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Sharon ci insegna a ragionare alla araba

Molti degli errori fatti nell’ambito della questione israelo-palestinese sono dovuti, a nostro parere, a un errore di prospettiva.
Molto spesso, da parte europea ma non solo, si tende a reclamare concessioni su concessioni al popolo palestinese, pensando che, se i palestinesi verranno accontentati in alcune delle loro rivendicazioni territoriali, metteranno fine agli attentati.
Si potrebbe ricordare semplicemente che, storicamente, in medio oriente non è mai andata così, ma la questione andrebbe,secondo noi, inquadrata in un contesto molto più generale.
Noi occidentali ragioniamo molto spesso basandoci sul concetto di “do ut des”.
Il concetto di gesto distensivo è tipicamente occidentale, e si basa su una logica che è, più o meno: “io ti do una cosa per provare di essere in buona fede, così sarai meglio disposto nei miei confronti e domani mi darai qualcosa anche tu.”
Gli arabi ragionano in modo diverso: se ricevono una concessione, vuol dire che il metodo utilizzato è buono, perché porta buoni frutti, e da lì si può partire per chiedere di più. 

Applicato alla situazione in medio oriente la cosa risulta evidente.  
A seguito dello scoppio della seconda Intifada a Israele viene sempre offerto uno scambio di “pace contro territori” .
Se io fossi un contadino palestinese che vuole un campo a Tel Aviv, e vedessi che Israele si ritira effettivamente da alcune posizioni, ne dedurrei immediatamente che la strada è buona, perché dà buoni frutti, e che quindi è giusto andare avanti con gli attentati.
Dopo che gli israeliani hanno lasciato le posizioni nel sud del Libano, ad esempio, quelle posizioni sono state occupate da paramilitari  (con l’appoggio della guardia rivoluzionaria iraniana) che da lì bombardano l’alta Galilea. E i palestinesi hanno ricominciato a chiedere altri territori.

Sharon conosce molto bene questa logica. Per questo sta cercando di insegnare (con le cattive) ai palestinesi che non è in questo modo che si raggiungerà la pace, ma che questa strada porterà loro solo lacrime e sangue.
In questa ottica ha dichiarato che, per ogni attentato, verranno occupati a tempo indeterminato altri territori e in questa ottica ha iniziato a demolire le case dei kamikaze e a prendere provvedimenti anche contro le loro famiglie, qualora li avessero aiutati.
Non a caso leggiamo sui giornali del caso del padre che ha sparato a una gamba del figlio per impedirgli di diventare un “martire dell’Islam”.
Forse per senso morale, ma molto più probabilmente per paura di vedere la sua casa distrutta dai missili dell’esercito israeliano.
Non si può forse sperare che il popolo palestinese  inizi capire che ha molto da guadagnare dalla pace, ma almeno è evidente che qualcuno, in Palestina, sta capendo che dal terrorismo ha molto da perdere. 
Un successo delle lezioni di Sharon.

 


 

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