IL SITO DEGLI OGGETTIVISTI ITALIANI |
Le armi nucleari: come si fanno, chi le ha, e la proliferazione nell'"asse del male"
Note
tecniche.
La costruzione di una bomba atomica si svolge sostanzialmente in due passaggi.
Per prima cosa bisogna procurarsi il materiale fissile, che deve essere plutonio
sufficientemente puro o uranio altamente arricchito. Ottenuto il materiale
bisogna assemblare un ordigno in grado di esplodere.
Dei due passaggi il primo è sicuramente il più complicato, e costituisce il vero
sbarramento alla proliferazione nucleare.
Per ottenere del materiale fissile in una quantità sufficiente si può procedere
in due modi: o si costruiscono degli impianti di arricchimento dell’uranio, o si
costruiscono dei reattori nucleari simili a quelli usati nelle centrali nucleari
ad uso civile, e si ritratta chimicamente il combustibile nucleare usato nel
reattore estraendone il plutonio.
L’arricchimento dell’uranio è un processo
che separa due diversi isotopi dell’uranio che si trovano nell’uranio naturale.
L’uranio naturale, (per capirci, quello che viene estratto dalla miniera e
purificato), contiene il 99,3% di uranio 238, ovvero uranio il cui nucleo è
formato da 92 protoni e 146 neutroni, e lo 0,7% di uranio 235, il cui nucleo ha
tre neutroni in meno.
I due isotopi dell’uranio hanno comportamento chimico identico e massa solo
lievemente diversa, ma hanno un comportamento totalmente diverso quando vengono
irraggiati da neutroni. Quando un nucleo di uranio 235 viene colpito da un
neutrone, infatti, ha circa il 90% di probabilità di dividersi in due, emettendo
un’energia di 200 milioni di volte superiore a quella di una tipica reazione
chimica. Questo processo è definito processo di fissione.
Se un nucleo di uranio 238 viene colpito da un neutrone, invece, lo assorbe, e
si trasforma dopo un po’ in plutonio 239, che, come l’uranio 235, fa fissione.
Il processo di arricchimento dell’uranio è un processo che, partendo da uranio
naturale, genera uranio con una percentuale maggiore di 235, in modo da
agevolare il processo di fissione.
Di solito, per usi civili, (e cioè nelle centrali nucleari per produrre energia
elettrica) si usa uranio naturale, o, più spesso, uranio arricchito al 2-3 %,
mentre per costruire una bomba atomica serve uranio 235 arricchito oltre l’80%,
e di solito si cerca di arrivare al 90%.
I processi che si usano per l’arricchimento sono principalmente cinque.
La Diffusione Gassosa: Si pompa uranio
attraverso dei setti porosi sotto forma di Esafluoro di Uranio, (UF6) un gas
chimicamente aggressivo e molto tossico. La maggior parte dell’uranio arricchito
per usi civili viene ottenuto così. Il problema è che l’arricchimento per ogni
stadio è molto basso, e che questi impianti consumano quantità enormi di energia
elettrica per pompare il gas. A titolo di esempio di può citare Eurodif, in
Francia, che, per arricchire l’uranio utilizzato per quasi tutte le centrali
europee, richiede l’energia di quattro centrali nucleari (circa 4Gw, circa il
consumo di tutta la provincia di Milano).
Sono impianti che, anche se non necessariamente di queste dimensioni, sono molto
costosi, anche se non estremamente complessi. Richiedono un grosso potenziale
economico e industriale.
La Centrifugazione: Invece di pompare l’esafluoro
di uranio lo si fa girare a decine di migliaia di giri al minuto all’interno di
centrifughe: il gas che si trova più vicino al centro della centrifuga è più
ricco di Uranio 235, che è più leggero. L’arricchimento di ogni stadio è
abbastanza alto (ogni centrifuga aumenta la percentuale di 235 di quasi il 40%,
contro meno dell’1% della diffusione gassosa).
Le prime centrifughe consumavano molta energia elettrica, ma quelle di ultima
generazione consumano poco e funzionano ottimamente. Quelle di prima generazione
non sono particolarmente complicate da fabbricare, mentre quelle moderne
richiedono tecnologie non facilmetne accessibili e secretate.
E’ il metodo più facile e redditizio per avere un buon potenziale di
fabbricazione per costruire un arsenale nucleare, e si sa che molti stati hanno
costruito impianti di questo tipo (Pakistan, Israele) , o stanno cercando di
costruirli (Iraq).
La Separazione aerodinamica, è concettualmente
simile alla centrifugazione, solo che il gas viene iniettato ad alta pressione
in un condotto a spirale. Richiede più energia della centrifugazione, ma è più
semplice. È stato utilizzato dal Sud Africa per costruire un piccolo arsenale
nucleare oggi smantellato.
La Separazione Elettromagnetica (calutrone) è
la tecnologia con cui gli Usa hanno costruito la prima bomba all’uranio (quella
di Hiroshima): si accelerano delle particelle cariche con un piccolo
acceleratore, e le si spara contro gli atomi di uranio, ionizzandoli (strappando
cioè loro uno o più elettroni). A questo punto gli atomi, carichi
elettricamente, possono essere separati, visto che hanno la stessa carica ma
massa differente. In questo modo si separano delle piccole quantità di uranio
molto puro, adatto a costruire armi nucleari. Richiede dei buoni magneti e una
ingente quantità di energia elettrica.
Visto che si trattava di una tecnologia molto vecchia, i particolari costruttivi
non erano stati posti sotto segreto, ma batterie di calutroni possono dare
abbastanza materiale da costruire qualche bomba all’anno.
L’Iraq aveva costruito, (con l’aiuto francese e acquistando magneti al Cern di
Ginevra) batterie di calutroni, e li aveva posti sotto il reattore Osiraq, fino
alla distruzione del reattore avvenuta con un raid aereo israeliano nel 1981.
La Ionizzazione selettiva laser, (AVLIS)
consiste nel far ionizzare da un laser a una determinata frequenza (definita con
molta precisione) solo gli atomi dell’isotopo desiderato, che possono essere poi
separati.
Richiede tecnologie molto sofisticate, che sono alla portata di pochi stati.
Sembra che l’Iran ne abbia costruito (o ne stia costruendo uno) su progetto
russo.
Un altro modo per ottenere materiale fissile utilizzabile nella costruzione di
armi nucleari è quello di estrarre plutonio
da barre di combustibile nucleare già stato in reattore.
Il Plutonio non esiste in natura, ma si ottiene dall’uranio 238 quando assorbe
un neutrone. Il nocciolo di un reattore è generalmente costituito da decine di
tonnellate di uranio, e quest’uranio è spesso uranio 238 al 97% e uranio 235 al
3%. Ci si trova quindi con una grande quantità di materiale che si trova esposta
al notevole flusso di neutroni che si ha all’interno del nocciolo di un
reattore, e tutto questo materiale, assorbendo neutroni, genera plutonio.
In generale, su una tonnellata di uranio messa in reattore, all’inizio si hanno
970 chili di 238 e 30 di 235. quando il combustibile nucleare esaurito viene
estratto dal reattore si hanno, di solito, alcuni chili di 235 e alcuni chili di
plutonio.
Dal ritrattamento chimico del combustibile esaurito, quindi, si possono ottenere
notevoli quantità di plutonio.
Il ritrattamento, oltretutto, è un processo industriale che molti paesi usano
per recuperare il plutonio e l’uranio 235 dal combustibile esaurito e per
fabbricare un nuovo combustile, detto Mox (mixed Oxide Fuel). E, nel momento in
cui si maneggia plutonio, usarlo per usi civili o militari è questione solo di
buona volontà, tanto è vero che quasi tutti gli impianti di ritrattamento (a
parte quelli nordcoreani, quelli pakistani, indiani ed israeliani) sono sotto il
controllo degli ispettori della Iaea, e non è un mistero il fatto che gli Usa
tentino di non far diffondere troppo questa tecnologia, in realtà alla portata
di qualsiasi paese che, avendo un buon potenziale industriale, abbia un po’ di
soldi da investirci.
L’unico problema è che il plutonio 239 estratto da molti tipi di reattori sia
inquinato da plutonio 240, un isotopo che ha proprietà che mal si conciliano con
l’utilizzo militare.
Tendenzialmente si estrae un buon plutonio quando si tiene per poco tempo
dell’uranio naturale in reattori moderati ad acqua pesante o a grafite, un
plutonio peggiore se si parte da uranio arricchito tenuto molto in reattori
moderati ad acqua leggera (I Pwr o i Bwr, cioè la stragrande maggioranza dei
reattori per usi civili). Non è un caso che il plutonio la prima bomba americana
fosse stato generato da un reattore costituito da grafite e uranio naturale
costruito da Fermi, non è un caso che gli Indiani usino reattori ad acqua
pesante, e non è un caso il fatto che gli Usa abbiano aiutato la Cora del Nord a
costruire dei reattori ad acqua leggera, chiedendo però di chiudere i reattori a
grafite e di mettere sotto controllo Iaea gli impianti di ritrattamento.
Una volta ottenuto il materiale fissile, costruire la
bomba è relativamente semplice.
Contrariamente a quanto di solito si pensi, la costruzione di una bomba non è
una cosa elementare.
Il problema è che le reazioni nucleari devono avvenire molto velocemente, e cioè
devono finire prima che il calore generato distrugga meccanicamente il nucleo
esplodente.
Di conseguenza l’innesco deve avvenire molto velocemente, e devono avvenire più
reazioni possibili nel minor tempo possibile.
Negli anni ’60 il ministro della difesa americano commissionò a tre fisici
neolaureati il progetto di una bomba, e risultò che tre fisici, senza
particolari conoscenze, avendo a disposizione solo la letteratura di pubblico
dominio,furono in grado di produrre in due anni un progetto funzionante.
Al giorno d’oggi, le informazioni disponibili sono molto maggiori, e con un
normale Pc si possono fare delle simulazioni impensabili negli anni ’60. Quindi
assemblare una bomba funzionante (avendo il materiale) non è semplice per l’uomo
della strada (non basta mettere insieme il materiale: lo si farebbe fondere e
basta), ma è alla portata di qualsiasi stato o di qualsiasi gruppo terroristico
ben organizzato.
La bomba assemblata sarebbe una bomba rudimentale, come quella di Hiroshima,
avrebbe grosse dimensioni (non utilizzabile, per esempio, su un missile), e
potenziale non superiore a qualche Kiloton ma sarebbe comunque più che
sufficiente a radere al suolo una città di qualche decina di migliaia di
abitanti.
Con studi più accurati, con simulazioni numeriche e con qualche esperimento non
nucleare si possono produrre design migliori, a innalzare l’energia
dell’esplosione e a ridurre le dimensioni.
Per bombe a fusione, (Fino a 50 Megaton) o per design particolari e più
efficienti, (come, ad esempio, le armi tattiche che stanno in un proiettile
d’artiglieria) servono dei test.
Gli israeliani, per esempio, hanno prodotto armi tattiche di dimensioni molto
ridotte facendo solo un test (o probabilmente due, di cui forse uno segreto in
collaborazione col Sudafrica).
Le armi nucleari nel mondo
Molti stati aderiscono al Trattato di non Proliferazione, che prevede una serie
di clausole volte ad evitare che lo sviluppo di armi nucleari si diffonda
indiscriminatamente.
Il trattato prevede che tutti gli stati che vi aderiscono e che sono in possesso
di tecnologie nucleari per uso civile sottopongano al controllo della Iaea
tutti i loro impianti che potrebbero essere sensibili da questo punto di vista.
Si dividono quindi gli stati in tre categorie: gli stati dotati di armi
nucleari, quelli con conoscenze nucleari ed impianti tali da poterle sviluppare
facilmente, e che sono a loro volta fornitori di tecnologie per il nucleare
civile, e quelli che non hanno (o non dovrebbero avere) la capacità di
costruirle.
I primi sono ovviamente esenti da controlli, i secondi (tra cui l’Italia, molti
paesi europei, il Giappone e la Corea del Sud) sono controllati ed accettano di
non cedere tecnologie sensibili ai terzi, tra cui molti paesi che sono oggi a
rischio di proliferazione, come l’Iran, l’Iraq o la Corea del Nord.
Non aderiscono al trattato potenze nucleari come Israele, il Pakistan e l’India.
Gli Usa cercano di evitare il diffondersi di tecnologie sensibili (come quella
del ritrattamento del combustibile), e non si fidano completamente del controllo
Iaea, che risulta essere uno strumento quantomeno incompleto. E’ famoso il caso
dell’Iraq, che arrivò, nel 1991, ad un soffio dalla costruzione di armi
nucleari, nonostante aderisse al trattato di non proliferazione, mentre la Iaea
era presieduta proprio dall’Hans Blix che oggi sta cercano prove del non riarmo
dell'Iraq di Saddam Hussein, ed ugualmente famoso quello della Corea del Nord,
che, dopo aver accumulato materiale nucleare e tecnologie, si è ritirato dal
trattato ed ha affermato di essere ad un soffio dalla realizzazione della bomba.
Al momento i paesi che dispongono (certamente) di armi nucleari sono gli Usa, la
Russia, la Francia, la Gran Bretagna, l’India, il Pakistan e Israele.
Gli Usa e l’Urss ancora oggi dispongono di
un impressionante arsenale, rispettivamente di 12000 e 21000 testate
rispettivamente, di cui 6700 e 5700 sono utilizzabili in breve tempo.
Entrambi dispongono di Icbm, ovvero di missili a lunghissimo raggio, di missili
a medio e a corto raggio e di bombardieri e sottomarini strategici.
La Cina, invece, dispone di circa 500
testate, di Icbm (i Df5) e di missili a lungo raggio. Dispongono anche di
sottomarini strategici e di bombardieri di teatro.
Francia e Gran Bretagna dispongono di
qualche centinaio di testate, portate da sottomarini strategici (con missili con
gittate fino a 7000 Km) o da bombardieri di teatro.
India e Pakistan sono potenze nucleari
relativamente recenti, e dispongono di un piccolo arsenale (50 e 20 testate
circa) su missili a medio-corto raggio (Agni e Ghauri), tali da poter essere
usati in caso di conflitto Indo-Pakistano. L’India ha dimensionato i suoi
missili in modo da poter arrivare a Pechino, in caso di conflitto con la Cina.
Il Pakistan sembra abbia costruito le sue armi con uranio arricchito con
dispositivi a centrifuga abbastanza avanzati costruiti da progetti rubati, negli
anni ’70, dal consorzio Anglo-tedesco Urenco.
Israele dispone di qualche centinaio di testate,
montate su missili (Jericho 1 e 2), con gittate fino a 4000 Km e di alcuni
missili lanciati da sottomarini (Popeye Turbo, con gittata di circa 200 Km),
anche se sembra che disponga di versioni capaci di gittate fino a 1500 Km.
Gli stati più a rischio di proliferazione nucleare, sono, al momento, Corea del
Nord, Iran, e (più in passato che al presente) l’Iraq.
La Corea del Nord possiede da tempo centrali
nucleari per uno civile, ma ha annunciato da poco tempo il suo ritiro dal
trattato di non proliferazione, ha tolto i sigilli della Iaea al suo impianto di
ritrattamento, e ha ricominciato a far funzionare un reattore ad uranio naturale
e grafite, affermando di aver bisogno di energia elettrica. Affermazione che
suona più che altro come un paravento, visto che la centrale già accesa ha una
potenza di 5 Mw (ridicola, per una centrale nucleare: di solito le centrali
vanno da 300 a 1000 Mw), e visto che il paese non sta facendo grandi sforzi per
completare i reattori da acqua leggera costruiti con l’aiuto statunitense. Le
centrali a grafite, ricordiamo, possono produrre un plutonio adatto per fare
bombe, mentre i reattori ad acqua leggera producono un plutonio peggiore.
Oltretutto voci di intelligence riportano la presenza di 39 Kg di plutonio come
già presenti in Corea, e si pensa che attualmente i coreani detengano da due a
sei testate già assemblate.
La Corea del nord dispone di missili con una gittata di 1500 Km, che possono
arrivare in ogni punto del Giappone, (e, ovviamente, della Corea del Sud), e sta
sviluppando missili che arrivino fino a 4000 Km.
L’Iraq ha cercato per molti anni di
costruire un arsenale nucleare.
Nonostante avesse firmato il trattato di non proliferazione, negli anni ’70
aveva costruito Osiraq, un reattore che doveva alimentare decine di unità Emis
per l’arricchimento con il metodo della separazione elettromagnetica. e fornire
combustibile da ritrattare.
Il reattore (con gli impianti di arricchimento) fu distrutto nel 1981 da una
squadriglia di bombardieri israeliani.
Il programma nucleare ripartì poco dopo con la costruzione di altre unità Emis,
e con la ricerca nel campo delle centrifughe a gas, ma abortì rumorosamente
sotto le bombe alleate della guerra del Golfo nel 1991. Nel 1991, comunque, il
programma era talmente avanzato che gli stessi irakeni preventivavano, nel giro
di meno di un anno, di avere alcune testate disponibili, nonostante i controlli
della Iaea allora presieduta da Hans Blix.
Le ispezione Onu, dopo la guerra del Golfo, non diedero mai risultati certi.
Si sa che in Iraq ci fu una vera caccia delle unità Emis, e si sa che nel 1998
gli ispettori dell’Onu denunciarono di non aver potuto (su minaccia diretta dei
militari irakeni) ispezionare dei camion su cui si stavano caricando dei
componenti di Emis.
Si sa che il programma nucleare irakeno è stato fortemente aiutato dalla
Francia, che avrebbe fornito non solo sopporto per la costruzione di Osiraq, ma
anche 12 chilogrammi di uranio arricchito al 93% . E’ stato anche riportato
(prima del ’91) l’acquisto di 13 Kg di uranio arricchito all’80% di provenienza
sovietica, ma praticamente nulla di tutto ciò è sopravvissuto alla guerra del
Golfo.
Cosa sia rimasto del potenziale nucleare dell’Iraq è al giorno d’oggi una delle
domande più di moda sui mezzi d’informazione di tutto l’occidente, ma quello che
si sa di sicuro è che in Iraq c’è il Know How per la costruzione di armi
nucleari, e non è chiaro dove siano finite molte unità Emis.
L’Iraq dispone sicuramente di un certo numero di Scud con circa 700 Km di
gittata, adatti al trasporto di bombe anche non troppo raffinate.
A minore rischio di proliferazione è l’Iran,
anche se i dati che si hanno non sono assolutamente chiari. Voci parlano di
quattro testate passate nel 1991 dal Kazakistan all’Iran, ma non si hanno
conferme. Si sa che l’Iran è un paese con una buona esperienza dal punto di
vista dell’utilizzo civile del nucleare, e che, pur avendo sottoscritto il
trattato di non proliferazione, sta sviluppando impianti di arricchimento e di
ritrattamento che possono avere un doppio uso. Oltretutto, il regime degli
ayatollah si distingue per i suoi proclami ambigui in politica estera, e l’Iran
sta importando dall’Europa e dalla Russia tecnologie che, pur essendo applicate
al nucleare civile, potrebbero essere utilizzate anche per un programma
militare. Oltretutto, sembra che i russi volessero fornire un impianto di
arricchimento al laser, ottimo per produrre uranio militare, ma che il programma
abortì alla fine del 2000 per le proteste americane.
Sono stati a segnalati degli impianti di produzione di acqua pesante, che
potrebbe servire per costruire dei reattori che , come quelli a grafite, danno
un buon plutonio militare.
Si teme che entro 5-6 anni potrebbero essere costruite delle testate
funzionanti.
l’Iran dispone di missili con 1500 Km di gittata, e sta sviluppando una versione
successiva da 2500 Km (shahab4) capace di arrivare in Germania, e una,
successiva, da 5000 Km (shahab 5), che porterebbe tutta l’Europa sotto
l’ombrello nucleare iraniano.
La circolazione di armi e di tecnologie in
Asia è un fenomeno molto complesso, in cui giocano un ruolo molto attivo
l’Ucraina, il Kazakistan e la stessa Russia, per non parlare dei traffici di
tecnologie nucleari e missilistiche tra Corea del Nord, Pakistan, Iran, Iraq, e
Siria.
A titolo di esempio basti ricordare che i missili No-Dong, nordcoreani, sono
praticamente uguali agli Shahab 3 iraniani e ai Ghauri 2 Pakistani, hanno
identica gittata e identico carico trasportato. I missili a corto raggio
nordcoreani, gli Hwasong 2, altro non sono che degli Scud C modificati,
esattamente come tutti i missili irakeni altro non sono né erano altro che Scud
sovietici rivisitati e migliorati. Lo stesso dicasi per gli Shahab 4, evoluzione
del vecchio SS4 sovietico, con qualche componente cinese.
L’Ucraina e il Kazakistan, dopo la dissoluzione dell’impero sovietico, si
trovarono ad avere oltre il 40 % della popolazione impiegata nell’industria
militare, e ospitavano sul loro territorio importanti basi missilistiche e
militari. Inutile dire che cercarono (e cercano ) di trarre vantaggio dalla
situazione vendendo, senza troppi scrupoli, armi e tecnologie ai vicini.
Ovviamente le armi nucleari furono riprese in mano dalla Russia, ma tutte le
industrie missilistiche restarono dov’erano, con il loro personale.
Si sospetta che il Pakistan, molto avanzato in campo nucleare, abbia ceduto alla
Corea del nord tecnologie nucleari (in particolare per il ritrattamento del
combustibile nucleare) in cambio di tecnologie missilistiche.
Michele Ferrarini
mferrarini@hotmail.com
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