OPUSCOLO INFORMATIVO SULLE ATTIVITA' DEL CLUB |
NUMERO 2/2001 |
DALLA MIOPIA BALCANICA ALL'ANTI-HUNTINGTON di Roberto Stocchetti
L'ANNO PROSSIMO A GERUSALEMME! di Paolo Santoro
L'ANNO PROSSIMO A ROMA. di Livio Zaccagnini
Dalla miopia balcanica all’anti-Huntington
Brevi considerazioni sulle premesse e sui contenuti del conflitto in Macedonia
di Roberto Stocchetti
Attualità |
Se vi è un luogo ove la teoria geopolitica dello “scontro delle civiltà” di Huntington ha trovato una puntuale, tragica conferma quella è la ex Jugoslavia.
L’odierno conflitto macedone non è che una logica prosecuzione di quello kosovaro. L’Uçk (risorto dalle sue ceneri come l’Araba Fenice) torna nuovamente sul piede di guerra per realizzare il progetto di panalbania.
Ieri Pristina, oggi Tetovo.
Ed è ben difficile, sul piano politico, per l’occidente dare un freno a quei guerriglieri che fino a ieri erano stati, con miope politica, sostenuti, armati, addestrati e che oggi divengono una variabile impazzita. L’improvvida determinazione di sostenere un nazionalismo (l’albanese) contro un altro (il serbo) non poteva che essere foriero degli avvenimenti odierni.
Un pacificatore avrebbe dovuto piuttosto far intendere alle parti in conflitto che nell’Europa del 2000 non c’è spazio per alcun tipo di intolleranza e che in uno stesso Stato possono ben coesistere differenti componenti etniche e religiose, sempre a patto che l’una non prevalga sull’altra.
È quanto mai urgente che si tracci una linea di demarcazione che veda da un lato lo Stato e dall’altra le culture di appartenenza. L’idea di dare un nazione ad ogni popolo, nata nel 1918 con i “14 Punti” di Wilson si è rivelata un frutto avvelenato che non può che cagionare grandi e piccoli egoismi e conflitti.
Sradicare il concetto di unità fra etnia, cultura e Stato è il più grande compito dell’Europa del XXI secolo, creare una civiltà di tolleranza ove una moschea possa sorgere al fianco di una chiesa cattolica o di una sinagoga; una effettiva casa comune di differenti etnie, religioni, culture.
Una battaglia, si badi, da combattere non solo tra le montagne della Macedonia ma anche nel nostro “Belpaese”, contro gli intolleranti di casa nostra.
L’ANNO PROSSIMO A GERUSALEMME!
Una nuova sede per la Santa Sede
di
Paolo Santoro
GEOPOLITICA DI DIO 1 |
La gerarchia americana l’aveva chiesto con la massima segretezza, ma anche con la massima energia : il trasferimento della Santa Sede da Roma a Gerusalemme, un passo inconcepibile, ma necessario al fine di evitare una nuova guerra arabo-isrealiana e nel nome di un ritorno alla difesa dei valori morali e religiosi, supportati anche dalla nuova amministrazione Bush.
Ciò avrebbe anche permesso la tanta auspicata deromanizzazione del Vaticano, più volte chiesta dai cattolici americani, i più forti contribuenti in linea finanziaria, ma i più negletti da certe tendenze socialistaggianti della curia italiana.
Padre Avery Dulles dovrà però incassare la sconfitta, anche se ha ottenuto la porpora cardinalizia; il nuovo Concistoro conterà su numeri tali che un’alleanza tra gran parte degli elettori italiani, uniti ai super forti elettori latinoamericani e a quelli africani, forse un po’ delusi, ma dipendenti dagli aiuti centrali, dovrebbe portare all’elevazione del Soglio di un Pontefice di sinistra, magari proprio quel Cardinal Martini, arcivescovo di Milano e gesuita, campione della dottrina sociale della Chiesa.
Un ritorno ad una fase prewoitiliana e, per giunta, con il dissenso di una componente episcopale italiana che vede nel Cardinale di Bologna, Biffi, e nel Vescovo di Como, Maggiolini, le punte di un’insoffrenza anti-islamica e forse conservatrice, che si vedrebbe rafforzata da un allontanamento vaticano. Ma la curia romana non intende lasciare Roma e l’Italia, forse perché teme anche un cattolicesimo italiano più indipendente.
(non col punto esclamativo)
di Livio Zaccagnini
GEOPOLITICA DI DIO 2 |
Eh no, altro che Gerusalemme! La Chiesa rimane a Roma e ci rimarrà per secoli. Un romano come me, seppur non di generazioni né di nobiltà nera, non potrebbe sopportare una Roma senza il papa, né credo ci potrebbe essere un papa senza Roma. Ce ne sono stati alcuni, ai tempi di Cola, ma erano ben poca cosa; fecero giusto qualche collezione canonica, ma niente più. Altro che Gregorio VII; altro che Bonifacio VIII, oppure Giulio II. Appiattiti sul trono francese. E poi perché crediamo che la Santa Sede a Gerusalemme sminuirebbe i conflitti della regione? Anzi, credo che li acuirebbe. Se Salomone (siamo in tema) avesse affidato il famoso neonato da tagliare a metà ad un terzo, sia la madre falsa che quella vera si sarebbero eufemisticamente irritate; o no? E a Gerusalemme le madri sono tutte e due vere! E poi lì c’è il muro del pianto e la moschea di Omar; che i cattolici se ne vadano a pregare sulla tomba di Pietro, che qui è roba nostra: questo penserebbero gli ebrei e gli arabi. Non bisogna poi scordare il precedente storico. Credo che quando si parla di cambiamenti epocali così profondi in un’istituzione che ha duemila anni (cribbio, è nata quando regnava Tiberio, si parlava latino ed il vino si beveva con il miele!) anche il precedente della Cattività Avignonese o quello delle Crociate vada considerato. Brutti precedenti ambedue! Lo so, lo so, roba da archeologia, dopo tutto è successo tra i mille e settecento anni fa; da allora lo scenario è un po’ cambiato. Ma, ripeto, la Chiesa di anni ne ha più del doppio sulle spalle, e la sua storia va vista non nel breve, ma nel lungo, anzi lunghissimo, periodo (esempio: la creazione del Sacro Romano Impero e la seguente distruzione; dal 700 al 1300: seicento anni di Storia).
Poi se il prossimo papa sarà di destra o di sinistra non so davvero. Credo però sarà un papa di transizione; il "Woitilaccio", come direbbe Benigni, ha personalizzato la Chiesa un po’ troppo, e ricordare al mondo che la Chiesa non è un singolo uomo sarebbe utile (ma poi la storia della Chiesa, escluso il fondatore, è una Storia di singoli papi, non scordiamolo). Certo potrebbe essere una transizione poco vellutata come fu quella del buon Roncalli, ma ricordiamo sempre che la Chiesa sopravvive; lo fa dai tempi di Attila (e già ne aveva di storia alle spalle). Io sinceramente preferirei avere un papa romano e aristocratico, come fu Pio XII, che ebbe il coraggio di sporcarsi l’abito bianco con il sangue dopo i bombardamenti di San Lorenzo. Un Defensor civitatis! Ma il papa è sempre Defensor civitatis quando il potere civile si fa da parte (vedi Leone Magno: era di destra o di sinistra? Pio IX è assiso al Soglio da sinistra e ne è disceso a destra! Attenzione!). Oppure vorrei un papa col faccione buono che ispiri tenerezza solo a guardarlo come l’ottimo Giovanni XXIII, per me è uguale. Dice, ma uno è di destra, l’altro è di sinistra! Embè, dico io, che cambia? In fondo sono capitati ambedue al momento giusto. Il primo a lottare contro le atee dittature, il secondo ad aprirsi ad un mondo nuovo. Quando verranno studiati, fra un duecento anni, saranno visti come ottimi papi ambedue. Fosse che fosse che li ha scelti veramente lo Spirito Santo? Io credo che Lui sceglierà bene anche il prossimo papa. E se lo sceglierà male (se sto bestemmiando che il Signore mi perdoni!) e il papa non regnerà bene, pazienza; il seguente sarà migliore; perché a Roma diciamo che morto un papa se ne fa sempre un altro. A Roma, non a Gerusalemme.