IL SITO DEGLI OGGETTIVISTI ITALIANI |
Sì all’aborto! Sì all’egoismo! Sì alla guerra!
Il
giornale del Papa, l’Osservatore Romano, apriva in prima pagina con un titolo
molto significativo “No alla morte (riferendosi all’aborto ndr)! No all’egoismo!
No alla guerra!”. In sintesi è il messaggio che il Pontefice lancia ai suoi
fedeli per il 2003. Bene: è l’opposto di quello che si sostiene in questo sito e
di quello che augurano gli oggettivisti all’umanità, per cui fermiamoci un
attimo e ragioniamo su quello che vuole la Chiesa.
No all’aborto: ma perché? Il feto, nella sua prima fase di esistenza è un
ammasso di cellule. Dobbiamo applicare i diritti individuali a un ammasso di
cellule? Disgregare quell’ammasso di cellule è “omicidio”? I diritti individuali
si applicano (non solo nella filosofia oggettivista, ma da sempre) perché gli
uomini sono dotati di libero arbitrio, di far tesoro della propria esperienza
per formulare delle scelte autonome. Sarebbe più coerente applicare i diritti
individuali a una macchina capace di scegliere e di imparare in modo autonomo
rispetto a ciò per cui è stata programmata, piuttosto che a un ammasso di
cellule privo di cervello. Quell’ammasso di cellule è un uomo potenziale, dicono
i cattolici. Cosa vuol dire? Anche un uomo vivo e vegeto è un cadavere
potenziale, perché in futuro tutti noi saremo cadaveri. Questo non vuol dire che
si applichino o neghino diritti in vista di essere morti. Quindi anche dire che
un feto è un uomo potenziale, non vuol dire nulla o per lo meno non è un
argomento tale da giustificare l’applicazione di diritti del feto.
Nessuno nega che, già con qualche mese di vita, il feto sia dotato di cervello e
di qualche primitiva capacità di ragionamento autonomo e che al nono mese sia
indistinguibile da un neonato. Tuttavia, finché non viene partorito, il feto
rimane un appendice del corpo della madre, fisicamente dipendente dalla
volontà della madre. Tecnicamente, si può dire che è un corpo parassitario.
Piaccia o meno ai Cattolici, qualsiasi individuo può fare del proprio corpo ciò
che vuole, per cui una madre può liberarsi del feto come e quando vuole.
Limitare il diritto della madre ad abortire, è una pesante limitazione dei
diritti individuali e un’affermazione di falsi diritti positivi. Il diritto alla
vita è un diritto fondamentale: è il diritto a non farsi togliere la vita. Non
il diritto di vivere a tutti i costi. Se una persona si ammala gravemente, non
ha il diritto di dover vivere a tutti i costi. Se un uomo sta affogando, non può
reclamare al mare il suo diritto di restare a galla. Così anche un feto, anche
se fosse in grado di parlare, non potrebbe legittimamente reclamare il suo
diritto a essere tenuto in vita dalla madre. Ogni “diritto” positivo, come
quello alla vita preteso dai Cattolici per il feto, si trasforma necessariamente
in un obbligo per gli altri: è un limite imposto arbitrariamente alla loro
libera scelta. Per cui non è un diritto.
No all’egoismo. Anche qui: perché? Egoismo è un termine abusato e sempre
impiegato per descrivere qualcosa di negativo. Egoismo, letteralmente, significa
perseguire i propri interessi. Se un individuo persegue i propri interessi, non
fa altro che soddisfare i suoi desideri e nel farlo non danneggia nessuno, ci
troviamo di fronte a un egoista. Magari lo fossero tutti, a questo punto. Lo
scopo della vita, prima di tutto, è il viverla. Per essere spinti a vivere la
propria vita, un individuo, chiunque egli sia, ha bisogno di una sua
gratificazione, di raggiungere scopi che egli stesso si prefigge di raggiungere,
di produrre ciò che vuole produrre. Perseguire i propri interessi, non solo è
legittimo, ma è lo scopo essenziale della nostra esistenza umana. Perché mai
dovremmo forzare la nostra natura umana, rinunciare allo scopo della nostra
esistenza? Nel messaggio cattolico si legge che “non ci si deve chiudere nei
nostri privilegi di classe”. Allora, perché un bambino di famiglia ricca, che
sta beatamente galleggiando nella piscina del padre, dovrebbe sentirsi in colpa
per la povertà di molti altri bambini che lavano i vetri al semaforo? Con quale
logica si può parlare di “classe”? Una persona che è nata ricca, dovrebbe
sentirsi in colpa perché appartiene alla classe sbagliata? Rinunciare a quello
che i suoi genitori gli hanno (volontariamente) donato alla nascita? Quando il
bambino si fa adulto e fa le sue scelte, il discorso dell’Osservatore Romano
diventa ancora più assurdo. Se, grazie alla propria fortuna o alla propria
abilità, una persona si arricchisce, dovrebbe forse disfarsi di quello che ha
guadagnato? Sicuramente sì, se la sua ricchezza è stata conquistata con la
violenza o l’inganno, ma sembra che non sia questa la preoccupazione dei
Cattolici. Un ricco, solo perché è ricco, deve sentirsi in colpa e aiutare il
“povero”, chiunque egli sia, qualsiasi cosa egli abbia fatto. Un ricco, che ha
guadagnato o mantenuto la sua ricchezza col sudore della fronte, in una vita di
lavoro, dovrebbe magari disfarsi del 50% di quello che ha, non a vantaggio di
chi ama o stima, ma di un teppistello molto più povero di lui, che ha passato la
vita a taglieggiare le vecchiette e che è stato liberato dal carcere per
l’indulto voluto dal Papa. Questa è l’idea di giustizia che ci propina la
Chiesa?
Lo stesso discorso diventa più grave, quando si parla di Nazioni. Secondo
l’Osservatore Romano, le nazioni ricche non devono chiudersi nella loro
opulenza, ma aiutare la parte povera del mondo. Ma perché, il mondo è diviso in
Nazioni ricche e povere? Chissà perché, le Nazioni ricche hanno tutte sistemi
giuridici e politici liberali: democrazia rappresentativa, garanzia del diritto
di proprietà, libertà di espressione ed equo processo. Le Nazioni povere no:
sono tutte, dalla prima all’ultima, rette da regimi dittatoriali che non
riconoscono il diritto di proprietà, censurano l’informazione e possono mettere
in galera chiunque a proprio piacimento. Domandiamoci perché certe società siano
povere: se abiti in un Paese in cui non sei nemmeno sicuro di svegliarti a casa
tua il giorno dopo, in cui la polizia ti può sbatter giù dal letto da un giorno
all’altro, dove non puoi aprire un’attività tua personale, dove per trovare il
lavoro devi prostituirti a un funzionario di partito, voglio vedere come fai ad
arricchirti! O sei uno dei pochi privilegiati che fanno parte del partito giusto
al momento giusto, o hai la rara forza di essere un criminale, o sei
schiacciato. Ma l’Osservatore Romano non fa la (giusta) distinzione fra Nazioni
libere e non libere. Anche perché alcune Nazioni non libere (e dunque povere)
sono governate da catto-comunisti che la pensano allo stesso modo di chi scrive
sul quotidiano vaticano, come il Brasile di Lula. Nella visione cattolica del
mondo, che va affermandosi dalla Populorum Progressio di Paolo VI in poi, le
Nazioni ricche, indipendentemente dai loro meriti, dovrebbero disfarsi di una
parte sempre più consistente delle loro ricchezze per darle alle Nazioni povere.
Cioè: governi democraticamente eletti dovrebbero tassare i loro contribuenti,
penalizzandoli nelle loro attività legittime, per gettare i loro soldi nelle
mani di inutili programmi di aiuto umanitario, in grado solo di creare altre
classi parassitarie nei Paesi del Terzo Mondo e non certo di risolvere il loro
deficit di libertà.
No alla guerra. Chiaro. Chi vuole la guerra? La guerra costa per tutti, sia in
termini di soldi che di vite umane. Nessuno guadagna a fare la guerra, se non
quei dittatori che con la guerra conquistano con la forza le ricchezze altrui.
L’Unione Sovietica, avanzando in Polonia, in Cecoslovacchia e in Germania,
smontava intere fabbriche per rimontarsele in casa. Questi sono i soggetti che,
mediamente, guadagnano o credono di guadagnare dalla guerra. Non le Nazioni
libere, in cui ogni cittadino persegue i propri interessi, guadagna dallo
scambio consensuale di beni e servizi e per cui la guerra è, al meglio, uno
spiacevole aumento di tasse, al peggio un lungo periodo di schiavitù in divisa e
la morte al fronte. Nella situazione attuale, Saddam guadagna ogni giorno il
consenso di masse di fanatici islamizzati, sventolando la bandiera della guerra
contro l’infedele e il “crociato”. Gli Americani, da mesi, pregano perché la
guerra non scoppi e stanno facendo di tutto perché, nel caso dovesse scoppiare,
le perdite proprie e altrui siano limitate al minimo indispensabile e la durata
sia la più ridotta possibile. Però il messaggio cattolico è rivolto contro gli
Americani, ritenuti gli unici responsabili della crisi nel Golfo. E le ragioni
sono sempre le stesse: gli Americani sono ricchi, forti, militarmente potenti,
mentre l’Iraq è povero, ha subito il colonialismo, si fa portavoce dei deboli.
Con l’Iraq si deve cercare il dialogo a tutti i costi. La Chiesa e l’opinione
pubblica cattolica non hanno mosso un dito quando il debolissimo Kuwait (reo di
essere ricco) è stato invaso dall’Iraq. Nel momento il debole (ma ricco) Israele
viene aggredito da cinquant’anni da tutti i vicini arabi, la Chiesa scarica
tutte le colpe su Israele, poster di Arafat compaiono sui muri delle chiese in
Terra Santa e armi per i terroristi vengono trasportate in auto da un principe
della Chiesa. E dove sono le marce della pace cattoliche a favore dei Cristiani
(ricchi) del Libano oppressi dai musulmani (poveri)? Dove le marce per salvare i
Cristiani dalle sgrinfie del regime (povero e antiamericano) integralista del
Sudan? E’ questa l’idea di giustizia nel mondo propugnata dalla Chiesa?
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