Ercolano la città che condivise il destino
di Pompei, oggi una delle aree archeologiche più significative del
nosto paese. Nome nell’Antichità "Herculanum".
Le rovine di Ercolano furono scoperte per caso durante la perforazione di un
pozzo nel 1709. I primi scavi ufficiali, promossi dai Borbone, cominciarono
nel 1738 con il sistema dei cunicoli. A differenza di Pompei, infatti, le
rovine di Ercolano si trovano sommerse da un banco tufaceo durissimo alto
anche 8-10 metri. A ciò si deve aggiungere un’altra difficoltà: gran parte
della città antica è oggi coperta da quella nuova.
Solo sette insulae (gruppi di case delimitate da strade che si incrociano ad
angolo retto) sono attualmente aperte al pubblico. Tuttavia, l’enorme strato
di lava vulcanica ha fatto sì che gli edifici di Ercolano siano giunti in un
migliore stato di conservazione rispetto a quelli di Pompei. Materiali
organici, come legno, stoffe e cibo, si sono miracolosamente conservati e
molti piani superiori delle abitazioni ci sono pervenuti intatti. Tra gli
edifici pubblici portati alla luce in buono stato di conservazione sono la
palestra, il cui accesso è delimitato da un vestibolo con volta decorata,
due complessi termali, uno dei quali di grandi dimensioni e ricco di
affreschi, il Collegio degli Augustali e il teatro, in gran parte interrato
e visitabile solo attraverso i cunicoli. Le abitazioni sono caratterizzate
da ampi spazi e da accurate decorazioni (in particolare la Casa del
Bicentenario e la Casa dei Cervi). Numerose sculture, mosaici e oggetti
d’uso quotidiano, come i recipienti di vino, si sono conservati pressoché
intatti. La monumentale Villa dei Papiri, situata appena fuori città, è
ancora in fase di scavo e di studio (vi sono stati rinvenuti 200 papiri):
scoperta con il sistema dei cunicoli, occupa una vasta superficie, ma a
cielo aperto ne è visibile solo una piccola parte. L’antico Teatro,
saccheggiato dai primi scopritori del Settecento, è ancor oggi sepolto sotto
uno spesso banco di tufo ed è possibile osservarne alcune strutture solo
addentrandosi per scale e cunicoli.
Storia di Ercolano
Il mito vuole che Ercolano sia stata fondata da Ercole, ma la tradizione
letteraria antica parla di una dominazione degli Opici-Osci, poi degli
Etruschi e infine dei Sanniti. Nel III secolo entrò a far parte della
confederazione nucerina; partecipò alla cosiddetta guerra sociale degli
Italici contro Roma, ma fu espugnata da Titus Didius, luogotenente di Silla,
nell’89 a.C., quando perse autonomia politica e divenne municipio retto da
duoviri.
La bellezza e fertilità del luogo attrassero in epoca repubblicana i patrizi
romani che qui edificarono sontuose ville, come quella suburbana dei Papiri.
In età augustea vennero costruiti o profondamente restaurati molti edifici
pubblici fra cui le mura e l’acquedotto, le terme centrali, il teatro, la
basilica, la palestra. Nel 79 d.C. erano ancora in corso i restauri per il
terremoto del 62 d.C. quando si verificò la tragica eruzione del Vesuvio: la
città fu dapprima travolta da nubi ardenti di gas e ceneri ad altissima
temperatura che provocarono la morte, per shock termico, degli Ercolanesi, e
seppellirono le abitazioni sotto una coltre di ceneri alta fino a 30 metri.
Anche dopo la costruzione del nuovo abitato di Resina il ricordo dell’antica
città non scomparve del tutto; ma fu nel 1709, durante gli scavi di un
pozzo, che ci s’imbatté nel muro della scena del teatro. Ebbero così inizio,
praticando dei cunicoli nel terreno, le prime esplorazioni (e i primi
saccheggi). Solo nel 1738 con Carlo di Borbone s’iniziarono scavi regolari,
sempre per cunicoli, sotto la direzione di Rocco Gioacchino d’Alcubierre,
poi di Carlo Weber e, in seguito, di Francesco La Vega.
Dopo il ritrovamento del teatro e della basilica, nel 1752 si rinvenne la
Villa suburbana dei papiri, così detta per la cospicua biblioteca di testi
greci, oggi depositati presso l’omonima Officina della Biblioteca Nazionale
di Napoli. La villa apparteneva forse a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino,
suocero di Cesare. Nel 1755 fu fondata la Real Accademia ercolanese per la
pubblicazione, continuata fino al 1792, degli otto volumi che illustravano
pitture murali, bronzi e papiri.
Dopo alterne vicende, i lavori vennero definitivamente sospesi nel 1790 per
privilegiare quelli più semplici, a cielo aperto, di Pompei e Stabia.
Ripresero per interessamento di Francesco I solo nel 1828: stavolta però si
adottò la tecnica dello sterro e non più quella dei cunicoli sotterranei e
dei pozzi di discesa. Un’altra fase di scavi, sempre a cielo aperto, si ebbe
fra il 1869 e il 1875, grazie a Giuseppe Fiorelli e a un contributo
personale di Vittorio Emanuele II.
Dal 1927, con Amedeo Maiuri e poi Alfonso De Franciscis, si è avviata una
campagna sistematica che ha prodotto il progressivo disseppellimento di
buona parte della città verso sud, fino al rinvenimento dell’antica spiaggia
e del tempio di Venere; nel frattempo è stata resa visitabile anche parte
della Villa dei papiri. Proprio a sud – in cavità destinate al rimessaggio
delle imbarcazioni, i cosiddetti fornici – sono stati rinvenuti oltre 250
scheletri degli abitanti che ivi si erano rifugiati in attesa di poter
prendere il largo, una volta calmatesi le acque, e che qui furono invece
sorpresi dalla nube ardente.
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