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Il comunismo non è morto. La Cina, il più popoloso Stato della terra, è un regime comunista. La Cuba di Fidel Castro è un regime comunista terzomondista. Lo Zimbabwe di Mugabe è un regime afro-comunista. La Corea del Nord è un regime ancora stalinista, mai riformato. La Bielorussia è un regime comunista in piena Europa. Il Laos e il Vietnam sono regimi comunist. In questi Stati si ripetono le stesse cose che si vedevano nell’Unione Sovietica di Stalin e in genere nell’Est: espropriazione dei beni personali, nessuna libertà di culto, parola e pensiero, nessuna garanzia processuale, nessuna libertà politica. In Corea del Nord vi sono ancora pratiche da regime totalitario dei bei vecchi tempi andati, come l’uso dei prigionieri per esperimenti scientifici e l’eliminazione fisica totale di nani e handicappati. Tutti i regimi comunisti sopra nominati hanno come obiettivo esplicito la nostra distruzione: l’annientamento dei sistemi liberali occidentali.

Il comunismo è ancora fra noi. La nostra stessa percezione è condizionata, fin dalla scuola media inferiore, da libri di testo che incensano le idee e le opere dei “grandi” ideologi e dittatori comunisti del passato. E le nostre élite dialogano con questi regimi, danno loro aiuti, applaudono la loro “apertura” (non volendo rendersi conto che si tratta di un mezzo temporaneo per controllare meglio la popolazione) e fanno entrare la Cina nel WTO. Un bambino, sfuggito miracolosamente alle sgrinfie di Fidel Castro, è stato restituito a Cuba dalle stesse autorità americane. Fra gli applausi dell’opinione pubblica occidentale! Se qualcuno parla dei crimini comunisti del passato o del presente, gli si da del pazzo o semplicemente lo si ritiene una fonte inattendibile. Le stesse persone che dieci anni fa uccidevano, o ordinavano di uccidere, masse di innocenti nel nome del comunismo, ora sono professionisti, politici e intellettuali, stimati da tutti e a volte anche eletti dalla maggioranza dei loro concittadini. Fra non molto saremo estasiati nel vedere Olimpiadi giocate negli stessi stadi cinesi dove ora si fanno esecuzioni di massa di prigionieri.

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