OPUSCOLO INFORMATIVO SULLE ATTIVITA' DEL CLUB

NUMERO 1/1998

ILIO NOSTRA ITACA

IN QUALE EUROPA VANNO I NOSTRI PRODI?

TIRA LA BOMBA

ILIO NOSTRA ITACA

EDITORIALE

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Finalmente siamo arrivati alla possibilità di mandare a tutti gli Amici del Club questa rivista: è, al contrario della cronologia omerica, la fine di "un’Odissea" e l’inizio di "un’Iliade". 
Infatti questa rivista e il liMes Club Roma sono strettamente legati in un simbiotico abbraccio, anzi sono uno la continuità dell’altro e viceversa, senza riuscire a trovare il confine tra le due entità: e nulla è stato più difficile che crearle e farle convivere tra loro; difficoltà di ogni genere e grado sono sopravvenute e si sono sovrapposte: trovare una sede adeguata, adatta a soddisfare quantitativamente e qualitativamente l’importanza degli ospiti dei nostri incontri; poter riempire questa sala in ogni occasione, perché non tutti i dibattiti possono sempre risultare graditi a ogni Amico del Club; terza ed ultima difficoltà quella di costruire questa piccola tribuna dalla quale gli oratori del nostro Club ci parleranno.
Le difficoltà sono state infine superate e finalmente possiamo dare l’avvio a questa avventura: un grazie a tutti gli Amici che con la loro pazienza ed il loro interesse hanno permesso tutto ciò; un altro ringraziamento va alla Redazione di liMes, al suo direttore Lucio Caracciolo ed alla responsabile dei Club Benedetta Rizzo per l’incitamento e per il concreto aiuto nelle questioni più tecniche; infine la più calorosa ed affabile riconoscenza va alla redazione di Border che manterrà sempre vivi i rapporti tra il Club ed i suoi Amici:
Finiti i pellegrinaggi marini sugli oceani dell’ideazione e della formazione, arriva ora la battaglia terrestre: quella di portare avanti questo nostro progetto per molto tempo. E nostra spada in questa guerra sarà Border, ciò che state leggendo, speriamo, con piacere: non è e non sarà mai una rivista "importante" come lo stesso liMes o come quelle che si comperano in edicola, ma abbiamo la certezza che per tutti gli Amici che la sfoglieranno sarà ugualmente "importante".
Border è una rivista che informerà gli amici delle nostre iniziative culturali e dei nostri convegni, delle conferenze e dei dibattiti degli altri liMes Club; ma non ci proponiamo di fare una semplice quanto sterile pubblicità alle nostre iniziative, cercheremo anche, da amanti della geopolitica, di darvi nuove informazioni, piccole curiosità sui nuovi e vecchi numeri di liMes; avremo il filo di comunicazione con tutti gli Amici nell’immancabile angolo della posta a cui potranno essere inviate le proprie riflessioni e le proprie idee; ed in più nei nostri fuori tema si parlerà di cinema, cultura, spettacolo e sport.
Inizia così quest'avventura per tutti noi, scrittori, organizzatori, lettori e conferenzieri: sappiamo che non è facile, che sarà una dura lotta riuscire a sopravvivere, ma con impegno, passione, dedizione ed un pizzico d'inventiva, non solo continueremo ad esistere per molto tempo, ma diverremo anche il Club più attivo d’Italia.

IN QUALE EUROPA VANNO I NOSTRI PRODI?

Rileggendo due interventi del nostro premier su "Francia-Germania l’Europa a due" e su "L’Italia tra Europa e Padania"

ARCHIVIO

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In occasione dell’entrata dell’Italia nella Uem (Unione economica monetaria), siamo andati a consultare il nostro archivio e abbiamo trovato due interventi del nostro attuale premier, Romano Prodi, sulla questione Europea: uno sul numero 2.95 (quando ancora tra gli autori era un semplice "economista" insegnante all’Università di Bologna) ed un altro sul 3.96 (già insediato a Palazzo Chigi).
Nell’arco dei 17 mesi che separavano le due interviste, vi erano stati alcuni cambiamenti nella sua linea di pensiero, ma è da dire che nel primo intervento si seguiva più un gioco intellettuale, di sicuro molto meno istituzionale e ortodosso rispetto alla concretezza della più tarda intervista.
Ecco quindi spiegate le diverse valutazioni su un Europa Framanica, ovvero su una Kerneuropa (Europa del nocciolo duro) formata essenzialmente da Francia e Germania più i loro satelliti: da augurabile perché "servirebbe da stimolo all’Italia, distratta un po’ troppo dalle questioni interne" (non era ancora arrivato il semestre di presidenza della UE che riportò l’attenzione del Governo Dini e della gente sull’Europa!), diviene addirittura innominabile; l’Europa sarà infatti costruita da Germania, Francia e Italia con il contributo della Spagna: si deve infatti arrivare allo Stato Europeo, che, senza la nostra penisola, incontrerebbe notevoli difficoltà a confrontarsi con i Balcani e più in generale con il mondo mediterraneo.
Anche il giudizio sulla Germania, considerata dalla gente come un golem nell’Unione Europea, assume diverse sfaccettature; è, infatti, considerata dal "semplice economista" una potenza, non solo economica grazie all’impenetrabilità dei suoi mercati, ma anche politica, per la sua rapidità decisionale ed anche per il mutato modo di pensare, divenuto dopo l’unificazione quello di un leader mondiale.
Per "l’economista capo di governo" è invece uno Stato sì molto forte, ma non troppo rispetto agli altri partner: così l’obiettivo degli altri Stati nei confronti del vicino "gigante" tedesco non è tanto quello di europeizzarlo per impedire di essere germanizzati (come da molti è interpretato il tentativo di unificazione europea), quanto semplicemente di cristallizzare il suo peso ed ancorarlo saldamente contro spinte verso il triste "spazio vitale" orientale. La posizione sulla Germania, per così dire "non troppo forte" è però successivamente blandita dal ricordo di quel bilanciamento tra le forze delle nazioni, in cui eravamo "affiancati alla Francia per equilibrare quel grande peso tedesco" di cui sopra.
E’ infatti innegabile che la Germania ha un forte potere in seno all’Unione Europea: basti guardare alla questione dell’allargamento; in questo caso l’Ostpolitik di Bruxelles non era poi tanto dissimile da quella di Bonn: si rischia di togliere alla Germania la possibilità di espandersi ad Est con una mano e di regalargli con l’altra lo "spazio vitale" orientale come membro della UE; altro che ancorare il Volk tedesco...
Sembra quasi che nel pensiero di Prodi vi sia un regresso nel concetto di forza tedesca (cui nel ’95 mancava solo il nucleare), mentre c’è una sicura evoluzione nel pensiero sull’unione politica dell’Europa: da Framania che ci avrebbe magnetizzato (anche se probabilmente più che di magnetismo si sarebbe parlato di emarginazione...!) si passa allo Stato Europeo con l’Italia in posizione preminente.
Questi cambiamenti di rotta sono stati resi necessari sia dal cambiamento delle congiunture geopolitiche ed economiche, sia dal diverso ruolo rivestito; è infatti chiaro l’intento di non spaventare l’opinione pubblica dipingendo una Germania "troppo forte", ma vi è anche la consapevolezza acquisita ed ormai inamovibile che un’Italia fuori dall’Europa contrasterebbe nettamente con gli interessi vitali del nostro Paese: una linea di pensiero (e di Governo) non solo esatta, ma necessaria; e, Prodi docet, necessità fa virtù (soprattutto fiscale...)

TIRA LA BOMBA

Il vero dramma dell’escalation nucleare è in Italia, non in Asia

SCENARI INTERNAZIONALI

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"Non c’è uno juventino in nazionale... è strano"
"Non stiamo a fare geopolitica: uno juventino si, tre milanisti no..."
(dal Processo di Biscardi del 16-6-98)

"La situazione in Italia è divenuta particolarmente pericolosa; il Presidente è seriamente preoccupato"; così ha fotografato il panorama italiano il Consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti. Le probabilità che la NATO intervenga sono tuttavia molto basse: la faida tra gli americani e gli europei sulla questione dell’allargamento ad Est continua ad agitare le acque in seno all’Alleanza; così le tensioni hanno portato ad un veto assoluto e precostituito di Francia, Gran Bretagna e Germania contro l’intervento armato caldeggiato dagli USA. Si fa invece sempre più probabile un massiccio intervento diplomatico russo: infatti sotto le spoglie di una troika economica in visita a San Marino si nascondono le più importanti feluche di Eltsin tra cui l’ambasciatore Alenitchev.
Per analizzare attentamente la questione italiana bisogna ricordare che dopo la divisione della penisola in diciotto Stati si è avviata una vera e propria corsa agli armamenti che ha portato a questo stato di Defcon One.
Il primo Stato ex-italiano a procurarsi la bomba nucleare è stato quello presieduto da Massimo Moratti, che con tecnologia proveniente dai laboratori Nunez di Barcellona è riuscito a costruire anche il più potente vettore mondiale, il cosiddetto Ronaldo, con una gittata di 10.000 Km ed un costo di 100 MLD di dollari. Molti sapevano che questo missile sarebbe stato però di scarsa efficacia se non coordinato con ingenti truppe corazzate e con almeno tre divisioni aeree.
Da questo punto di vista sicuramente è favorita la Juventus; oltre ai test nucleari che hanno fatto esplodere la bomba Del Piero (innovativa per la tecnica utilizzata e per la potenza sviluppata) è forte anche delle truppe d’élite agli ordini del generale Lippi: le giacchette nere.
Una situazione più grave si vive invece nell'ex-capitale: una guerra civile cruenta e sanguinosa si è scatenata tra le due sponde del Tevere; i trafficanti d’armi serbi sono riusciti a vendere a peso d’oro i carri armati di fabbricazione jugoslava del tipo Tomic e Stankovic. E’ da dire che grazie alle armi chimiche boeme acquistate un anno fa dalla Roma, le cosiddette "parole di Zeman" (arma mortale per acidità e causticità), le truppe del colonnello Sensi sono penetrate nel territorio avversario e hanno conquistato ben tre ponti sul biondo Tevere; una vittoria non da poco, viste le precedenti quattro sconfitte subite per la forza delle truppe nemiche comandate dal mercenario svedese S. G. Eriksson: il generale scandinavo è stato così costretto a far retrocedere il suo esercito fino a Napoli, la cui Guardia Civile posta a difesa della città era stata impegnata in una ben più dura e grave retrocessione.
Incredibile invece l’aria che si respira nello Stato milanista; ormai il suo territorio è divenuto campo per battaglie altrui: la sede Presidenziale a Milanello è ormai ridotto a un cumulo di macerie e il governo in esilio chiede insistentemente, quasi mendica, una mediazione europea per far sedere il Presidente Galliani al tavolo UEFA.
La situazione è quindi estremamente fluida: la NATO non ha la voglia, e la Russia non ha la forza, di rischiare un intervento armato; ancora una volta masse di profughi si sposteranno su fatiscenti traghetti da Otranto verso l’Albania.

 


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