Dossier di Legambiente Nazionale

CALABRIA, PIEDE D'ARGILLA D'EUROPA

Soverato, 12 settembre 2000

La tragedia di Soverato  (f.Soleo)

Il dolore e la rabbia sono enormi. Resi più acuti dal fatto che l'avidità e la prepotenza dei ladri di territorio hanno causato la morte di chi già dalla vita aveva avuto sofferenze ed esclusione e di chi generosamente e volontariamente li aiutava a conquistarsi un'esistenza migliore.

Ma dietro la tragedia di Soverato ci sono anni di saccheggio del territorio. Le indagini dimostreranno che questa vicenda è figlia delle azioni scellerate dell’uomo.

Tutti, magistratura compresa, hanno preferito ignorare le denunce di Legambiente e delle altre associazioni ambientaliste. Già nel 1987, nel corso di un convegno su Energia e Ambiente, Legambiente aveva infatti denunciato i pericoli e i danni che avrebbe provocato la realizzazione del progetto dell'Enel, con la costruzione di due dighe sull'Ancinale e una serie di sbarramenti fissi, per deviare in gallerie scavate nella montagna le acque dei torrenti Turriti, Alaco e Beltrame. Progetto dai costi esorbitanti, presentato senza alcuna valutazione d'impatto ambientale, di cui si occuparono anche gli on. Mattioli e Scalia con una interrogazione parlamentare.

Oggi però, il neoassessore ai lavori pubblici Aurelio Misiti assolve la nuova giunta regionale e spiega che per evitare queste tragedie bisognerebbe costruire un sistema di dighe e invasi che facciano da argine alle piene e, non sazio di cemento, aggiunge che bisognerebbe costruire il ponte sullo Stretto - di cui non si capisce l'utilità - per contenere le fiumane.

Non è questa la strada. Per mettere in sicurezza quel territorio è più utile dotarlo di un presidio territoriale competente, costituito da geologi, ingegneri ed esperti meteorologi, che rapidamente consegnino alla Regione una carta del rischio a scala 1: 5.000, cioè sufficientemente dettagliata da rendere comprensibili i vincoli e le eventuali scelte di delocalizzazione necessarie. Ma la conoscenza non basta. Per poter far convivere la popolazione con il rischio è necessario anche costruire un sistema di allerta rapido con relativi piani di informazione ed evacuazione dei cittadini. E' inspiegabile infatti che nessuno sia intervenuto per far evacuare il campeggio pur essendo stati allertati già dal giovedì precedente la sciagura. E' incredibile che le prime informazioni alla Protezione Civile siano giunte solo alle 8.50 del mattino, ben cinque ore dopo la tragedia.

Eppure, dai Centri Operativi Veglia Meteorologica erano state inviate ben due comunicazioni ai responsabili della Protezione Civile della Regione, al Servizio Meteo Regioni e alle Prefetture di Basilicata, Calabria, Sicilia, Campania e Puglia.

Il primo dispaccio - del 7 settembre - avvertiva delle condizioni meteorologiche avverse, con previsione di abbondanti precipitazioni sulle regioni meridionali, con particolare intensità sui versanti ionici.

La seconda comunicazione di allerta - del 9 settembre - annunciava piogge molto abbondanti e tempo avverso nelle stesse regioni, auspicando attenzione fino al lunedì mattina.

Eppure l'Agenzia nazionale di Protezione Civile ha ricevuto la notizia della tragedia solo alle ore 8.50 di domenica 10 settembre. Con moltissimo ritardo quindi sugli eventi che si sono scatenati alle ore 4.00 circa.

Di chi è la responsabilità? Il Modello Operativo di intervento della Protezione Civile inserisce il rischio idrogeologico (frane, alluvioni, dighe), tra i rischi "prevedibili" insieme a quelli industriale, vulcanico neve e valanghe. Spetta al Sindaco dichiarare la fase di attenzione (e in questo caso aveva gli elementi per farlo), attivando le funzioni di supporto e le Unità di crisi locali, tenendo costantemente informate le Prefetture, la Provincia, la Regione e l'Agenzia Nazionale di Protezione Civile.

Ed è sempre il Sindaco a dover decretare la fine della fase di attenzione come il passaggio alle ulteriori fasi di preallarme, allarme e emergenza. Ma allora perché non c'è stata nessuna comunicazione? Perché nessuno ha allertato i campeggiatori?

Per rispondere a queste domande dovremo attendere la fine delle indagini, ma per realizzare passi avanti decisivi in questo senso è necessario dedicare cura ed attenzione alla riconquista del controllo del territorio attraverso una ricontrattazione delle concessioni.

La sicurezza dei cittadini può essere assicurata da una sistematica e diffusa manutenzione della terra e dei fiumi provvedendo ad una diffusa rinaturalizzazione. Sono investimenti assai meno costosi ma assai più ricchi di lavoro qualificato del sistema dighe proposto dall'ing. Misiti, che oltretutto, in pochi anni contribuirebbe ad accentuare la già forte erosione delle spiagge calabresi.

Si tratta di avviare una vera politica di prevenzione. Difficile da realizzare perché non arricchisce l'industria della catastrofe e del cemento.

 

Dati, cifre e informazioni sulla irresponsabile e colpevole politica di gestione del territorio in Calabria, in un dossier presentato oggi a Soverato, nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato Massimo Serafini (segreteria nazionale Legambiente), Giuliano Cannata (comitato scientifico dell'associazione) e Andrea Dominijanni di Legambiente Calabria.

IL DISSESTO URBANISTICO

La Calabria rappresenta la Regione italiana dove è più arretrata l’attenzione alla tutela e alla pianificazione del territorio, prime cause del degrado ambientale e del dissesto idrogeologico.

Pianificazione Paesistica

La Regione Calabria è stata commissariata a Febbraio del 1999 per non aver ancora definito il Piano Paesistico regionale a 14 anni dagli obblighi sanciti della Legge Galasso. Per questo motivo non esistono vincoli ambientali e paesistici che governano l’edificabilità nelle fasce di 150 metri dai fiumi.

 

Pianificazione territoriale

Nessuna delle cinque Province calabresi ha ancora un Piano Territoriale di Coordinamento approvato a 10 anni dagli obblighi previsti dalla Legge 142/90. Il PTC provinciale rappresenta uno strumento cardine per la difesa del suolo, per la definizione delle linee guida di governo del territorio e di intervento per la sistemazione idraulica e idrogeologica, per l’individuazione delle aree naturali protette. Inoltre la Regione Calabria non ha ancora definito la normativa regionale di riferimento prevista dalla Legge 142/90 e ribadita dal Dlgs 122/98.

 

Pianificazione urbanistica

Lo stato della Pianificazione comunale in Calabria è in gravissimo ritardo e ha caratteristiche da anni ’50. Su 410 Comuni solo 122 hanno un Piano Regolatore approvato mentre 258 Comuni hanno ancora un Programma di Fabbricazione, strumento che oramai non è neanche previsto nella normativa italiana e che doveva servire a governare per le aree urbane la ricostruzione e l’espansione.

Lo stato di degrado urbanistico è aggravato dal fatto che 30 Comuni sono ancora senza strumento urbanistico e 161 dei Comuni provvisti di Piano hanno comunque i vincoli scaduti (dati 1998 INU).

 

IL DISSESTO IDROGEOLOGICO

Il non intervento di manutenzione del territorio, di definizione degli interventi di messa in sicurezza delle aree a rischio, di tutela idrogeologica e ambientale sono la causa principale delle tragedie.

I dati sulla situazione in Calabria sono infatti noti:

Secondo i dati del Ministero dell’Ambiente 68 Comuni calabresi hanno un rischio molto elevato, 96 hanno un rischio elevato, su 410 Comuni complessivi.
Per la Regione Calabria invece sono 168 Comuni a rischio idrogeologico, di cui 26 ad elevato rischio ambientale. Soverato non era tra questi
La mappa del rischio idrogeologico in Italia degli ultimi cinquanta anni tracciata dall’Eurispes vede la Calabria come una delle Regioni più a rischio d’Italia con l’82,5 % del territorio. Campania e Calabria sono le due Regioni italiane che hanno subito il maggior numero di frane e alluvioni con 1.773 aree colpite.
Le aree di intervento prioritario sono note: in Calabria il 4,27 % del territorio è stato interessato più volte da fenomeni idrogeologici. Secondo il servizio geologico nazionale queste aree evidenziano una diffusa ripetitività dei danneggiamenti in luoghi già colpiti, determinando mutate situazioni geomorfologiche e ideologici e livelli di pericolosità più elevata.

 

I ritardi calabresi negli interventi di difesa del suolo sono decennali.

La Legge 183/1989 è di fatto inapplicata in Calabria. La pianificazione di bacino non è stata neanche avviata.

La resistenza degli interessi di chi da decenni sfrutta il territorio e le acque ha bloccato l’applicazione delle norme di tutela e degli interventi qualificanti della pianificazione di bacino. L’opera di boicottaggio di amministratori pubblici, cavatori, costruttori, mondo agricolo e industriale ha impedito di cambiare strada della difesa del suolo.

 

La Calabria è una regione dalla morfologia particolare con un sistema di rilievi che degrada ripido direttamente verso il mare. Lo stato dei corsi d’acqua calabresi è caratterizzato da opere di regimentazione in cemento armato, dalla escavazione degli alvei e da edificazione ai margini. L’esatto contrario di quanto sarebbe necessario per difendere il territorio, per aiutare l’agricoltura. Perché proprio la morfologia e il tipo di precipitazioni calabresi necessiterebbero di una vegetazione ai margini in grado di rallentare il deflusso e di aree libere ai margini nei periodi di intensa pioggia, per la naturale "espansione" dei fiumi.

 

ABUSIVISMO EDILIZIO, DISCARICHE ILLEGALI, INCENDI, CAVE ABUSIVE: E DIETRO IL SACCHEGGIO DEL TERRITORIO GLI INTERESSI DELL’ECOMAFIA

Una tragedia che si sarebbe certamente potuta evitare: il camping era situato in una posizione sciagurata, ma eventi alluvionali simili non dovrebbero verificarsi con tanta facilità e gravità.

Sul torrente della disgrazia a monte del campeggio esistevano due discariche con migliaia di metri cubi di rifiuti ammassati sull'alveo e su una scarpata a forte pendenza mentre un'altra era situata alla foce del fiume.

Nella punta dello stivale altri disastri potrebbero seguire questa brutta vicenda. Alla foce del fiume Novito, solo per citarne uno, insistono due enormi discariche che ostruiscono buona parte dell'alveo fluviale in una zona indicata come area di esondazione. Il potenziale di straripamento di questo corso d'acqua potrebbe creare un evento altrettanto nefasto per i centri di Locri e Siderno.

 

I NUMERI DELLA CALABRIA A RISCHIO

Eventi alluvionali

523 eventi alluvionali negli ultimi 50 anni in Calabria; 227 le località colpite nella regione. Un numero impressionante, se riferito alla grandezza del territorio ed alla scarsità di risorse idriche. Cementificazione degli argini, escavazioni dell’alveo; non ci sono solo i temporali dietro a questi disastri. La cementificazione e l’imbrigliamento dei fiumi danno più potenza alle alluvioni che negli ultimi anni sono meno frequenti ma molto più distruttive.

 

Abusivismo edilizio

Nel solo 1999 sono stati 3.082 gli edifici costruiti abusivamente in Calabria, quarta tra le regioni italiane in valori assoluti per edilizia abusiva: una superficie complessiva di 462.000 mq per un valore di 416 miliardi di lire. Insieme con Campania, Sicilia e Puglia, le regioni a tradizionale presenza mafiosa, la Calabria concentra il 56% della produzione abusiva nazionale. Sempre in queste 4 regioni si concentra il 41,2% degli illeciti ambientali rilevati nel ciclo del cemento (cave abusive, abusivismo, imprese edili). In Calabria sono stati 551 nel 1999, con 200 sequestri effettuati per un valore di 12.333 milioni di lire.

 

L’occupazione del Demanio marittimo in Calabria

E’ la regione dove si concentra il maggior numero di abusi accertati sul demanio marittimo con 1.745 casi, seguita a grande distanza dalla Puglia (554) e dalla Campania, con 500 casi accertati. Se consideriamo il parametro degli abusi per chilometro di costa, si conferma ancora al primo posto seguita dal Lazio e dalla Campania.

Sono questi alcuni dei risultati del monitoraggio lungo le coste del Belpaese finanziato dai ministeri dei Trasporti e del Lavoro, di concerto con quello delle Finanze per la parte catastale.

 

La classifica dell’abusivismo sul demanio marittimo

Regione

Numero di abusi

Calabria

1745

Puglia

554

Campania

500

Sardegna

452

Lazio

428

Liguria

154

Emilia Romagna

128

Toscana

121

Veneto

75

Abruzzo

72

Marche

58

Molise

33

Basilicata

11

Friuli Venezia Giulia

3

TOTALE

4334

Fonte: Unità di gestione infrastrutture per la navigazione e il Demanio marittimo - Ministero dei Trasporti

I rilievi di dettaglio eseguiti per la realizzazione delle nuove mappe catastali hanno consentito di individuare una molteplicità di aree e fabbricati, i cosiddetti F.U.A., ricadenti nella fascia demaniale e per i quali si rende necessario "l’accertamento" formale da parte degli uffici territoriali del ministero delle Finanze e delle Capitanerie di Porto. Si tratta della seconda "famiglia", suddivisa a sua volta in due sottogruppi: quello delle "aree con fabbricati" comprende tutte le aree occupate in toto o in parte da immobili (la superficie totale occupata è di circa 8 milioni di metri quadrati, considerando esclusivamente le aree di sedime e non le eventuali sopraelevazioni); l’altro sottogruppo, invece, comprende le "aeree" senza fabbricati ossia giardini, piazze, parcheggi e terrazze con piscine. La regione dove si registra il maggior numero di fabbricati da accertare è l’Emilia Romagna (3.741), seguita dalla Calabria (2.526), dalla Campania (1.714) e dal Lazio (1.711). Infine, alla "terza famiglia" appartengono le "occupazioni da accertare". Anche per queste, bisognerà procedere ai necessari accertamenti caso per caso. Il numero complessivo è pari a 10.639. La regione dove si concentra il maggior numero di casi da accertare è la Calabria (2.091), seguita dalla Puglia (1.820) e dalla Campania (1.224).

 

Classifica regionale: incidenza degli abusi per Km di costa

Regione

Occupazione ed innovazioni abusive

Km. di costa

Abusi per Km di costa

Calabria

1745

715,7

2,43

Lazio

428

361,5

1,18

Campania

500

469,7

1,06

Emilia Romagna

128

131

0,97

Molise

33

35,4

0,93

Puglia

554

865

0,64

Abruzzo

72

125,8

0,57

Veneto

75

158,9

0,47

Liguria

154

349,3

0,44

Marche

58

173

0,33

Sardegna

452

1731,1

0,26

Toscana

121

601,1

0,20

Basilicata

11

62,2

0,17

Friuli Venezia Giulia

3

111,7

0,02

TOTALE

4334

   

Fonte: Unità di gestione infrastrutture per la navigazione e il Demanio marittimo-Ministero dei Trasporti

Discariche abusive

Nel ciclo dei rifiuti nel 1999 sono state registrate in Calabria da Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo Forestale dello Stato e Polizia ben 336 infrazioni: sono stati effettuati 43 sequestri per un valore corrispettivo di 1400 miliardi. Dal 1997, anno in cui è stato dichiarato lo stato d’emergenza per la gestione dei rifiuti, ad oggi, la Calabria continua a registrare numerose forme d’illegalità relative al ciclo dei rifiuti e rimane ancora una delle destinazioni finali preferite dai tir coinvolti nei traffici illeciti, provenienti sia dal nostro paese che dall’estero. Persiste un ampio fenomeno di illegalità nella gestione delle discariche autorizzate e soprattutto si conferma la penetrazione della ‘ndrangheta nell’intero settore, dalla raccolta allo smaltimento. Il comprensorio silano si è organizzato negli anni come destinazione di smaltimento illegale di rifiuti industriali, occultati in cave e miniere ed utilizzati sia per la preparazione di calcestruzzo che per il riempimento di scarpate, pozzi, dislivelli mascherati poi con terreni di riporto. Nella Relazione sulla Calabria predisposta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti si legge: "Vi è una preoccupante penetrazione della ‘ndrangheta nel settore dei rifiuti, che vengono smaltiti in discariche non autorizzate, costituite da cave, da specchi d’acqua, da grosse buche scavate in fondi anche agricoli, sulle quali, una volta ricoperte, vengono praticate non di rado colture.

 

Ecomafia

Sono 41 i sodalizi criminali, concentrati in particolare nelle provincie di Reggio Calabria e Catanzaro, che muovono i mattoni fuorilegge in Calabria. Questi i nomi dei clan e l’area di riferimento: Alvaro (Sinopoli - Rc); Arena (Soverato — CZ); Avaniti (prov. Reggio Calabria); Badolato (Ischia sullo Jonio - Cz); Barbaro (Provincia di Reggio Calabria); Barreca (Pellaro - Rc); Bellocco (provincia di Reggio Calabria); Cangemi (Provincia di Reggio Calabria); Crucitti (Reggio Calabria); Farao-Marincola (Cirò - Kr); Fenìa (Fuscaldo - Cs); Filippone (Provincia di Reggio Calabria); Garonfolo (Villa S.Giovanni - Rc); Grimoli (Rossano - Cs); Gugliotta (Provincia di Reggio Calabria); Loiero-Gallace (Reggio Calabria e Provincia); Iamonte (Melito Porto Salvo - Rc); Iona (Belvedere Spinello - Kr); Latella (Reggio Calabria); Libri (Reggio Calabria); Mancuso (Limbadi - Vv); Mazzaferro (Gioiosa Jonica - Rc); Metastasio (Locride - Rc); Molè (Reggio Calabria); Palamara (provincia di Reggio Calabria); Pesce (Gioia Tauro - Rc); Pino-Perna (Cosenza); Piromalli (Gioia Tauro - Rc); Pisano (Taurianova - Rc); Polimeni (Provincia di Reggio Calabria); Procopio (Catanzaro); Raso-Gullace_Albanese (Cittanova RC); Rosmini (Reggio Calabria); Ruga (Roccella Jonica - Rc); Ruggiero (Gioia Tauro - Rc); Saraceno (Reggio Calabria); Serraino (Reggio Calabria); Stummo (Fuscaldo -Cs); Vallelunga (provincia di Vibo Valentia); Viola-Zagari-Fazzolari-Albanese (Molochio - Rc); Zavattieri (Melito Porto Salvo - RC).

 

Incendi

Nel 1999, tra il 1 gennaio ed 27 agosto, in Calabria, si erano registrati 581 incendi; nel 2000, nello stesso periodo, gli incendi sono stati 1.540, per una superficie complessiva percorsa dal fuoco di 13.439 ettari, di cui 8.472 boscati. Nessuna regione in Italia ha visto bruciare più boschi della Calabria negli ultimi anni. Anche nel 1997 infatti questa regione ha guidato la classifica degli incendi dolosi (73, 9%) con 7.867 ettari bruciati; la funzione delle risorse forestali nella conservazione geologica del territorio è evidente. Incendi e disboscamenti selvaggi sono l’anticamera di frane, alluvioni, esondazioni. La legge 47/1975 prevede che i Comuni inviino al Ministero dell’Ambiente le planimetrie delle aree bruciate, necessarie a far scattare i vincoli di inedificabilità. La Calabria è la regione con il numero di comunicazioni più basso: appena 7 nel 1999, di cui solo una riguardava una superficie bruciata superiore ai 20 ettari.

 

L’erosione delle coste

In Italia l’erosione costiera è ormai un fenomeno endemico, favorito da una cementificazione dissennata del territorio che in molti tratti del nostro litorale ha interrotto o ridotto drasticamente l’apporto di materiale solido dall’interno che garantiva i processi naturali di ripascimento delle spiagge. La situazione è particolarmente grave proprio in Calabria e Campania con, rispettivamente, il 67% e il 58% delle coste a rischio di erosione molto elevato. Il litorale tirrenico della Calabria (246 km di cui 188 di costa bassa) è in condizioni assai precarie, con il 64% delle spiagge a rischio molto elevato per la realizzazione a breve distanza dalla battigia di strutture connesse ad insediamenti urbani. Lungo la costa ionica (56 km di costa alta e 384 di spiagge) il fenomeno erosivo è meno diffuso e più recente: i tratti a rischio molto elevato, pari al 44% dei litorali sabbiosi, sono concentrati nella zona più meridionale dove le spiagge sono fortemente irrigidite dagli insediamenti urbani e dalle vie di comunicazione, mentre nella zona settentrionale la situazione è più tranquilla (30% delle spiagge a rischio basso) per la scarsa diffusione di insediamenti urbani.

 

Le dighe della Calabria

In Calabria sono state progettate, e avviate, 26 dighe: di queste 10 non erogano neanche una goccia, in quanto le opere di canalizzazione non sono nemmeno state programmate o realizzate. In generale il 40% dell’acqua si disperde in rete. Facendo un rapido conto, una diga su tre viene costruita perché la sua acqua vada perduta. Va segnalato anche il fatto che la Calabria, attualmente, esporta i due terzi dell’energia elettrica prodotta.

Tra i casi più eclatanti di dighe ed invasi di notevoli dimensioni, di dubbia utilità sociale e di scarsa compatibilità ambientale, che hanno "inghiottito" decine di miliardi di lire e che testimoniano in maniera diretta la cattiva programmazione e realizzazione degli interventi infrastrutturali pubblici nel Mezzogiorno d’Italia, segnaliamo la Diga sul Metramo, la diga sul Menta e il fiume Soleo.

 

La Diga sul Metramo è la più alta d’Europa (104 metri). Nel 1981 l’appalto prevedeva 98 miliardi di stanziamento per un’opera da concludersi entro 6 anni; nel 1996 grazie a 7 perizie di revisione erano stati già spesi 390 miliardi senza che da lì sia sgorgata una sola goccia d’acqua in quanto non sono state realizzate le condutture. La diga era stata progettata al servizio del V centro siderurgico, che doveva sorgere in Calabria: l’acciaio da quelle parti non si è mai visto, ma la diga, invece di essere abbandonata, ha ottenuto una bella variante ad hoc. Niente acciaio, ma compaiono 20mila ettari di terreni agricoli da irrigare (senza una sola conduttura, come detto). Ormai, per quanto riguarda questo progetto, va preso atto responsabilmente della realtà: la diga è stata realizzata, vanno realizzate anche le condutture.

Diga sul Menta. Il progetto viene approvato nel 1980 con un costo iniziale di 53 miliardi: prevede la realizzazione di un bacino sul Menta di 18 milioni di metri cubi, e di altri tre bacini sui torrenti Amendolea, Aposcipo e Ferraina. Da qui l’acqua, grazie a una condotta sotterranea di 7 chilometri e mezzo, doveva giungere all’invaso principale, tramite un complesso sistema di "doppia adduzione". Scopo del progetto era in parte la soluzione del problema della "grande sete" di Reggio Calabria (determinata da una rete idrica che perde il 50% dell’acqua immessa, e dal fatto che nella città sono sorti interi quartieri abusivi, che si sono allacciati alle condutture), mentre il 33% dell'acqua raccolta doveva avere non meglio precisati "usi industriali", tra i quali l'alimentazione di una centrale idroelettrica che aveva un costo previsto di 120 miliardi. Nel 1985, quando i lavori iniziano - insieme alle intimidazioni - i costi sono già arrivati a 210 miliardi. Nel ‘libro bianco’ dell’allora governo Dini ne sono stati previsti altri 296. Su questo appalto si è scatenata una vera guerra di ‘ndrangheta: minacce e intimidazioni si sono ripetute fino all'episodio più grave, quello del primo novembre 1995, con la strage di Contrada Embrisi, nella quale vennero assassinate 5 persone. Ancora nel 1996 viene stato fermato e ferito l’ingegner Vincenzo Reggiani (direttore del cantiere per la Ferrocemento), che si è salvato solo grazie al telefono cellulare. Va sottolineato il fatto che l’intera area è divenuta parte integrante del Parco dell’Aspromonte.

Un’analisi obiettiva delle esigenze della Calabria non dovrebbe lasciare dubbi sulla necessità di ridefinire il progetto, completando e ridimensionando l’invaso, allacciandolo, come previsto, ai comuni aspromontani e a Reggio Calabria. Nessuna ragione giustifica invece, oggi, l’investimento di ben 170 miliardi per un devastante sistema di "doppia adduzione". Tanto meno il fatto che occorre spenderli per consentire a dei "privati", magari all’Enel, di stanziarne altri 120 su una centrale idroelettrica, visto che la Calabria già esporta i due terzi dell’energia elettrica che produce ed ha altri problemi da risolvere. In attesa di proposte di investimento più utili per tutti, sia da parte dell’Enel che da parte della Regione e del Governo, Legambiente propone che parte dei finanziamenti risparmiati venga impiegata, prima possibile, per risanare le gravi ferite ambientali inferte dal megaprogetto del Menta al parco dell’Aspromonte, una risorsa reale, da difendere e valorizzare.

 

Il Fiume Soleo. Il bacino di questo fiume calabrese è indicato dall’Unione Europea come zona di alto valore ambientale, ma già ora corre seri rischi di sopravvivenza: il Soleo subisce infatti una captazione a pochi chilometri dalla fonte, che lo costringe per lunghi periodi alla secca. Eppure dal 1981 l’Enel tenta di utilizzare le acque di questo fiume per fini idroelettrici: il progetto, oltre alla derivazione delle acque del Soleo, prevede anche derivazioni dai fossi Malarotta e Cropa verso il serbatoio di Orichella; da qui dovrebbero essere turbinate nelle centrali di Timpagrande e Calusia, per sboccare poi nel bacino del Neto. Il progetto, approvato dalla Regione Calabria nel 1986 (prevedeva una diga in calcestruzzo alta 118 metri ed un volume utile di 173 milioni di m3) è stato fermato immediatamente dal Comune di Petilia Pelicastro che non ha concesso la necessaria licenza edilizia; l’Enel ha così predisposto nel 1993 una relazione tecnico-ambientale, accettata dalla Regione ma non dal Ministero dei Beni Culturali, che nel 1994 ha annullato l’atto regionale. A questo punto l’Enel presenta una nuova relazione, nella quale definisce rassicurante il fatto che il Soleo rimarrebbe senz’acqua "solo" per 8 mesi l’anno! Una situazione del genere comporterebbe danni gravissimi - e irrimediabili - alle aziende agricole e zootecniche presenti nel bacino, che sfruttano l’acqua del Soleo. La crisi che ne deriverebbe non sarebbe affatto compensata dagli 80 occupati dei cantiere che l’Enel sbandiera nel suo progetto. Da segnalare, peraltro, che sarebbe possibile utilizzare l’acqua di questo fiume a fini idroelettrici per poi farla ricadere nello stesso bacino come già avveniva fino agli anni Sessanta nella centrale sul Soleo, dismessa in seguito alla nazionalizzazione dell’Enel. Il 29 agosto 1996 la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Cosenza ha espresso un parere favorevole (ai soli fini estetici) per l’opera, ponendo comunque precisi vincoli. Ma è un parere che lascia sostanzialmente irrisolti tutti i problemi, poiché lo stesso testo ricorda come sarà necessario attendere la Valutazione d’Impatto Ambientale.

 

FRANE E ALLUVIONI IN ITALIA

Sono 6.356 le aree colpite in Italia da alluvioni e frane dal dopoguerra al 1999, pari al 47,6% di territorio. 3.706 le vittime di questi disastri, di cui ben 1.891 in Veneto, per il crollo della diga del Vajont nel 1963.

Le regioni a più alta densità dissesto sono Campania e Calabria, seguite da Marche e Umbria.

 

 

regione

vittime

% rischio

n. aree colpite

Valle D'Aosta

-

59,1

 

Piemonte

239

32,8

139

Liguria

49

69,2

 

Lombardia

133

26,8

974

Trentino A. A.

322

85.9

49

Veneto

1.891

23,9

 

Friuli V. G.

177

53

389

Emilia Romagna

54

45

440

Toscana

51

61,8

223

Marche

3

84,2

 

Umbria

-

65,6

1.021

Lazio

7

27,6

152

Abruzzo

2

65,9

448

Molise

-

75,8

224

Campania

514

50,3

 

Calabria

183

82,5

1.173

Puglia

5

9,9

 

Basilicata

11

71,5

253

Sicilia

52

60,5

124

Sardegna

13

18,2

147

 

La situazione della Calabria è, come dimostrano anche questi dati, particolarmente difficile. Si tratta di un dissesto diffuso e capillare del territorio, dovuto ad un complesso di fattori, per lo più criminali, che denunciamo da tempo. E' necessario ribadire allora che c'è una legge sull’abusivismo edilizio ferma da mesi in Parlamento. E mentre la politica si avvia a questo stanco finale di legislatura, il territorio ed il paesaggio italiani continuano ad essere devastati da questa piaga.

La legge va sbloccata ed approvata quantoprima, in barba a quei governi locali, come la Regione Sicilia, che ancora in questi giorni progettano condoni edilizi, anche per gli abusi costieri.