OPERAZIONE
FIUMI 2003
A
rischio idrogeologico un terzo della provincia
Il
fiume Neto si ammala a valle
Il benessere
del Neto si ferma a S. Severina: questa in estrema sintesi la condizione
rivelata dai risultati delle analisi svolte in sei stazioni di
monitoraggio lungo tutto il fiume da Legambiente con la collaborazione
dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Università della Tuscia
di Viterbo.
Le ingenti escavazioni in alveo, la carenza di depuratori e la presenza di
numerose discariche abusive, scoperte dai volontari durante le fasi di
campionamento, evidenziano l’assoluta necessità di interventi di
riqualificazione ambientale del Neto.
“Operazione Fiumi 2003 di Legambiente e Dipartimento della Protezione
Civile - spiega Simone Andreotti, portavoce della Campagna - dopo aver
monitorato le condizioni del rischio idrogeologico in provincia di
Crotone, si è impegnata nella verifica dello stato di salute del Neto,
perché sicurezza e qualità ambientale sono elementi inscindibili per una
buona gestione del territorio”.
Quest’anno, con “Operazione Fiumi 2003”, Legambiente per testare la
salute del Neto, oltre all’Indice biotico esteso (Ibe), che determina la
qualità delle acque attraverso il monitoraggio degli organismi
invertebrati presenti stabilmente sul fondo del fiume, utilizza anche
l’Indice di funzionalità fluviale (Iff), un nuovo parametro
sperimentale con il quale si effettua una valutazione dello stato
complessivo dell’ambiente fluviale e del territorio ad esso collegato.
L’‘Iff’ è uno strumento essenziale per la programmazione di
interventi di ripristino dell’ambiente e per una concreta politica di
conservazione delle aree più integre.
Le migliori condizioni del fiume Neto sono state registrate nei Comuni di
S. Giovanni in Fiore e Cotronei, dove il contesto geomorfologico Silano
permette una naturale capacità autodepurativa del corso d’acqua.
Particolarmente preoccupante invece la situazione a S. Severina e Rocca di
Neto, dove i risultati dell’Indice biotico esteso (Ibe) hanno dato
rispettivamente un risultato di classe III (ambiente inquinato), e classe
V (ambiente gravemente inquinato).
“Le escavazioni in alveo per ricavare materiali edili - ha dichiarato
Fabio Manenti responsabile scientifico della campagna - e le captazioni
delle acque per uso agricolo e industriale, trasformano spesso il fiume in
un rigagnolo. Questo determina uno squilibrio dell’ecosistema fluviale,
peggiorando la qualità delle acque e innescando fenomeni di erosione che
possono aumentare la velocità del fiume e, in caso di piena, produrre
gravi danni”.
”La realizzazione di concreti interventi per migliorare le condizioni in
cui versa il Neto - spiega Antonio Tata (nella foto), Presidente del
Circolo Legambiente di Crotone - diventa sempre più improrogabile. La
nascita di un Parco Fluviale del Neto rappresenta la migliore ricetta per
guarire il nostro fiume, garantendo contemporaneamente sicurezza e
fruibilità per i cittadini”. Il buon risultato mediamente raggiunto con
l’analisi dei dati dell’Indice di Funzionalità Fluviale conferma le
forti potenzialità di miglioramento ambientale del Neto.
Il 33% dei comuni della Provincia di Crotone è a rischio idrogeologico.
E’ questo il responso di “Operazione fiumi” 2003, la campagna
itinerante dedicata ai principali fiumi italiani organizzata da
Legambiente e dal Dipartimento della Protezione civile.
Un’iniziativa nuova rispetto alle altre edizioni - ha sottolineato,
sabato scorso nel corso di una conferenza stampa, Simone Andreotti
portavoce di “Operazione fiumi” - dedicata sia alle analisi delle
acque che al monitoraggio sulle azioni dei comuni per la mitigazione del
rischio idrogeologico.
Nell’indagine, denominata “Ecosistema a rischio”, sono nove i comuni
considerati a “elevato” e a “molto elevato” rischio idrogeologico:
Crotone, Rocca di Neto, Mesoraca, Caccuri, Belvedere Spinello, Cotronei,
Pallagorio, Umbriatico e Petilia Policastro ma, ha denunciato Legambiente,
non tutte le amministrazioni comunali svolgono un’efficace e adeguata
politica di prevenzione, informazione e pianificazione d’emergenza.
Inoltre, i sindaci e gli assessori con delega alla protezione civile dei
comuni di Umbriatico e Petilia Policastro non sono mai stati intervistati
nonostante i numerosi tentativi effettuati da Legambiente per
rintracciarli.
Dei comuni intervistati, solo quattro (Crotone, Rocca di Neto, Mesoraca e
Caccuri) svolgono un buon lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico,
scarso è il lavoro svolto dai comuni di Belvedere Spinello e Cotronei,
nullo quello di Pallagorio. In particolare, tutti i comuni svolgono una
manutenzione ordinaria dell’alveo e delle opere idraulica e, tranne
Mesoraca e Pallagorio, tutti seguono le indicazioni del Piano di stralcio
di bacino. Per quanto riguarda il Piano d’emergenza, che rappresenta la
prima arma contro il rischio idrogeologico, il comune di Pallagorio è
l’unico a non esserne dotato; tra i sei comuni dotati del Piano soltanto
tre (Rocca di Neto, Crotone e Mesoraca) seguono le linee tracciate dal
Dipartimento della Protezione civile; Crotone e Caccuri sono invece gli
unici comuni ad aver aggiornato il Piano d’emergenza negli ultimi due
anni. A Belvedere Spinello va la palma d’oro per l’ottima attività di
formazione e informazione svolta nei confronti della popolazione; buona è
l’attività svolta dai Comuni di Rocca di Neto, Crotone e Mesoraca;
scarsa quella di Caccuri ed infine nulla l’attività svolta da Cotronei
e Pallagorio.
Altro elemento considerato molto importante per Legambiente, visto che
negli ultimi anni ha garantito al meglio la gestione dei soccorsi in caso
di emergenza, è il supporto al volontariato di protezione civile. Ebbene,
i Comuni di Rocca di Neto, Caccuri, Crotone e Cotronei forniscono un forte
supporto alle associazioni di volontariato di protezione civile, scarso è
il supporto fornito dai Comuni di Mesoraca, Belvedere Spinello e
Pallagorio.
Di fatto, è in tutta la nostra regione che vi è disattenzione nei
confronti dei piani di emergenza e sono veramente pochi i comuni ad aver
redatto il documento di pianificazione, lo ha confermato, durante la
conferenza, l’assessore regionale alla Protezione Civile, Dionisio
Gallo. Per questo motivo, ha continuato l’assessore Gallo, è stata
incentivata la predisposizione ai piani comunali d’emergenza offrendo ai
Comuni inadempienti dei contributi da erogare solo in cambio di garanzie.
I Comuni che in breve tempo non ottempereranno a tale obbligo, saranno
commissariati. Ovviamente, ha affermato Dionisio Gallo, un piano
d’emergenza non serve poi a molto se i cittadini lo disconoscono e i
comuni dovrebbero lavorare molto in tal senso ed essere più incisivi.
Un’opinione condivisa da Antonio Tata, responsabile di Legambiente
Crotone, secondo il quale il Piano d’emergenza di Crotone è ancora poco
conosciuto e sarebbe opportuna una campagna di sensibilizzazione ed
informazione soprattutto nelle scuole e nei quartieri a rischio che sette
anni fa sono stati colpiti dalla tragica esondazione del fiume Esaro. A
sette anni di distanza da quell’evento, senza nulla togliere ai grossi
sforzi progettuali che la città sta facendo, ha evidenziato Antonio Tata,
rimane sempre il grande dubbio sul perché un grande centro direzionale
come la Datel o un Centro commerciale insistano ancora sugli argini del
fiume. E come avverrà la messa in sicurezza dei quartieri Gabbelluccia e
Lampanaro?
Piuttosto evasivo è stato il vice sindaco della città, nonché assessore
all’Ambiente Antonio Marullo, il quale ha apprezzato le critiche mosse
da Legambiente e al contempo ha chiesto collaborazione all’associazione
per una maggiore tutela del territorio al di là del colore politico.
L’assessore Marullo ha annunciato che presto sarà finanziata la
costruzione di una centrale operativa dove finalmente le associazioni di
volontariato della Protezione civile, grandi assenti al tavolo della
conferenza, potranno lavorare insieme.
Il Crotonese, martedì
13 maggio 2003