Pochi
giorni fa ci è esploso davanti agli occhi lo Shuttle Columbia, mentre rientrava
da una missione scientifica in orbita.
Tutti l’hanno visto esplodere, dividersi in vari tronconi, e precipitare a
terra, trascinando con sé i suoi sette uomini di equipaggio.
Tutti abbiamo visto i resti della navetta, e reperti agghiaccianti come un casco
o una mostrina della tuta del pilota.
Quei sette uomini erano andati in orbita per una missione scientifica, per fare
esperimenti che avrebbero migliorato la nostra tecnologia, avrebbero aiutato i
nostri scienziati a costruire teorie migliori, e avrebbero, col tempo,
migliorato la nostra vita.
Sapevano che andare nello spazio, nonostante il fatto che gli shuttle siano
sempre stati ragionevolmente sicuri, poteva comportare dei rischi.
Lo sapevano, ma avevano lavorato duramente per poterci andare, avevano sognato
di poter guardare la terra dall’alto, di poter essere ricordati, un giorno, come
dei pionieri.
Loro, insieme a tutti quelli che, con loro, hanno lavorato al progetto Shuttle,
hanno pensato, e progettato, hanno permesso all’umanità, con i loro esperimenti,
di fare un passo avanti, e loro sette hanno rischiato per questo, e hanno pagato
in prima persona per i loro sogni.
Qualcuno ha visto nell’esplosione dello Shuttle la dimostrazione della
fallibilità dell’”impero” americano e del suo sogno tecnologico. Qualcuno è
stato perfino contento per questo, perché è talmente antiamericano da gioire
anche della morte di gente innocente, purché questo possa far male agli Usa, o
perché crede che il progresso sia un male, che la tecnologia sia un male, e
sogna un mondo che ritorna al passato.
Noi, invece, crediamo che la tecnologia e il progresso siano il frutto più alto
della potenzialità umana, e crediamo che quei sette, che sono stati pronti a
rischiare la vita, e anche a perderla, per inseguire i loro sogni, siano degli
eroi, e come tale vadano trattati.
Se il nostro futuro sarà migliore del nostro presente, molto sarà dovuto agli
uomini come loro.