Corrado Fortuna, alla luce di
Linosa
di Salvatore Tuccio
Dallo scorso inverno Corrado Fortuna, il fortunato
protagonista di My name is Tanino, gira l‘Italia per presentare
l’ultimo film di Roberto Faenza che racconta la drammatica storia di don
Puglisi e nel quale Fortuna interpreta la figura di don Gregorio Porcaro,
l’uomo che ha vissuto al fianco del prete antimafia di Brancaccio poi ucciso
dalla mafia. Invitato dal Centro di ricerca per la narrativa e il cinema di
Agrigento e dall’assessorato alle politiche sociali della Provincia
regionale di Agrigento (che lo hanno ringraziato con una duplice targa per
lui e per la sua compagna, l’attrice Regina Orioli), il giovane attore
palermitano è sbarcato anche a Linosa per presentare il film Alla luce
del sole che ha chiuso la tradizionale rassegna cinematografica che
ormai da alcuni anni anima l’estate della più piccola isola dell’arcipelago
delle Pelagie. E per l’occasione non si è sottratto ad alcune domande sul
film, sulla sua vita e sulla Sicilia.
Conoscevi già Linosa?
Solo di fama, ma non c’ero mai stato.
Per un attore siciliano come te cosa ha significato
interpretare un film sulla mafia con un regista così importante come Roberto
Faenza?
Innanzitutto io credo che sia obbligatorio per ogni
italiano, e a maggior ragione per i siciliani, continuare a fare i conti,
ancora oggi, con la questione mafiosa. Io personalmente aspettavo che mi si
desse la possibilità di occuparmene anche come attore. Me ne ero già
occupato da studente e da cittadino. Ma sapevo che un attore siciliano,
prima o poi, sarebbe stato chiamato a questo “compito”. Farlo con Faenza è
stato molto interessante, ma anche triste, perché è triste che gli ultimi
due film interessanti su questo tema siano stati girati da un regista
lombardo (I cento passi di Marco Tullio Giordana) e da un piemontese
come Roberto Faenza. Personalmente sono stato molto contento di poter
interpretare questo ruolo: mi sono trovato bene sia con il regista sia con
Elda Ferri che l’ha prodotto. Del resto non capita spesso di fare un film in
cui la gente si commuove anche durante le riprese, come è successo in questo
caso. Da gennaio, quando è uscito il film, ho girato volentieri tutta la
provincia italiana, da Capo Passero a Bressanone, per far conoscere questa
storia straordinaria che in molti ancora non conoscono fino in fondo,
nonostante fosse già stata girata un'altra fiction su questo tema.
Una volta hai detto che la mafia non è affatto una
storia chiusa. Cosa volevi dire?
Le racconto un episodio: quando è iniziato il processo
ai mandati e agli esecutori dell’omicidio di don Pugliesi, c’è stato il
primo congresso ecumenico siciliano. E l’hanno organizzato all’hotel di
proprietà dei Graviano. Non è stato un segno di grande sensibilità.
Quali sono, secondo te, i pregi e i difetti di
questa Terra?
Dalla Sicilia sono andato via dieci anni fa, più o
meno. La trovo, se così si può dire, molto ‘entrante’ nella vita di ogni
singolo siciliano. Dei siciliani posso dire che ogni giorno sono diversi.
Più in generale credo che la Sicilia sia stata tagliata fuori da una serie
di decisioni importanti. E credo che la rappresentanza dei cittadini
“tocchi” spesso alla mafia: che poi nella realtà significa “non pago le
tasse ma pago il pizzo”. E’ gravissimo quando tutte queste cose diventano
normali. Senza voler sembrare tragico o pessimista, credo che ogni
siciliano abbia dentro di sè un po’ di mafiosità. È quasi una questione
genetica. Sciascia morì disilluso e morì dicendo che la lotta alla mafia è
senza fine. Io però, come Falcone, credo che la mafia sia una cosa umana e
come tutte le cose umane è destinata a tramontare. Il problema è che i
siciliani sono disperati e tendono a dimenticare facilmente; non sono
colpevoli, ma sono necessariamente portati e dimenticare.
Torni spesso in Sicilia?
Torno talvolta a Palermo e vado a Favignana dove ho una
casa.
Hai esordito con la commedia e adesso hai fatto un
film drammatico; in quale ruolo ti senti più a tuo agio?
Vorrei fare la commedia, mi piacerebbe fare l’attore
comico. Purtroppo si scrivono sempre meno copioni di questo genere, benché
la commedia sia una peculiarità della storia culturale di questo Paese. Sono
anche interessato a lavorare su questo filone legato alla storia italiana e
a suoi molti misteri ancora irrisolti; penso all’Italicus o alla strage di
Bologna e di Piazza Fontana.
Come è cambiata la tua vita da quando sei diventato
un attore famoso?
Non è cambiata moltissimo; un po’ il mio conto in
banca, ma anche quello saltuariamente…
Ora vivo a Roma, prima vivevo a Firenze, e comunque non
frequento molto la mondanità della ‘dolce vita’ romana. Uno dei vantaggi è
che posso incontrare spesso registi, autori e produttori e conoscere i loro
progetti.
Hai dichiarato spesso che ti piace raccontare
storie. Sogni di fare il regista?
Fare il regista è un mestiere piuttosto difficile a non
ci si può certo improvvisare. Certo, se un produttore mettesse a
disposizione le risorse per fare un film non mi tirerei indietro. E comunque
raccontare storie mi piace davvero.
Che storia si potrebbe immaginare in uno scenario
come Linosa?
Ci ha già pensato in maniera egregia qualche anno fa
Crialese, con Respiro. Comunque ciò che mi ha colpito di più di
quest’isola è l‘isolamento e quindi, probabilmente, mi piacerebbe raccontare
questo isolamento. Forse l’idea da cui partire potrebbe essere quella di un
“Decamerone linosano”.
La gente ti conosce di più come Tanino o come
Corrado Fortuna?
Per il grande pubblico sono più famoso come Tanino. Non
so perché, ma soprattutto i farmacisti mi riconoscono come Corrado Fortuna.
Forse seguono la commedia all’italiana con maggior competenza di altri.
Cosa ti ha colpito di quest’isola?
La visione del mare a 360 gradi, come se si fosse
perennemente su una grande barca: con un orizzonte senza fine.
Tornerai a Linosa?
Vorrei
tornarci, è un isola stupenda e particolare; sto lavorando a Catania per un
film e vorrei, prima o poi, trovare il tempo di tornare a Linosa, però con
la garanzia di non restare bloccati.
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