Incontro organizzato da:
Limes Club Roma, Limes e Sioi 
in Palazzetto Venezia - Piazza San Marco, 51 - Roma
il 15 dicembre 1998 - ore 17.30

Sono intervenuti:

Lucio Caracciolo - direttore di Limes

Vladimir Efimov - Ministro Consigliere dell’Ambasciata russa

Piero Fassino - Ministro per il Commercio con l’Estero

Umberto La Rocca - presidente della SIOI

Maurizio Martellini - segretario del Landau Network-Centro Volta

Franco Venturini - editorialista del Corriere della Sera

 


 

RELAZIONE
di Livio Zaccagnini

Martedì 15 dicembre il liMes Club Roma, in collaborazione con liMes, la rivista italiana di geopolitica, e con la Sioi (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale) ha organizzato l’incontro-dibattito la Russia a pezzi, presso la sede della Sioi a Roma.

Attorno al tavolo si sono ritrovati Vladimir Efimov (Ministro Consigliere dell’Ambasciata russa), Piero Fassino (Ministro per il Commercio con l’Estero), Umberto La Rocca (presidente della Sioi), Maurizio Martellini (segretario del Landau Network-Centro Volta), Franco Venturini (editorialista del Corriere della Sera), con Lucio Caracciolo (direttore di liMes) moderatore.

Dopo la premessa di Lucio Caracciolo che ha sottolineato i problemi connessi allo sfaldamento della Russia, la parola è subito passata a Franco Venturini, che con sinteticità e chiarezza ha esposto i principali aspetti della grave crisi. In primo luogo la crisi finanziaria-economica, il cui più appariscente momento è stato il crollo del rublo che ha provocato una disarticolazione del sistema produttivo tale che, se prima la Russia pagava ciò che importava con gli aiuti occidentali, ora, con il crollo della moneta, questa fonte di importazioni è venuta meno con un conseguente grave collasso sociale. Infatti se da un lato i ricchi non sono stati toccati dalla crisi (avendo i capitali depositati all’estero e in valuta pregiata), gravi danni hanno subito i poveri, ma soprattutto quella embrionale classe media che aveva scommesso sul capitalismo e che solo in un lungo periodo potrà rimettersi in sesto. Questa esplosiva situazione ha sicuramente implementato le spinte centrifughe, spinte rese ancor più forti sia dalla grande autonomia che stanno guadagnando i governatori locali a cui si riferiscono ormai anche vasti settori che dovrebbero far capo al governo federale (basti pensare ai militari) sia dalla mancanza di un apparato centrale e di una classe dirigente preparata che possa tenere a freno le varie istanze più o meno indipendentiste. In questo quadro pochi meriti vanno all’Occidente: infatti ai molti che obiettano che molto è stato dato, e questo molto è stato male utilizzato dagli stessi russi, Venturini risponde che se la Russia dovesse precipitare nel caos, trascinerebbe con sé gran parte del mondo; uno scenario di cui l’Occidente e soprattutto l’Europa (che così poco fa per il grande dirimpettaio eurasiatico) non possono permettere l’avverarsi: sarebbe infatti un errore i cui costi sarebbero esponenziali rispetto a quelli necessari per evitarlo.

Anche l’onorevole Piero Fassino, Ministro per il Commercio con l’Estero, è sulla stessa linea di Venturini: parte infatti dalla costatazione che ogniqualvolta nella storia la Russia è stata in crisi, si sono avute gravi ripercussioni anche nel resto del continente europeo; una Russia "a pezzi" sarebbe, continua il Ministro, distruttiva per tutto il mondo. Grave colpa della crisi attuale va però tributata all’Occidente: si credeva infatti che la transizione dal regime comunista verso quello di libero mercato sarebbe avvenuta in tutti gli Stati oltrecortina nello stesso modo, applicando così indistintamente a tutte le realtà est-europee un’unica strategia. Purtroppo però le condizioni della Russia erano ben diverse da quelle di una Repubblica Ceca, che tra le due guerre, come Cecoslovacchia, era uno dei Paesi più industrializzati del mondo: applicare lo stesso modello teorico ha provocato la complicazione di una già difficile transizione. Inoltre i Paesi occidentali hanno oscillato tra due diverse impostazioni: o aiutare la Federazione russa, imponendo però delle regole e delle condizioni di tipo economicistico, oppure disinteressarsene, lasciando accadere ciò che avrebbe riservato il futuro. Questo modo di pensare va però superato, in primo luogo dall’Ue che deve assumere la questione russa come priorità; e lo deve fare attuando una linea decisa, tale da determinare un forte ancoraggio della Russia all’Europa, ancoraggio necessario non solo alla stabiltà continentale, ma anche a quella del mondo intero. Fassino conclude illustrando la posizione dell’Italia che, essendo uno dei maggiori partner commerciali della Russia, ha deciso non solo di mantener fede agli impegni presi (cosa non semplice in questo momento di crisi) ma anche di farlo fare a tutte le imprese italiane.

Il successivo intervento è stato quello dell’ambasciatore La Rocca, presidente della Sioi, che si è soffermato sulle aree geopolitiche intorno alla Russia e sui principali rapporti che i protagonisti di queste aree hanno con Mosca. Ad Est si avverte sicuramente una forte pressione della Cina (con la quale la Russia sembra oggi voler negoziare) ma anche le ingombrati ed intraprendenti presenze di Usa e Giappone. A Sud è invece pressante il problema dell’islamismo con protagonisti Turchia ed Iran (tradizionali avversari di Mosca), senza però dimenticare il Pakistan, gli altri Paesi arabi e l’India, quest’ultima più nelle vesti di alleato che di avversario. Sul lato europeo, conclude La Rocca, a dispetto dei problemi creati dall’allargamento della Nato, non ci sono molte difficoltà: si dovrebbe infatti provvedere ad un’integrazione russa nell’ambito euro-atlantico tramite gli strumenti del Consiglio Nato-Russia e della Partnership for Peace.

La parola è quindi passata a Maurizio Martellini, fisico nucleare e segretario del Landau Network-Centro Volta, grande esperto dei problemi della Russia legati al nucleare. Martellini ha ricordato che se nell’agosto del ’91, poche ore prima del golpe anti-Gorbacev, con l’arsenale atomico in massimo allarme sarebbe bastato un errore a scatenare un conflitto apocalittico, ugualmente oggi la Storia potrebbe ripetersi: infatti l’apparato nucleare russo è tuttora poderoso, con centri di produzione di materiale fissile e di assemblaggio delle testate sparsi in ogni angolo della federazione russa. Un suo eventuale smembramento sarebbe catastrofico. Infatti, se dopo la caduta dell’Urss si riuscì a mantenere l’arsenale nucleare nella sola Russia, fu solo grazie ad un forte potere centrale in grado di far valere le proprie decisioni: essendo oggi questo potere mancante, un’eventuale disgregazione della Federazione russa porterebbe ad una diaspora del materiale atomico con conseguenze inimmaginabili. Martellini termina il suo intervento ricordando che, crollati i sistemi politico e finanziario, l’unica struttura funzionante e funzionale in grado di portare la Russia fuori della crisi è quella scientifica, con scienziati preparatissimi ed un’Accademia capace di creare i quadri dirigenti della Russia futura.

L’ultimo intervento è stato quello di Vladimir Efimov, Ministro Consigliere dell’Ambasciata russa. Efimov ha ricordato che l’approccio americano ad affrontare i problemi della Russia è sicuramente diverso da quello europeo: infatti se negli Usa c’è qualcuno interessato ad avere la Russia in ginocchio, in Europa tutti vedono di buon occhio una Russia stabile e le sono vicini, non solo per affinità storico-culturali ma soprattutto per calcolo (infatti l’euro con la Russia tranquilla sarebbe sicuramente più forte sui mercati). Salvare la Russia dalla crisi è dunque compito dei suoi abitanti, ma l’aiuto esterno, in particolare quello europeo, è necessario per i russi (ma anche conveniente per l’Europa). Preoccupazione attuale è senz’altro costante fuga di materie prime, cervelli e capitali che sta minando anche la possibilità stessa di una ripresa. Riguardo questa "emorragia di risorse" Efimov ricorda la continua sparizione di materie prime dal territorio russo tramite canali illegali, vere e proprie "ditte-ricettatrici". Lo scenario si ripete riguardo i capitali: se sono svariati i miliardi investiti in Russia, sono certamente di più quelli che ne fuggono e, che una volta all’estero, divengono irrecuperabili per il governo di Mosca. Ultimo capitolo è la fuga dei cervelli: se è vero che molti scienziati sono disoccupati, è anche vero che molti hanno abbandonato la madrepatria e ben presto anche l’Accademia delle scienze (che, secondo Martellini, è l’ultima àncora del Paese) rischia di rimanere senza accademici. Ecco che, conclude Efimov, è sempre più necessario l’aiuto occidentale volto sia a colpire le radici finanziarie della criminalità e a verificare la provenienza dei materiali importati, sia ad impedire il venir meno di persone necessarie alla ricostruzione della Russia.

 


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