OPUSCOLO INFORMATIVO SULLE ATTIVITA' DEL CLUB

NUMERO 1/1999

LA RIFORMA DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU di Domenico Catera

A CHE SERVE BORDER di Paolo Santoro

LA MORTE RISOLVE OGNI PROBLEMA... VIA L'UOMO, VIA IL PROBLEMA. di Livio Zaccagnini

LA RIFORMA DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL’ONU

Bloccata la riforma voluta dagli Usa. Accolti i principi d'una mozione presentata dall’Italia assieme ad altri paesi non allineati.

di Domenico Catera

Attualità

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ONU, sigla dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, è stata istituita nel 1945 con sede a New York; il suo scopo è il mantenimento della pace, la cooperazione economica e sociale tra i popoli. Comprende vari organi, di cui principali sono:
- l’Assemblea Generale degli Stati membri
- il Consiglio di Sicurezza, composto di 15 membri, di cui cinque permanenti (USA, Russia, Cina, Francia e Regno Unito) con diritto veto e 10 elettivi con durata biennale.
Essendo stato creato oltre mezzo secolo fa, in una situazione geopolitica particolare, che ora non esiste più, sta dimostrando tutte le sue limitazioni nell'affrontare le crisi che nascono sempre più di frequente nel mondo; da qui la necessità di riformarlo, riforma che passa naturalmente dal suo organo principe, vale a dire il Consiglio di Sicurezza.
Riforma che ha visto la nascita di due fazioni, una capeggiata dall’Italia, che comprende molti Paesi non allineati denominata ironicamente "coffee club" e l’altra guidata dagli USA, che annovera tra le sue fila paesi come Germania e Giappone, i quali saranno i principali beneficiari di un eventuale allargamento del Consiglio.
Da qui è nata una battaglia diplomatica, tesa a far passare la riforma USA, ma con un capolavoro d’abilità procedurale sostenuto da un lavoro di lobbing senza precedenti, la nostra diplomazia, è riuscita, per il momento a bloccarla.
L’Assemblea Generale ha adottato per consenso una risoluzione presentata dal nostro Paese, la quale stabilisce un principio fondamentale per le sorti dell’Italia all’ONU, contrariamente a quanto richiesto da USA, Germania e Giappone, cioè che <<Nessuna risoluzione o decisione>> sulla riforma del Consiglio di Sicurezza potrà essere approvata senza il voto affermativo di almeno due terzi dei paesi membri e non di quello dei due terzi dei paesi presenti. Il motivo è che, con la maggioranza dei peasi, la troyka composta da USA, Germania e Giappone non raggiungerebbe mai i 124 voti necessari; nel modo respinto si può giocare sul "fattore gabinetto", sul fatto cioè che al momento del voto chi non vuole inimicarsi gli USA, si assentano.
Con questa norma, è stata sbarrata la strada a chi come gli USA cercava una procedura ed una maggioranza meno qualificata per fare in modo che i Paesi come Germania e Giappone divenissero anche loro membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, escludendo in questo modo Roma ed altre importanti capitali dalla stanza dei bottoni del Palazzo di Vetro, che vi entrerebbero invece se fosse accolta la riforma sostenuta dal nostro Paese e da quei paesi che formano il cosiddetto "coffee club". Riforma che si basa sul sistema a rotazione semipermanente.
Dopo innumerevoli sedute di voto durante le quali era emersa una spaccatura in aula, il presidente dell’Assemblea è intervenuto proponendo alle due parti la rinuncia alle rispettive risoluzioni e facendo propria la posizione che appariva vincente, vale a dire quella italiana: infatti la risoluzione sostenuta dai Paesi del "coffee club" è stata votata da un gran numero di Paesi.<<Con questa vittoria abbiamo raggiunto tre obiettivi ha spiegato il nostro ambasciatore Paolo Fulci – abbiamo spianato la strada al varo di un seggio europeo in Consiglio di Sicurezza, evitando che l’Italia venisse retrocessa in serie B (cioè, che non poter entrare a far parte di quei Paesi che hanno un seggio permanente in seno al Consiglio di Sicurezza) e che l’Assemblea venisse delegittimata>>.

A CHE SERVE BORDER

Una gradita lettera di un nostro Amico del liMes Club Milano.

di Paolo Santoro

LETTERE

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 A Border non si lavora, si discute di politica, anzi di geopolitica! Grazie agli amici di Roma abbiamo la possibilità di scambiarci, tra club, le opinioni correnti, tra noi non professionisti, sui temi internazionali che stanno interessando ed influenzando in modo crescente la politica italiana. Non credo che Border voglia essere la sorella minore di liMes, cioè una rivista alla buona, che tratti con minore approfondimento e rigore scientifico i temi che poi appariranno sulla rivista di Caracciolo, ovvero che prosegua la discussione dove liMes si è fermata.
Piuttosto penso che possa essere un laboratorio che analizzi i riflessi, non solo sul Paese, ma anche sulla regione e perfino sulla città dei grandi temi oggetto della rivista: penso all’immigrazione, alla integrazione sociale ed alla politica multiculturale, che certamente discendono dai grandi flussi geopolitici, ma che tutti viviamo quotidianamente. Penso anche alle scelte di risparmio che ognuno di noi è chiamato a fare in un panorama di euro, dollari, rubli, molto diverso da quello al quale siamo abituati, ma che, nel nostro piccolo, rappresenta uno spaccato di geoeconomia. Penso soprattutto ai problemi di trovare lavoro o di cambiarlo, ai movimenti di noi persone fisiche ed alle scelte professionali.
Quest’ultimo punto rappresenta bene anche la seconda (o forse prima) funzione di Border, quella del foglio di servizio. Il bollettino che non solo ci dà gli appuntamenti o i resoconti dei dibattiti, ma che ci mette in comunicazione con altri ambienti, magari non strettamente legati alla geopolitica, ma che la potrebbero scoprire, almeno nel senso di costatare quanto influisca sulla vita della comunità. Insomma i dibattiti tra gli addetti ai lavori, con qualche Ministro e qualche Ambasciatore soddisfano i cultori di questa scienza, ma non aiutano a vendere di più.
Ovvio che la funzione commerciale è già ben presidiata e non ci riguarda, tuttavia una maggiore diffusione è auspicata, penso, da tutti noi di liMes e farla conoscere agli studenti di lingue o ai piccoli imprenditori dei Rotary o anche alle associazioni di volontariato potrebbe essere un compito non sgradito all’Editore, ma anche con una valenza culturale non trascurabile. Il filo diretto, poi, tra tutti i clubs, può darsi, dico può darsi, che ci guadagni il sorriso e la considerazione di Benedetta Rizzo, nostra santa protettrice!

LA MORTE RISOLVE OGNI PROBLEMA… VIA L’UOMO, VIA IL PROBLEMA.

Consigliamo ai cattivisti questi tre bellissimi film: "Riccardo III", "La seconda guerra civile americana", "Mars attacks!".

di Livio Zaccagnini

CINEMA E GEOPOLITICA

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"…Più che averli alle spalle è meglio averli davanti, in posizione orizzontale, possibilmente freddi…"

Quasi citazione da "Per qualche dollaro in più"

Signori, tratteniamo la gioia: l’era del buonismo è quasi finita. Quella sorta di tendenza livellatrice nata in America e diffusa nel mondo sotto il nome di politically correct sta lentamente svanendo; per spiegarsi meglio è quella mostruosità lessicale e pseudo-filosofica secondo cui, per esempio, i bassi (nelle cui file mi hanno arruolato) non sono tali, bensì sono svantaggiati altimetricamente… Ma che vuol dire, sembra di misurare l’Everest; altimetricamente, svantaggiati, suvvia siamo seri! E uno manco può dire che si butta a sinistra, come Totò, visto che il buonismo è esploso con l’arrivo di Prodi (che però, Dio gliene renda merito, è un gran volpone: il buono ha vinto tutte le partite con il supercattivissimo D’Alema; tranne l’ultima…)!
Ecco allora che i seguaci della realpolitik più becera, della ragion di Stato più ardentemente sadica, dei giochi di potere che più potere non si può, tutti insieme si sono rifatti sotto: proponiamo a questi nostri amici di vedere questi tre bei film (ormai un po’ vecchiotti, superati anche in home video): "Riccardo III", "La seconda guerra civile americana", "Mars attacks!". Per carità, non ci vogliamo immodestamente innalzare al sommo lavoro di critico cinematografico, ma dobbiamo ammettere che sarebbe veramente più onorevole per il genere umano se dopo tante sdolcinatezze ipocrite e umanizzanti (secondo cui bisogna sempre comprendere e mai combattere, secondo cui chi vuole entrare nell’Ue può farlo -fosse pure Rabat-, secondo cui respingere la guerra è sempre necessario, secondo cui è meglio non avere l’atomica che averla, etc, etc, etc.), si traesse un buon insegnamento di profonde malvagità da questi film.
Una marea di stupidaggini politiche e anche geopolitiche sono quelle che si fondano sul politically correct: una bella sferzata di cattivismo ci farebbe proprio bene! Bisogna essere ipocriti, falsi e bugiardi, bisogna poter sorridere e mentre si sorride, poter uccidere, come direbbe il caro amico Gloucester, impersonato mirabilmente da Ian McKellen nel Riccardo III. Quando uno Stato si propone un fine necessario al suo interesse nazionale, lo deve perseguire; sia che voglia dire bombardare l’Iraq mentre si condanna la guerra in Angola, sia che voglia dire sorridere all’Assemblea dell’Onu e poi prendersi un posto permanente nel Consiglio di sicurezza; perché vogliamo vincere, possibilmente umiliando l’avversario, altro che De Cubertin (perché poi "è bello partecipare" lo ha messo in giro chi vinceva sempre per accontentare gli altri che perdevano, quei fessi). E come non poter ammirare lo scherno della lacrima marziana dopo le universalmente pacifiste parole del presidente Nicholson che chiede il perché di una guerra tra due popoli che possono essere grandi. Risposta del re alieno: una lacrima, una lancia piantata nella schiena, un sorriso. Perché? Perché gli piaceva, perché gli conveniva; perché è meglio regnare all’inferno che servire in paradiso, come direbbe Milton (sia il protagonista de "L’avvocato del diavolo", sia il suo ben più illustre predecessore…), figuriamoci se poi si fa un inferno (della vita dei nemici) e si regna in paradiso… tanto meglio!
Lo scherno raggiunge poi vette eccelse ne "La seconda guerra civile americana", dove i destrorsi sono liberal, i liberal destrorsi, i presidenti cretini (e eletti solo perché hanno la faccia di uno che fa la pubblicità ad un dopobarba) e gli immigrati un problema (più cattivista di così…). Ridiamo pure signori, ma di un riso amaro: più che un cabaret dovrebbe essere una cattivo anche lui. Ma forse questo era meglio non dirlo…

 


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