Incontro organizzato da:
Limes Club Roma, Limes e CeSPI 
in Palazzo Montecitorio - Piazza Montecitorio - Roma 
l'11 dicembre 2000 - ore 18.00

Sono intervenuti:

Luciano Violante - Presidente della Camera dei Deputati

Vojislav Kostunica - Presidente della Jugoslavia

Giuliano Amato - Presidente del Consiglio dei Ministri

Marta Dassù - direttore del Cespi

Lucio Caracciolo - direttore di Limes

 


 

RELAZIONE
di Francesca Barbara Scisciani

Il giorno 11 dicembre 2000 il Limes Club Roma, insieme a Limes ed al CeSPI ha organizzato una conferenza dal titolo "La Jugoslavia in Europa" presso la Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio.

L’incontro si è aperto con una breve introduzione del Presidente della Camera Luciano Violante, per poi passare la parola ai due “protagonisti” della Conferenza, ovvero Il Presidente del Consiglio italiano Giuliano Amato, ed il nuovo Presidente della Repubblica Federale di Jugoslavia Voijslav Kostunica.

Nel suo intervento il neo presidente jugoslavo ha sottolineato come, da sempre, tra Italia e Serbia vi siano dei forti legami che trovano la loro origine non solo negli scambi reciproci esistenti da tempo, ma anche da una comune idea di nazione. Questa idea è sintetizzabile nel concetto di nazione come un insieme di individui liberi e consapevoli di avere una cultura comune di fondo, che non si basa solo sulla comunanza di sangue.

Un concetto questo che potrebbe incontrare qualche critica, oserei dire più che fondata, se messo a confronto con quelle che sono state le azioni della Serbia negli ultimi dieci anni.

Ma, forse proprio per evitare obiezioni di questo tipo, Kostunica ha subito precisato come la Serbia oggi sia uscita da una tirannia durata 56 anni, una tirannia che è stata soprattutto interna. Il recente risultato elettorale che lo ha portato al potere, è stato da lui definito come un sollevamento popolare dovuto esclusivamente a motivi interni senza alcun tipo di intervento esterno. La sua vittoria elettorale è stata la conseguenza del rifiuto popolare della politica di Milosevic, da egli definito un falsificatore ed un traditore. Traditore degli interessi della patria e falsificatore di voti.

La Serbia uscita da queste elezioni è una Serbia europea, quella di Milosevic non lo era, ma la sfida inizia proprio ora. Kostunica ha apertamente detto che la nuova Serbia che lui rappresenta, ha in questo momento enormi possibilità di crescita, ma contemporaneamente si trova ad affrontare anche grandi pericoli.

Passando poi a parlare di quelli che sono i principali problemi ancora in cerca di soluzione nel panorama balcanico, il neopresidente jugoslavo si è chiaramente dichiarato contro ulteriori frantumazioni di ciò che resta della Repubblica Federale jugoslava: ciò significherebbe avviarsi verso un nuovo “feudalesimo” facendo vincere i gruppi terroristici. Di conseguenza le spinte indipendentiste che provengono dal Montenegro sono apertamente rifiutate. Ciò che Kostunica ritiene importante è il riscrivere la Costituzione Federale Jugoslavia in maniera tale da equilibrare ed "accontentare" le diverse realtà etniche e culturali che la formano. Per fare tutto ciò, è necessario cercare il dialogo sia con i montenegrini che con gli albanesi. Una affermazione del genere sembra riconoscere dunque che di albanesi disposti al dialogo e non solo all'uso della forza ve ne sono, ed è con questi che bisogna cercare un accordo. Eventuali tentativi volti ad umiliarli non farebbero altro che provocare un  nuovo Kosovo.

Contemporaneamente è apparso, in modo molto esplicito, il concetto che l’ipotesi di un Kosovo indipendente non sia minimamente presa in considerazione: la nuova Jugoslavia immaginata da Kostunica prevede uno Stato formato da Serbia e Montenegro, comprendente un  Kosovo territorio autonomo e con un suo autogoverno, ma non un Kosovo come Stato indipendente.

Le mete verso le quali Kostunica dice di volersi muovere restano comunque quelle scelte dagli elettori serbi, che dovranno essere decise dalle realtà locali interne. C'è stato solo un brevissimo cenno ai progetti americani per una nuova situazione balcanica, ma il nuovo Presidente ha lasciato intendere di non condividerli né di aver intenzione di partire da quelli. In breve molte cose ci sono da fare ma i serbi non le faranno dietro l'imposizione di qualcuno, soprattutto degli americani.

Se verso gli Stati Uniti non sembra esserci un grande feeling, l'atteggiamento verso l'Europa è ben diverso: il cammino della nuova federazione dovrà essere quello verso l’integrazione europea.

La nuova presidenza dichiara di accettare l'economia di mercato, riconosce la necessità di combattere le criminalità e l'illegalità che frenano lo sviluppo del nuovo stato, ma per quello che riguarda l'avvicinamento all'Unione Europea egli si dice sostanzialmente ottimista, ritenendo che ci sia una controparte favorevole a portare aventi questo discorso.

In effetti Giuliano Amato ha iniziato il suo intervento immediatamente dopo queste ultime affermazioni di Kostunica, affermando come l'Europa stia effettivamente aprendo alla Serbia, che come tutti gli altri Stati balcanici, caduto il comunismo ha iniziato una strada, che ora sembra giunta ad un punto di arrivo dal quale ricominciare.

Anche Giuliano Amato riprende la parte iniziale del discorso di Kostunica, relativa al concetto di nazione basata sulla cultura contrapposto a quello di nazione basata sul sangue e sulla razza. La prima ha come fondamenti valori come la democrazia, la dignità della persona, ed i limiti al potere, la seconda la lotta tra etnie e stati diversi. Forse l'Europa Occidentale, grazie al fatto che il primo dei due concetti era già ben radicato in Francia ed Inghilterra ha prima, e meglio, assimilato questo modo di pensare rispetto a quell'Europa Orientale che era diventata comunista alla fine della guerra. Il comunismo aveva nascosto tutto ciò, ma non lo aveva cancellato, crollato questo, il coperchio è saltato facendo esplodere quelle tensioni che hanno portato a dieci anni di guerre etniche nei Balcani.

La Croazia è stata il primo esempio di tutto ciò: è partita con scarsi valori democratici, ma lì, prima che in Serbia, l'opposizione interna è riuscita a far nascere una nuova coscienza ed una nuova classe dirigente che le hanno permesso di uscire presto da una deriva nazionalista, fatta anche di guerra. Lì si è riusciti, in tempi più brevi, a spostare la politica  su un piano di valori diversi, ovvero quello della ricerca di una pace non violenta. Oggi questo è successo anche in Serbia, ed è accaduto perché evidentemente queste potenzialità c'erano, bisognava solo farle emergere. Amato dunque vede la "Rivoluzione" serba come una riconquista da parte di una nazione della sua dignità e della sua libertà.

Giuliano Amato ha poi ricordato quando, una settimana dopo la vittoria di Kostunica, si è recato a Belgrado, e di come i suoi nuovi interlocutori abbiano voluto subito parlare del futuro tralasciando ogni discorso relativo alla guerra finita da poco più di un anno.

L'Italia è oggi, insieme alla Germania, il primo partner economico della Serbia ed ha una finalità: favorire la stabilità economica della regione in modo da favorire la costruzione di una nuova democrazia.

Va ricordato come peraltro Giuliano Amato all'alba del giorno della conferenza di cui stiamo parlando fosse ancora a Nizza impegnato in uno dei vertici europei, se non più difficili certamente tra i più faticosi. E proprio riferendosi ai lavori appena conclusi a Nizza, Amato dichiarava come questi siano da interpretare come il primo passo con il quale l'Unione Europea ha iniziato a risolvere i suoi problemi interni, per poter poi fattivamente aprirsi agli altri paesi del continente.

In pratica Giuliano Amato confermava l'impressione di Kostunica di una Unione Europea che non respinge, ma anzi vuole favorire il percorso della Serbia verso di essa.

Terminati i due interventi è stato lasciato un breve spazio a domande dei presenti. La prima domanda era di Marta Dassù, direttrice del CeSPI, la quale chiedeva più in dettaglio all'ospite serbo quale fosse il futuro assetto costituzionale al quale pensava per la nuova Federazione Jugoslava. Kostunica rispondeva facendo presente che è necessario modificare sia la costituzione federale fatta da Milosevic, sia quella della Repubblica Serba. Entrambe erano state fatte quando la federazione comprendeva sei Stati e non solo due. Kostunica comunque rifiuta la visione montenegrina di accordi bilaterali, che in pratica disconoscerebbero l'esistenza di un'unica federazione, ma ha apertamente detto che la nuova Costituzione federale debba essere approvata da entrambe le entità statali che andrebbero a comporre il nuovo stato.

Tutto ciò in quanto i due Stati sono strettamente legati tra loro, nonostante uno dei due, il Montenegro, sia una entità molto più piccola della Serbia, ma contemporaneamente non sono realtà scindibili anche in ragione del fatto che molti cittadini di etnia montenegrina vivono nel territorio della repubblica serba.

Kostunica si dichiara ottimista sul fatto che una soluzione a questo contrasto sia raggiungibile tramite la via costituzionale.

La seconda domanda riguardava il valore della formazione, soprattutto dei giovani, cosa che il neopresidente serbo ritiene molto importante, perché è proprio dai giovani che sono partite quelle spinte al cambiamento, che unite alla maggiore esperienza degli adulti hanno permesso ai Serbi di liberarsi di Slobodan Milosevic.

Infine la terza domanda riguardava quali priorità la Serbia intende avere nelle relazioni con gli altri Stati balcanici. La risposta di Kostunica ha indicato come priorità assoluta la soluzione dei problemi interni della federazione, ovvero la nuova costituzione ed i rapporti con il Montenegro, ed il problema del futuro del Kosovo, il che vuol dire i rapporti con gli Albanesi. Dopo di ciò le attenzioni di politica estera si rivolgeranno a tutti gli altri Stati balcanici, in ugual misura, ma principalmente con una maggiore attenzione verso quei paesi dove il problema dei profughi deve ancora trovare una soluzione.

Cercando di fare un breve commento a quanto ascoltato si può dire che in pratica i due relatori non hanno fatto nulla di diverso se non illustrare quelle che sono le posizioni ufficiali dei governi da loro guidati, ma ciò non toglie che sia stato indubbiamente interessante sentirlo direttamente da coloro i quali ne sono protagonisti in prima persona.

Se si vuole tentare di sintetizzare tutto quanto ascoltato si può dire che, nonostante non sembra avere alcuna intenzione di permettere che la federazione jugoslava si riduca ulteriormente o scompaia del tutto, il neo presidente Kostunica non vuole portare avanti questo discorso con l'uso della forza, ma piuttosto con gli strumenti che dovrebbero essere quelli tipici di una democrazia di stampo occidentale, che è poi quello in cui vuole trasformare la Serbia che gli ha dato fiducia. Tutto ciò pur essendo ben conscio delle difficoltà da affrontare.

L'Italia da parte sua sembra essere l'interlocutore privilegiato per avere il sostegno europeo, ricercato molto più di quello americano. Ruolo che l'Italia, da parte sua, non disdegna affatto.

In breve i serbi hanno dato fiducia a quest'uomo (e le recenti elezioni amministrative lo hanno confermato), l'Italia e il resto dell'Unione Europea sembra abbiano deciso altrettanto.

C'è solo un punto che non è stato toccato da nessuno, probabilmente perché è il punto più critico per quanto riguarda i rapporti tra Serbia e mondo occidentale: la Serbia e Kostunica al quale l'Europa ha dato, e sta dando, fiducia devono in qualche modo fare i conti con il loro recente passato e con Milosevic che di quel passato è il simbolo. Il tribunale Internazionale dell'Aja vorrebbe processarlo, in Serbia non sembrano essere dello stesso parere, al massimo si propone, ma senza troppa enfasi, di processarlo in patria. Nel frattempo Slobodan Milosevic, ma anche tutti coloro che erano al potere con lui vivono da liberi cittadini, raccogliendo peraltro anche una discreta percentuale di voti alle recenti elezioni. In un'altra recente conferenza organizzata da Limes (“I Balcani senza Miloševic” tenutasi a Roma il 29 novembre presso la John Cabot University), da parte albanese era emersa "l'accusa" che nei fatti, tranne il nome del Presidente federale nulla era cambiato. Questa posizione è probabilmente esagerata e dettata dalle convenienze albanesi, anche perché cambiamenti significativi richiedono tempo, ma si tratta pur sempre di una osservazione che forse sarebbe bene tenere a mente.

 


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