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SCENARI|Le
testimonianze di Danielle Mitterand e Ignacio Ramonet |
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Vite
appese a un filo d'acqua
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Donne al pozzo a Homa Bay (Kenia) |
Ogni
giorno nel mondo 30.000 persone perdono la vita a causa
della siccità. In India la stagione secca mette a rischio
l'esistenza di 6 milioni di esseri umani. E in futuro,
guerre ed esodi di massa |
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Il
nuovo conflitto, come ha denunciato nella plenaria di apertura
Danielle Mitterand, moglie del defunto presidente francese e
fondatrice dell'associazione France Libertés, «non è solo la
guerra del petrolio, ma anche dell'acqua. L'Iraq è il paese
mediorientale più ricco d'acqua, e chi lo controlla ha in mano i
rubinetti dell'intera area, oltre che l'accesso diretto al Golfo
Persico attraverso il Tigri e l'Eufrate». Le fonti più abbondanti
sono nel Kurdistan irakeno, «vera ragione per cui - ha continuato
la Mitterand - Saddam ha sottratto il controllo del territorio alle
comunità curde». Dopo il trattato di pace del 1975, il controllo
sul bacino creato dai due fiumi è stato gestito in collaborazione
da Iraq e Iran, che «da quella data - ha spiegato la Mitterand - ha
ritirato il suo sostegno alle popolazioni curde, mentre la Turchia
ha moltiplicato gli attacchi perché ha bisogno di nuove falde per
il suo sviluppo industriale».
Ogni giorno 30.000 persone muoiono per la mancanza d'acqua, ha
ricordato il direttore di Le monde Diplomatique, Ignacio Ramonet: «Sono
dieci volte tanto le vittime dell'attacco alle Twin Towers, sono le
vittime della guerra sociale ed ecologica, conflitti più nascosti
ma che fanno molti più morti».
La conferma arriva da René Cardoso, coordinatore dei comitati
cittadini della regione di Cochabamba, in Bolivia, incendiata un
anno fa da scontri di piazza violentissimi dopo che
l'amministrazione pubblica aveva privatizzato il servizio idrico,
provocando rincari nelle tariffe di oltre il 50%. «I rincari
avevano impedito di fatto alla metà della popolazione di Cochabamba,
ricca d'acqua, il diritto ad accedervi - ha raccontato Cardoso - La
nostra rivolta ha costretto l'amministrazione pubblica a ragionare e
a tornare sui suoi passi. Ma il prezzo pagato in vite umane è stato
altissimo».
Anche nella regione di Bangalore, in India, 6 milioni di persone
rischiano la vita con l'arrivo della siccità. «Donne e uomini
vengono sfollati - ha denunciato Siddharta, leader del movimento
indiano Pipal Tree e organizzatore del prossimo Forum sociale
mondiale che si terrà nel 2004 nel suo paese - inseguono i pozzi
ancora attivi, provocano tafferugli e subiscono atti di guerriglia
scatenati dai gruppi più forti. Tra 50 anni la disponibilità
d'acqua si ridurrà a un quarto dei bisogni reali, prevediamo esodi
di massa e i morti non si conteranno».
Garantire il diritto all'acqua come bene dell'umanità è, dunque,
scelta indispensabile per garantire la pace nel pianeta. «L'economia
della violenza ha soppiantato la guerra fredda e ha scatenato tutte
le guerre per il petrolio e per l'acqua - ha concluso Riccardo
Petrella, presidente del Comitato italiano per un Contratto mondiale
per l'acqua - Se non vogliamo che le guerre per l'acqua si
moltiplichino nel mondo dobbiamo pretendere una gestione democratica
e condivisa di tutti i beni essenziali».
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