Mentre tutto il
mondo osserva preoccupato e speranzoso l’evoluzione dell’intervento alleato in
Iraq, una vocina si leva da oltralpe, ad ammonire gli americani e gli inglesi
sull’illegalità e l’amoralità di questo intervento.
Chirac, dall’alto della sua statura morale, da mesi non prede occasione per
straparlare di legalità internazionale, dell’importanza dell’Onu,
dell’importanza di rapportarsi al mondo tenendo conto delle istituzioni
multilaterali, dell’importanza di non dividere l’Europa e di rispetto dei
diritti umani degli irakeni.
Tutti discorsi che ci saremmo aspettati più facilmente da qualche buonista
idealista e un po’ ingenuo della sinistra più sfigata, piuttosto che da un
presidente francese noto per il suo approccio quantomeno disinvolto e
decisionista.
La cosa, poi, sembra ancora più strana conoscendo la storia di questo signore,
noto per aver seguito una politica quantomeno pragmatica e non sempre troppo
edificante.
Tanto per cominciare, ci sono in giro foto di Chirac che, nel 1974, quando era
primo ministro, sorride servile a Saddam per aggiudicarsi un appalto da qualche
miliardo di euro per la costruzione di Osiraq, un reattore nucleare che il
regime cercò di spacciare come civile, e del relativo combustibile.
Con il solo particolare che il reattore di cui sopra funzionava con uranio
talmente arricchito da poter essere riutilizzato come uranio militare. Tradotto,
cercò di vendere qualche arma nucleare agli irakeni.
Gli americani protestarono, e lui ringhiò “gli americani non si azzardino a
ostacolare l’industria nucleare francese”. Gli israeliani, per fortuna,
bombardarono il reattore appena costruito, e fecero solo bene. Tutti (compresa
l’Italia) protestarono. Ovviamente, contro Israele.
Negli ultimi anni, senza porsi gravi problemi morali, molte aziende francesi e
russe si aggiudicarono appalti di tutti i tipi in Iraq, (famoso quello della
Total-Fina-Elf per lo sfruttamento di alcuni giacimenti petroliferi)
contrattando tranquillamente con Saddam manco fossero al mercato del pesce di
Napoli.
Parallelamente tante aziende, sia russe che francesi, mandavano materiale
militare in Iraq senza preoccuparsi troppo dell’embargo e della pericolosità del
regime.
Gli americani, casualmente, hanno scoperto il commercio di pezzi di elicotteri
“Gazelle” e hanno ritrovato componenti di elettronica russi (puntualizziamo: non
sovietici, russi, prodotti dopo l’embargo del 1991) in molte apparecchiature
militari.
Russi e Francesi, non potendo negare, ma nemmeno ammettere troppo hanno
bofonchiato qualche ammissione a mezza bocca.
Qualche sospetto viene, se si ricorda che Chirac, senza mai un attimo di
incertezza, si è battuto strenuamente contro l’intervento in Iraq, ed è arrivato
a chiedere che “Saddam sia disarmato, non sostituito”, non preoccupandosi
probabilmente troppo di tutto il sangue sparso dal regime irakeno.
Qualche malalingua ha sospettato che la prima preoccupazione di Chirac non fosse
tanto il rispetto del diritto internazionale, quanto quello dei lucrosi
contratti francesi con il regime dei macellai irakeni.
Ma la malalingua di cui sopra potrebbe anche sospettare uno squallido gioco
politico, ovvero potrebbe sospettare di uno Chirac che si vuole fare campione
dell’antiamericanismo globale, e ancora meglio dell’antiamericanismo arabo, di
uno Chirac che vuole ricrearsi un ruolo in Africa, dopo aver perso completamente
il polso di uno dei pochi paesi africani (la Costa d’Avorio) in cui la Francia
conta (o forse contava) ancora qualcosa.
Potrebbe sospettare che, cercando una “grandeur” ormai morta e sepolta sotto una
decadenza economica e culturale ovvia anche ai bambini, Chirac non si ponga
troppe remore morali, e non si ponga problemi nemmeno a sporcarsi le mani e la
faccia ricevendo con tutti gli onori gente come Mugabe, strizzando l’occhio al
regime Sudanese (che sta sterminando milioni di animisti e cristiani nel sud del
paese), visitando l’Algeria e facendosi acclamare dalla folla che brucia le
bandiere americane.
Aggiungendo a tutto ciò l’approccio sportivo riguardo alle questioni europee,
viene da pensare che il presidente francese, in un delirio di onnipotenza, non
si sia accorto che Carlo Magno è morto più di mille anni fa, e che il Sacro
Romano Impero è finito da un pezzo.
Si impegna a costruire un asse franco-tedesco pacifista, nichilista e
antiamericano, e pretende di dettare la linea politica di tutta l’Europa senza
aver nemmeno consultato gli altri paesi dell’Unione.
Cerca di costruire una difesa comune europea (il cui comando, guardacaso,
sarebbe francese), ed enuncia il piano franco tedesco di pace pretendendo che
tutti siano d’accordo, e che non osino alzare lo sguardo davanti al potente
imperatore di Francia.
Si imbufalisce
quando gli altri paesi europei si permettono di redigere un documento che
sconfessa il suo, e grida all’”Europa divisa”, senza realizzare che, se due
paesi sono da una parte e diciotto dall’altra, forse non sono i diciotto che si
devono adattare.
E, già che c’è, sfoggiando un grande senso di democrazia, si premette di
redarguire i paesi candidati all’entrata nell’Ue, come la Bulgaria, per aver
osato non condividere la sua posizione dicendo che “hanno perso una buona
occasione per stare zitti”.
In tutta questa situazione, si permette pure di risentirsi perché Blair non gli
porta il rispetto dovuto, dicendogli che “è stato molto sgarbato, nessuno mi ha
mai parlato così”.
Qualcuno, forse dovrebbe spiegargli che l’impiccagione per lesa maestà non usa
più, in Europa, soprattutto nei confronti di un capo di stato straniero.
L’impressione che si ha, in definitiva, è che Chirac, più che il presidente di
un paese europeo, si creda l’imperatore d’Europa, e sia convinto che, a ben
vedere, sul suo regno non tramonti mai il sole.
Forse qualcuno dovrebbe ricordargli che l’ultimo che diceva queste cose è finito
male.
Ma lui non se ne cura. Insegna la retta via agli americani, agli europei, e si
fa acclamare dagli arabi, come un vero imperatore.
Oltretutto fa affari con tutti i peggiori criminali della storia contemporanea,
offre loro protezione, e paraventi diplomatici all’Onu, e non si cura troppo dei
morti che i suoi “amici” disseminano per i propri paesi.
In definitiva, quest’uomo si crede un imperatore, ma, visto il suo senso morale,
e guardando la sua politica, ci sembra molto appropriata la copertina del Sun,
che, poche settimane fa, ritraeva la testa di Chirac montata su un corpo da
lombrico, titolando a tutta pagina, con grande senso pratico e senza troppi
complimenti, “Chirac è un verme”.
Mai titolo ci trovò più d’accordo