KOSOVO |
Incontro
organizzato da:
Limes Club Roma, Limes e Sioi
in Palazzetto Venezia - Piazza San
Marco, 51 - Roma
il 15 aprile 1999 - ore 17.30
Sono intervenuti:
Lucio Caracciolo - direttore di Limes
Armando Cossutta - presidente del Pdci
Marta Dassù - consigliere del Presidente del Consiglio
Piero Fassino - Ministro per il Commercio con lEstero
Giuliano Ferrara - direttore de "Il Foglio"
Umberto La Rocca - presidente della SIOI
Enrico Letta - Ministro per le Politiche Comunitarie
RELAZIONE
di Livio Zaccagnini
Il 15 aprile scorso il Limes Club Roma, in collaborazione con Limes e con la Sioi, ha organizzato un incontro pubblico per la presentazione del quaderno speciale "Kosovo, lItalia in guerra", presso la sede della Sioi a Roma. Dopo il saluto iniziale dellambasciatore Umberto La Rocca, presidente della Sioi, la parola è passata a Lucio Caracciolo, direttore di Limes, che ha ricordato le vaghe e fumose motivazioni addotte per iniziare il conflitto, con lidea prima di una guerra per riportare Milosevic a Rambouillet, poi per difendere i kosovari, ma più realisticamente per difendere la credibilità Nato. Vago è anche lobiettivo, che se dovesse essere il rientro dei profughi, è quantomeno irrealistico, visti i precedenti nellarea; sicuramente bisogna evitare che il conflitto non si espanda e che la Russia sia presente nel gioco della diplomazia. In ogni caso gravi saranno le conseguenze della crisi per lItalia: si verrà infatti a creare una sorta di mezzogiorno esterno, unarea appena oltre adriatico fonte di tensione e di instabilità il cui peso graverebbe essenzialmente sul nostro paese.
La parola è quindi passata ad Armando Cossutta, presidente del Pdci, che ha ricordato come un ritorno a Rambouillet sia impossibile visto che in quel negoziato si fece di tutto per avere il consenso dei kosovari ed il rifiuto dei serbi. Cossutta ha poi ricordato che le persecuzioni di milosevic sarebbero state di certo inferiori con lOsce non costretta ad abbandonare il campo per i bombardamenti, i quali, tra laltro, in mancanza di un obiettivo chiaro andrebbero sospesi ricordando anche la cultura alla resistenza e al combattimento dei serbi. Infatti una loro non immediata capitolazione obbligherebbe la Nato ad un intervento terrestre il cui sbocco potrebbe essere quello di una distruttiva e totale guerra europea; ecco perché il governo deve far sentire forte la propria voce, non dissociandosi dalla Nato, ma avendo un ruolo da questa distinto e chiedendo una forte ripresa negoziale e diplomatica.
Nel successivo intervento, Piero Fassino, Ministro per il commercio con lestero, ha posto laccento sul fatto che negli ultimi nove anni in Jugoslavia fosse stata dominante lidea che uno Stato potesse esser fondato solo sulla omogeneità etnica, un ragionamento che, se fatto proprio da altre realtà, provocherebbe un effetto domino di balcanizzazione fino a Vladivostok; si è quindi giustamente intervenuto in maniera radicale nella crisi kosovara, visti anche i danni che un approccio morbido aveva provocato nelle precedenti tragedie jugoslave e visto il costante diniego opposto da Milosevic non solo alle richieste Nato, ma anche a quelle più politicamente accettabili di Kofi Annan. Per una rapida e meno dispendiosa soluzione del conflitto saranno comunque necessari il coinvolgimente russo e soprattutto dellUe che nel lungo periodo sarà determinante alla pacificazione dei Balcani con politiche di sempre più stretta integrazione.
Per Giuliano Ferrara, direttore de Il Foglio, la guerra in Kosovo è figlia della distruzione degli equilibri europei causata dalla fine del mondo bipolare che ha provocato una mancanza di "governo" e quindi una sorta di anarchia politico-umanitaria nel vecchio continente; per colmare questa mancanza e per impedire che il modello di pulizia etnica risultasse lunico vincente nei Balcani è intervenuta la Nato, non come espressione imperialista di ununica superpotenza, ma come alleanza euro-atlantica volta a garantire la sicurezza e la stabilità politica in Europa. Ecco che quindi diviene impossibile una cessazione del conflitto senza il rispetto delle condizioni occidentali: sarebbe infatti un colpo mortale per la nato e la sua credibilità, e quindi lesiva per gli equilibri politici mondiali; un prezzo, questo, che nessuno nella comunità internazionale è disposto a pagare.
La parola è quindi passata al Ministro per le politiche comunitarie Enrico Letta che ha ricordato la necessità di questo forte intervento di natura militare: non si poteva infatti rimanere imbelli dopo che si era precedentemente permesso agli stessi protagonisti attuali di conservare indenni il proprio potere dopo avere compiuto scempio del diritto e della morale umana. È poi importante che lUe faccia il suo compito, assumendosi le proprie responasabilità non solo economiche, ma anche politiche in unarea cruciale per la propria sicurezza: lItalia deve essere quindi in prima fila nello spingere lEuropa ad agire in tal guisa. E proprio in riferimento alla situazione italiana si è ricordata la responsabiltà che tutto il Paese, maggioranza ed opposizione, ha maturamente dimostrato in questa tragedia.
Lultimo intervento è stato quello di Marta Dassù, consigliere del Presidente del Consiglio che ha sottolineato da parte Nato una certa mancanza di strategia, dimostrata sia nellabbandono del moderato Rugova nei mesi precedenti al conflitto sia nel considerare fino a poco tempo fa Milosevic larchitrave della stabilità balcanica; ma si è anche ricordata una certa immauturità di coloro che si scagliano contro lAlleanza atlantica. La Nato è infatti necessaria alla sicurezza globale e gode del consenso e della fiducia di ogni suo membro: va dunque non sciolta, ma ripensata nellottica del mondo attuale con lEuropa che deve cercare di contare di più aumentendo le proprie capacità tecnico-militari.