OPUSCOLO INFORMATIVO SULLE ATTIVITA' DEL CLUB

NUMERO 3/1999

LA SINDROME DI KOSOVO POLJE di Domenico Catera

IL DOPOGUERRA IN KOSOVO di Francesca Barbara Scisciani

LA RISPOSTA DEL LIMES CLUB ROMA di Livio Zaccagnini

INTERNET E GLI ITALIANI di Domenico Catera

LA SINDROME DI KOSOVO POLJE

Capire come i serbi percepiscono quest'aggressione da parte della NATO vuole dire conoscere e capire cosa rappresenta per un serbo la sindrome di "Kosovo Polje" o sindrome della "sconfitta".

di Domenico Catera

ATTUALITÀ

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I Serbi sono una tribù di stirpe slava che all'inizio del sec. VII d. C. si stanziò nei territori che oggi costituiscono la Serbia. Assoggettati nel sec. X d. C. dai Bulgari, i Serbi riconobbero la supremazia di Bisanzio, finche non divennero indipendenti verso l'anno Mille. Ed è proprio da questa indipendenza, che la società serba, che ne nacque, fu una società caratterizzata da un centralismo di tipo militare. Conquistata dai Turchi dopo la famosa battaglia di "Kosovo Polje" del 1389, battaglia che diede inizio ad una poetica epica; infatti, il ciclo del Kosovo racconta gli avvenimenti accaduti nel giorno di San Vito (28 giugno 1389) in ogni dettaglio, narrando di una serie di figure a metà tra storia e mito e col trascorrere del tempo queste figure sono diventate i veri archetipi dell'immaginario collettivo serbo.
Tutto ciò accentuato dal fatto che la Serbia rimase sotto il giogo Turco per secoli fin quando nel 1878, col Congresso di Berlino, non fu concessa l'indipendenza al nascente Stato serbo. Il lungo dominio Turco ha permeato e condizionato la cultura e la mentalità serba, fondendoli in un corpo unico, che ha permesso loro di realizzare un vero proprio risorgimento il quale li ha condotti a combattere una lunga serie di guerre balcaniche culminate con la prima guerra mondiale. Con il crollo dell'Impero Austro-Ungharico la Serbia corona la vecchia ambizione di riunire sotto il suo regno tutti gli "slavi del sud"; nasce così il Regno serbo-croato-sloveno. Crollerà nel 1941 sotto le bombe dell'aviazione nazista e, la Serbia ritornerà ad essere di nuovo un piccolo Stato soggetto alla volontà del grande Reich Tedesco. La frantumazione della Jugoslavia e la relativa mutilazione territoriale della Serbia, messa in opera dalle potenze dell'Asse, cui seguirono le persecuzioni della popolazione serba della Slavonia e delle Krajne da parte degli Ustascia croati di A. Pavelic risvegliarono nel popolo serbo la sindrome di "Kosovo Polje".
Terminata la II Guerra Mondiale, la Serbia entra a far parte della Federazione creata da Tito, che per ridurne l'influenza all'interno della nascente Federazione, dota di ampia autonomia le regioni serbe del Kosovo a sud e della Vojvodina a nord.Col trascorrere del tempo s'insinua nella coscienza nazionale serba il tarlo secondo cui il popolo serbo sarebbe oggetto di continue ingiustizie e prepotenze, le quali trovano riscontro in un Memorandum dell'Accademia Serba delle scienze e delle arti, documento che iniziò a circolare negli ambienti accademici nel 1986. Il discorso tenuto da Milosevic a Kosovo Polje nel seicentesimo anniversario della sconfitta è frutto di quel documento. Questa è una breve storia della Serbia e dei serbi, popolo sempre sconfitto e mai sottomesso. Popolo che sembra di ricercare le sconfitte, perché proprio in esse ritrova la prova della propria esistenza.

IL DOPOGUERRA IN KOSOVO

7 luglio 1999: altre considerazioni sulla conferenza organizzata dal Limes Club Roma

di Francesca Barbara Scisciani

ATTUALITÀ

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Il tema trattato dalla Conferenza era certamente un tema attuale, in grado di attirare l'attenzione anche da parte di coloro i quali normalmente non si interessano in modo specifico di politica e relazioni internazionali. Ed in effetti la collocazione della conferenza nell'ambito di una manifestazione estiva ed all'aperto ha probabilmente fatto sì che ad essa abbia assistito una discreta quantità di persone, che probabilmente sarebbe stato più difficile riunire in un altra sede più "formale".
Gli interventi che vi sono stati, a mio parere, non hanno in effetti detto nulla che un "addetto ai lavori" (1) non sapesse già, ma hanno comunque ben fatto capire alcuni punti che vanno oltre le parole effettivamente pronunciate.
Prima di tutto è apparso abbastanza evidente come tra i presenti il tono dell'intervento variasse a seconda del loro ruolo:
"il giornalista" e "l'operatore umanitario" pur se con accenti diversi potevano liberamente denunciare, e così hanno fatto, la devastazione sulle persone lasciata da questa guerra, a qualunque parte appartenessero queste persone.
La stessa cosa non potevano fare i "politici" presenti (per politici intendo sia il sen. Migone che il Presidente Rugova che l'ambasciatore Lekic). Nell'intervento di ognuno di loro è sembrato di percepire un desiderio di riuscire in qualche modo a riallacciare un dialogo, e di provare a ricucire tutto ciò che quello che è accaduto in Kosovo ha distrutto. Ma contemporaneamente i protagonisti in questione sono apparsi ben decisi a non accollarsi di fronte a quello che era e resta il loro rispettivo nemico, nessuna responsabilità esclusiva di ciò che è successo.
Il sen. Migone ha ribadito quella che è stata la posizione politica prevalente in Italia sul conflitto, ammettendo che in effetti esistono altre situazioni simili per le quali non si è fatto, o non si fa, lo stesso con la stessa determinazione, e citando al riguardo il caso Ocalan. Citazione quasi "coraggiosa", ma che nella piazza ha fatto mormorare più di un presente che si chiedeva: "se riconoscete anche che la situazione è identica, perché la vostra reazione non lo è?".
Il Presidente Rugova ha fatto un intervento assolutamente da "Capo di Stato", di tutto il popolo kosovaro, ringraziando tutti coloro che avevano aiutato personalmente sia lui che la sua etnia. Rugova ha parlato come leader di una nazione indipendente, della quale ha il pieno controllo, e che si dice assolutamente disposta ad accettare la convivenza con i serbi kosovari.
Nessun accenno alla situazione reale di questi giorni in Kosovo, né al ruolo che si sta ritagliando l'UCK, principale nemico interno di Rugova
L'ambasciatore Lekic, apparentemente non previsto come relatore, e presente tra il pubblico a titolo personale, una volta invitato a parlare ha, ovviamente, parlato da ambasciatore in veste ufficiale. Anche il suo intervento è stato un invito al dialogo tra serbi e kosovari insieme all'invito a ricordare che i serbi bombardati non hanno nessuna "missione arcobaleno" ad aiutarli. Contemporaneamente ha però tenuto a sottolineare come sia per la costituzione federale yugoslava, che per gli attuali accordi di pace il Kosovo ancora non sia una nazione indipendente.
Nei fatti i "politici" Rugova e Lekic hanno ribadito la loro posizione ufficiale, senza alcuna concessione l'uno all'altro, anche se senza alcun attacco diretto. Tra i due è apparso decisamente in posizione di forza Ibrahim Rugova, e stante la situazione attuale sul campo non poteva che essere così.
A ulteriore testimonianza degli attuali rapporti di forza è bene notare come alla fine del dibattito Lekic sia andato a cercare Rugova per stringergli la mano, mentre non è avvenuto il contrario. Se Lekic fosse stato veramente presente in Piazza Santa Maria in Trastevere senza che la cosa fosse stata programmata, la cosa non avrebbe dovuto essere stata particolarmente gradita a Belgrado, dato che il suo ambasciatore ne è uscito abbastanza umiliato.
Non vi sono elementi concreti per dimostrarlo, ma molti elementi lasciano presupporre che la presenza di Lekic fosse stata concordata in precedenza e che lo stesso Rugova ne fosse informato. Riunire ufficialmente allo stesso tavolo, a meno di uno mese dalla fine dei bombardamenti, Rugova ed un rappresentante del governo di Milosevic, considerando anche la difficile situazione di Rugova nei confronti dell'UCK, era probabilmente improponibile.
Farli trovare apparentemente per caso su di un palco di una manifestazione culturale è meno impegnativo.
E' possibile che Belgrado stia in qualche modo cercando di riallacciare il dialogo sia con l'Occidente che con Rugova stesso (interlocutore kosovaro con il quale può trattare sempre più che con l'UCK), e che la presenza dell'ambasciatore Lekic rientri in questo contesto.
In verità di accenni di dialogo non se ne sono visti molti, anche perché Rugova ha subito lasciato la Piazza debitamente scortato, mentre Lekic è rimasto a dialogare con persone presenti in piazza (ma la guardia del corpo la aveva anche lui).
Il dialogo sembra dunque ancora assente o comunque molto debole, ma non vi è nulla di male ad augurarsi che l'altra sera si sia assistito ad un primo piccolissimo passo, al quale, se così fosse, avrebbero contribuito anche la rivista Limes ed il Limes Club Roma.

(1) mi inserisco tra gli "addetti ai lavori" in quanto non solo mi interesso a titolo personale di certe tematiche, ma anche perché (pur se per vivere mi occupo d'altro) ho sempre una laurea in Scienze Politiche indirizzo Politico Internazionale ed una specializzazione in Economia e Diritto delle Comunità Europee con tesi sul futuro della NATO dopo la fine della guerra fredda.

    

Risposta dal Limes Club
Per quel che ci è dato di sapere, e secondo anche la rivista Limes, che con noi è stata organizzatrice dell'incontro del 7 luglio, Lekic è intervenuto realmente a sorpresa: la sua presenza non era infatti nota agli organizzatori. Se avesse personalmente comunicato a Rugova l'intenzione di partecipare, questo non possiamo saperlo.

Livio Zaccagnini
Coordinatore del Limes Club Roma

INTERNET E GLI ITALIANI

Che cosa è Internet? Come è nata? Che rapporto hanno gli Italiani con Internet.

di Domenico Catera

SOCIETÀ

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Internet è una maniera per comunicare fra computer sparsi in ogni angolo del mondo, che siano in qualche modo collegati gli uni agli altri (in rete), direttamente o tramite i cosiddetti provider ( o fornitori di accesso ) che fungono da ponti. Internet nasce nel 1969 da un progetto del ministero della difesa degli Stati Uniti, con lo scopo di creare un sistema di comunicazione che fosse in grado di assicurare lo scambio d'informazioni tra i vari enti governativi e militari degli USA; anche nel caso in cui una guerra atomica avesse inflitto gravi danni materiali e tecnici al sistema, ed è pertanto il mezzo di comunicazione più efficiente esistente al mondo. La caratteristica di questo sistema e' quella di poter funzionare con ogni tipo di computer. Il suo nome originario era DARPANET, dal nome dell'agenzia governativa incaricata del progetto (la DARPA, Defense Advanced Research Projects Agency), e poi divenne ARPANET. Soltanto nel 1983 cominciò ad essere utilizzato il termine Internet, e nel frattempo il sistema si era ulteriormente evoluto con l'aggiunta d'altri servizi come la posta elettronica ed altro ancora. Con il 1990 nasce Internet come la conosciamo oggi, una rete di computer non più monopolio dei militari, ma aperta al pubblico comune, formato da studenti, casalinghe, artisti, musicisti i quali desiderano solo comunicare in maniera innovativa. L'affermazione di una rete mondiale di comunicazione come Internet ha portato è porterà con sé una serie d'innovazioni che rivoluzioneranno anche il mondo del commercio e del rapporto tra dimensione industriale e mercato: una piccola impresa o un solo professionista può pubblicizzare la propria attività nel mondo a costi bassissimi. Un chiaro esempio ci può essere fornito dai mercati finanziari i quali sembrano puntare molto sui titoli azionari legati al business digitale. E infine, dato che la rete non è soggetta al controllo di nessun'autorità, porrà delle problematiche sia politiche sia morali, ma nonostante questo la sua diffusione procede in modo inesorabile ed inarrestabile, infatti, alla fine del 1998 il numero di utenti mondiali di Internet ha raggiunto la cifra di 147,8 milioni. I Paesi più connessi in assoluto sono: l'Islanda con un 32%, seguita dalla Finlandia con un 30% circa. Nella corsa al ciberspazio i paesi del Nord Europa hanno superato gli USA. In Italia tutto questo è roba da fantascienza, infatti, nel nostro paese la percentuale di connessioni non supera la soglia del 4%. Secondo uno studio della fondazione Einaudi l'Italia risulta penultima al mondo per quanto riguarda la spesa per tecnologia dell'informazione e, non vi sono segnali che annuncino un ribaltamento di questo trend negativo. L'edizione di quest'anno del rapporto dell'Assinform sul mercato dell'ITC (informazione, tecnologia e comunicazione), fornisce un quadro molto esauriente ed interessante della diffusione e conoscenza di Internet nel nostro Paese. Dai dati disponibili per il 1998 emerge che gli italiani sono diventati più consapevoli delle possibilità offerte da Internet e, la percentuale delle persone che sanno che cosa è Internet e cresciuta del 23%, passando dal 73,7% al 91%, mentre è quasi raddoppiato il numero di persone che abbiano navigato almeno una volta (7,9%), anche se siamo ben lontano dalle medie europee e mondiali. Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle connessioni alla rete, la parte del leone è fatta dal Nord Ovest, con la Lombardia in testa, seguita dal Nord Est, dal Sud e dalle isole, dove Calabria e la Sicilia sono le regioni trainanti del mercato, mentre quelle centrali, escluse le Marche, sono il fanalino di coda. Lo stesso rapporto ci informa anche che gli utenti italiani della rete stanno prendendo confidenza con il commercio elettronico (e-commerce), infatti, la percentuale di coloro che hanno effettuato un acquisto online o hanno usufruito di un servizio offerto dalla rete è circa del 32%, su un totale di 1497000 di utenti abituali, ma nonostante questo i numeri del commercio elettronico in Italia sono ancora bassi, nel 1998 il giro di affari è stato di circa 800 miliardi, ma appena 310 miliardi sono stati realizzati da siti made in Italy, mentre oltre il 60% del fatturato è stato realizzato da operatori esteri (in particolare USA) che hanno messo una forte ipoteca su Internet sul suo sviluppo futuro. Dalle analisi condotte su un campione di 300 imprese italiane legate al business online ( definito come una transizione che inizia e termina su Internet ) è emerso che il ritardo italiano nel commercio elettronico non è solo dovuto alla scarsa diffusione di Internet, ma è anche dovuto alla carenza in alcune aree strategiche come la sicurezza in rete, il sistema di relazione con i clienti e la logistica.

 


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