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di Colosimo M. Vincenzo
Classe V Sezione A dell'Istituto Magistrale Statale di Mesoraca (KR)
All'inizio del XX secolo, l’evolversi della civiltà industriale, l'avvento delle macchine, il rinnovamento del pensiero dovuto tra l’altro alle nuove scoperte scientifiche, lo sviluppo delle comunicazioni e la conquista del volo, operano una profonda trasformazione nella società europea: è l’era del dinamismo, dell’attivismo, del trionfo delle macchine, dell’audacia e a volte anche della violenza, che danno alla vita un ritmo febbrile.
Le arti – architettura, pittura, musica, letteratura, cinema –, intendono esprimere questa nuova frenesia, e per farlo devono dimenticare ogni insegnamento e protendere verso il futuro: bisogna allora distruggere ogni legame con il passato, simboleggiato da musei e biblioteche e creare un’arte che sia in grado di cogliere la realtà nel suo continuo divenire, di riprodurre la velocità e la potenza delle macchine, di cogliere non gli oggetti ma il loro moto vorticoso. Così nel 1909 Filippo Tommaso Marinetti pubblica sul Figaro di Parigi il Manifesto del Futurismo, a cui seguirono, negli anni successivi, altri Manifesti per tutte le arti; sempre di Marinetti è il Manifesto tecnico della letteratura futurista, del 1912: per ottenere l’immediatezza nella letteratura, i futuristi devono liberare le parole da ogni nesso logico e grammaticale, eliminare le proposizioni, le congiunzioni, gli avverbi, sostituire la punteggiatura con i simboli algebrici, ridurre i verbi alle sole forme elementari, accentuare ed esasperare l’ortografia dei vocaboli per esaltarne il valore onomatopeico (ad esempio "infiniiiiiito"[1]). È la tecnica detta delle ‘parole in libertà’.
Se il Futurismo raggiunse elevati livelli artistici nelle arti figurative, non altrettanto si dice della letteratura: è opinione diffusa tra i critici che questa corrente non abbia prodotto alcuna opera poeticamente valida; in Italia, in modo particolare, giunse sino all’esaltazione della violenza, del nazionalismo, del culto della guerra intesa come unica "igiene del mondo", al punto che finì con l’identificarsi con le manifestazioni più esterne del Fascismo.
Tuttavia non si può disconoscere al Futurismo il merito di aver spazzato via gran parte dei luoghi comuni e del conformismo che ormai da tempo opprimevano la nostra letteratura, facendole assaporare, almeno all’inizio, il gusto dell’anarchia: certo anche l’anarchia nel momento in cui diventa regola, perde la sua essenza e diventa conformismo; per questo infatti, la migliore letteratura futurista rimane quella degli inizi.
Io personalmente ho riscontrato, nello stile di questa corrente letteraria, un qualcosa di geniale, che forse è sfuggito alla lettura di alcuni critici, e vorrei dimostrarlo con un’ analisi del testo Zang-Tumb-Tumb di Marinetti, che insieme ai Manifesti ci fornisce la migliore chiave di lettura del Futurismo.
Nel brano Marinetti è contemporaneamente poeta e giornalista, inviato di guerra nei Balcani (1912): egli, utilizzando la tecnica delle parole in libertà, tenta di ricostruire tutte le sensazioni provate durante il bombardamento della città di Adrianopoli; sensazioni visive, uditive, tattili, che egli riesce a riprodurre grazie ad alcuni accorgimenti di diverso tipo.
Innanzi tutto Marinetti, come altri futuristi, si serve
dell’onomatopea, ovvero di parole, o gruppi di parole, il cui suono richiama
il loro significato:
"[…] azzannarlo sminuzzarlo sparpagliarlo all’infiniiiiiito
[…]"[2];
"[…] mitragliatrici strillare[…]"[3].
Ma se i futuristi si fossero limitati a questo, essi non sarebbero andati più in là rispetto a molta letteratura decadente, ad un Pascoli o, ancor meglio, al sensibile di D’Annunzio: l’originalità risiede altrove.
Prendiamo ad esempio gli accorgimenti tipografici: per rendere l’idea di come i colpi di cannone si ripetano ad intervalli fissi, egli utilizza una parola composta di cinque sillabe e la scandisce graficamente: "re-go-la-ri-tà"[4]; oppure per dare la sensazione della confusione, alterna il formato stampatello a quello corsivo, o maiuscolo e minuscolo:
"Ogni 5 secondi cannoni da assedio sventrrrare spazio con un accordo ZZZANG TUMB TUM ammutinamento […]"[5];
o ancora, più avanti
"[…] beatitudine ombrie CIP CIP CIP brezza verde mandre DON-DAN-DON-DIN-BEEEE"[6];
e poco prima, per descrivere il dilagare delle fiamme,
la parola ‘vampe’ viene ripetuta molte volte, ma in un susseguirsi che
di colpo si slarga e si infittisce:
vampe vampe
Tuttavia, anche gli accorgimenti tipografici non sono propri solo della letteratura futurista, ma anche ad esempio di un Apollinaire o di tanta altra letteratura simbolista.
Ciò che maggiormente ha attirato la mia attenzione nel componimento futurista è l’utilizzo di veri e propri "rumori" al posto delle parole, tecnica che diventerà prorpia di un altro genere ‘letterario’, il fumetto, qualche anno più tardi. Quando Marinetti utilizza termini come "ZZZANG TUMB TUM"[8] per indicare gli spari, o "taratatatatata"[9] per la mitragliatrice; e ancora "trak trak" e "pic-pac-pum-tumb"[10] di schiaffi, morsi e pugni, il lettore ha esattamente nelle orecchie un rumore preciso, che tra l’altro è uguale per tutti: infatti taratatatata rievoca comunemente il rumore di una mitragliatrice, e non solo al lettore italiano, ma in qualunque parte del mondo; anche DON-DAN-DON-DIN è riconosciuto ovunque come il suono delle campane, e BEEEE è il verso di una pecorella in Italia come in Giappone.
La genialità della letteratura futurista dunque, risiede a mio avviso nella sua "universalità": Marinetti non ha solo trovato il modo di tradurre in parole le sensazioni uditive, ma ha soprattutto trovato il modo di tradurle in maniera immediata e in una lingua universale, quella del rumore-suono.
Uso l’espressione ‘rumore-suono’ perchè nel brano l’autore opera una continua analogia fra il bombardamento e i suoni di una orchestra:
"[…] srrrrrrr GRANG-GRANG (colpo in arrivo) croooc-craaac grida degli ufficiali sbatacchiare come piatti d’ottone […]"[11].
In effetti anche la musica di questo periodo gioca molto con i rumori: Franco Casavola, musicista futurista, osservò che l’arte musicale, si era preoccupata fino a quel momento di "accarezzare l’orecchio con soavi armonie, ma che ora ricerca gli amalgami di suono più disparati in quanto esiste un bisogno universalmente sentito di avere nuovi timbri da adoperare"[12]; e con la distruzione della quadratura, ovvero delle simmetrie, la musica futurista diventa "suoni in libertà", proprio come in letteratura abbiamo le "parole in libertà".
Il motivo per cui non bisogna sottovalutare il Futurismo risiede secondo me proprio in questa capacità che ebbe di fondere tra loro le arti, annullando qualunque distinzione; da musicista conosco molto bene la musica dei primi del Novecento, ma ho avuto anche modo di ammirare pitture e sculture di artisti futuristi come Boccioni e di leggere altri scritti di Marinetti: ciò che ha attirato la mia attenzione è stata proprio questa sintesi che si è venuta a creare fra le arti; il disegno spesso diventa scultura, la poesia diventa musica, e tutte insieme le arti confluiscono poi nella nuova arte cinematografica, che proprio in quegli anni conosceva un rapido sviluppo.
Mi sembra chiaro a questo punto che i motivi per non sottovalutare
il Futurismo siano diversi e spero che queste mie poche e frettolose considerazioni
possano magari stimolare la curiosità di qualcuno che desideri approfondirne
lo studio.
[1]F. T. Marinetti, Zang-Tumb-Tumb
(Bombardamento di Adrianopoli), contenuto in Gianni, Balestreri, Pasquali,
Antologia della letteratura italiana, vol. III, parte seconda, p. 604.
[2]Ibidem
[3]Ibidem
[4]Ibidem
[5]Ibidem
[6]Ivi p. 605
[7]Ibidem
[8]Ivi p. 604
[9]Ibidem
[10]Ibidem
[11]Ivi p. 605
[9]Ibidem
[12] Mario Verdone, Il Futurismo, Newton Compton editori, p. 37.
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