma in 39, e poi 45, gruppi di lavoro, comprendenti ciascuno le persone più qualificate in tale o tal altro settore: Calendario, Breviario, Messale, elementi comuni ai due libri, Pontificale, Rituale, Martirologio, Libri di canto, Cerimoniale dei Vescovi, Riti non romani, Codice di diritto liturgico, Cappella papale. Ogni gruppo di lavoro elabora degli schemata, adottati nel corso di riunioni generali (ve ne furono 13) e poi sottoposti all’approvazione dell’Assemblea plenaria del Consilium (ve ne furono 3), il cui resoconto dettagliato, dell’Ordine del giorno e delle discussioni, si ritrova ne La Riforma liturgica di Mons. Bugnini (Ed. 1997, pp. 149-205). Le carte lasciate da P. Antonelli sono meno numerose (20 pagine): esse mostrano al lettore — è questo il loro principale interesse — le reazioni del P. Antonelli nei confronti del numero — a suo dire eccessivo — dei membri del Consilium, del metodo di lavoro adottato, di quella che lui definisce una certa fretta nelle decisioni, degli esperimenti concessi troppo liberamente ed un pò dappertutto. Gli dispiace vedersi accantonare in un ruolo secondario, dopo essere stato a capo della Commissione di Pio XII e della Commissione conciliare? Genera amarezza vedere la riforma sfuggire alla Congregazione dei Riti, di cui deve difendere le prerogative? Ciò appare più di una volta. È forse disincanto o frustrazione di qualcuno che, dal 1948, ha lavorato alla riforma liturgica il meglio possibile e con frutto, vedere che si prendono grandi strade in tutti i sensi, al posto della linea direttrice seguita dalla Commissione piana sotto la sua direzione? È apprensione nel vedere soffi di secolarizzazione penetrare nel rinnovamento liturgico, con il rischio di travisarlo? Le annotazioni del P. Antonelli rivelano apprensione e preoccupazione, che non si attenueranno. « Non sono entusiasta dei lavori. Discussioni molto affrettate, a base di impressioni, votazioni caotiche. Il Consilium è composto di 42 membri: ieri sera eravamo 13, neanche un terzo» (Prima plenaria, p. 228). «Io mi domando: come si può dare un parere su questioni, alcune gravissime, con un testo cambiato all’ultimo momento e presentato seduta stante? Non è cosa seria » (Ultima plenaria: si tratta del testo dei Praenotanda dell’Ordo Confirmationis, p. 246).

I due protagonisti della riforma liturgica, dal 1948 al 1970, si sono così ritrovati a turno in situazioni di antagonismo. Forse le annotazioni del P. Antonelli sull’ultimo periodo della riforma, messe a confronto con alcune di Mons. Bugnini (vedi La Riforma liturgica), lasciano intravvedere differenze di temperamento, di stile, di metodo tra i due, mancanza di chiarificazioni, che avrebbero potuto essere più franche e liberatorie, ma che non ci furono? Forse. E quale fu, in tutta questa vicenda, il ruolo del Prefetto dei Riti, il Cardinal Larraona? La storia di questo periodo è ancora tutta da comporre, pezzo per pezzo, come le molteplici tessere che contribuiscono a formare il disegno di un mosaico. Ciò che è sicuro, è che l’antagonismo aveva radici diverse da quelle personali; la cronaca del Consilium, tracciata da Mons. Piero Marini7, lo dimostra con molta chiarezza.

Ora che i due grandi artefici della riforma liturgica del XX secolo non ci sono più, le ombre di questo periodo si attenuano all’orizzonte del tempo. Nel 1966, in occasione dell’Ordinazione episcopale di Mons. Antonelli, il P. Bugnini — e queste, a mio avviso, non sono soltanto parole di circostanza — ricordava la Costituzione liturgica conciliare « alla quale P. Antonelli ha dedicato tanta parte di sé, come attualmente continua con apporto preziosissimo e stimatissimo nel nostro Consilium » (op. cit., p. 267). Da parte sua, Mons. Martimort, nella Presentazione all’inizio del libro, ricorda gli ultimi incontri avuti con il Card. Antonelli: « Io posso assicurare che non conservava, delle controversie passate, se non un ricordo sbiadito e che egli riconosceva, nella riforma fatta, l’ideale che era stato il suo » (p. 6).

A questo punto dobbiamo aggiungere due suggerimenti.

Il primo viene dalla lettura stessa del libro. Si tratta sempre di un volume stampato, dal titolo Memoria sulla riforma liturgica (1948). Esso è, con i suoi quattro supplementi, succedutisi dal 1950 al 1957, il libro servito come base di discussione per la Commissione piana. Adesso che i documenti del Concilio sono usciti con tutta la cura desiderabile, perché la Memoria del 1948 e degli anni successivi non dovrebbe essere messa a disposizione degli studenti e dei ricercatori? L’alone di segretezza, che l’aveva avvolta a suo tempo, non ha più ragione di esistere; questo libro, inoltre, permetterebbe di comprendere meglio i dibattiti e le decisioni della Commissione piana.

Il libro del Giampietro, d’altra parte, richiama dei completamenti. Sarebbe, cioè, interessante far uscire dall’ombra il Calendario, la ripartizione dei Salmi del Breviario, l’organizzazione delle Letture bibliche della Messa e dell’Ufficio, elaborati dalla Commissione. La Bibliografia alla fine del libro, inoltre, ci fa vedere che il P. Antonelli ha lasciato abbondanti note sulla 2a Sessione del Concilio (81 pagine) nonché sulle Assemblee del Consilium (più di 450 pagine). Gli estratti forniti dal Giampietro ci spingono al desiderio di una pubblicazione integrale.

Sulla sopraccoperta del libro, vi è un’illustrazione tratta da un rotolo dell’Exsultet, simile a quelle stesse illustrazioni che il P. Antonelli ha potuto avere tra le mani agli inizi della propria formazione agli studi liturgici. E tale immagine fa pensare a quello che fu il cuore della vita del Cardinale, la fonte ed il fine della sua attività, la convinzione che egli non ha cessato di comunicare: l’importanza primordiale del mistero pasquale, vissuto e celebrato, per ogni cristiano e per la vita della Chiesa. Il ripristino della santa notte di Pasqua, nel 1951, resterà la gemma più bella di quanto egli ha intrapreso, e portato a termine, per il rinnovamento della liturgia nella Chiesa.

             J. Evenou, prete della diocesi di Vannes (Francia) è ufficiale della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.

 

1 Nicola Giampietro, Il Card. Ferdinando Antonelli e gli sviluppi della riforma liturgica dal 1948 al 1970 (Studia anselmiana 121 - Analecta liturgica 21), Ed. Centro Studi Sant’Anselmo, Roma 1998, 416 pp., ISBN 88-8139-085-X, 36,15.

2 A. Bugnini, La riforma liturgica (1948-1975), Ed. Liturgiche, Roma 1981, nuova edizione 1997.

3 Il resoconto delle riunioni della Commissione non ne parla. Il Supplementum IV della Memoria sulla riforma liturgica è dedicato a questa inchiesta (1957), p. 139.

4 A. Bugnini, op. cit. (1997), 25.

5 Qui non si dice nulla della preparazione di un contro-progetto, sollecitato dal Card. Larraona, elaborato da una piccola Commissione della quale facevano parte sia il P. Antonelli che il P. Löw, ma arrestatosi con la morte di quest’ultimo (22 settembre 1962). Ne parla soltanto Mons. Bugnini (cfr. La Riforma liturgica [1997], 41).

6 Per riconoscerne la composizione, dobbiamo ricorrere a La Riforma liturgica dì Mons. Bugnini. Non sarebbe stato superfluo inserirlo qui.

7 P. Marini, « La nascita del “Consilium ad exsequendam constitutionem de sacra liturgia”. Gennaio-marzo 1964», in Ephemerides liturgicae 106 (1992), 289-318; idem, «II primo periodo di attività del “Consilium” prospettive e difficoltà. Marzo-giugno 1964», in Ephemerides liturgicae 107 (1993), 401-439; idem, «L’istruzione “Inter oecumenici”, una svolta decisiva», in Ephemerides liturgicae 108 (1994), 205-231.