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Hanno arrestato 20 no-global per l'unico reato che non hanno commesso.

Hanno arrestato 20 no global.
Chiunque non stravedesse per questi cari ragazzi, quelli che, periodicamente, occupano le nostre città, a volte distruggendo tutto quello che trovano, a volte menando un po’ di poliziotti, a volte facendo dei simpatici e pacifici sit-in contro la Nato, contro Bush, per i poveri del mondo e  per la pace, aveva salutato gli arresti come la fine di un’epoca.
La fine dell’impunità dell’estrema sinistra.
L’affermazione del principio che, sempre e comunque, assalire i carabinieri, cercare di impedire fisicamente una riunione, “occupare col proprio corpo” uno spazio non proprio, lanciare sampietrini, bruciare automobili e amenità varie sono reati. Punto e basta.
Non c’è “provocazione”, “clima di tensione”, o “nobile intento” che tengano.
Chi devasta, o chi organizza la devastazione, è colpevole, e deve pagare secondo la legge.

Ora, quando si era sentito dell’arresto di Francesco Caruso, leader dei no-global campani, tutti avevano pensato che, in fondo, era ora.
Caruso era stato filmato mentre parlava tranquillamente con uno che stava distribuendo delle mazze e delle spranghe, era stato denunciato per aver inviato un proiettile al ministro dell’interno prima del G8 di Genova, ed aveva prodotto idee geniali come quella di “occupare pacificamente” l’Enterprise, (sì, la portaerei americana) quando questa si trovava al largo di Napoli.
Oltretutto era stato alla testa del corteo che, a Genova, voleva impedire il G8. E, per chi non lo sapesse, manifestare con striscioni e slogan è libertà di manifestazione, interrompere con la forza un summit internazionale deciso dal governo è un reato.
  
Ma in Italia (e non solo) la giustizia è uguale per tutti, ma per alcuni è più uguale che per altri.
Quindi se un povero uomo medio ha un negozio ed evade le tasse per finanziarsi la casa al mare, arriva la Finanza, gli chiude l’attività e lo sbatte in galera. Se un centro sociale organizza un concerto, fa pagare il biglietto, vende bibite e alcoolici, e (ovviamente) non paga le tasse per autofinanziarsi le corazze di plexiglas (illegali) per le manifestazioni, nessuno lo tocca.
Se un uomo medio “invade con il suo corpo” il negozio del vicino perché gli sta sulle scatole, arriva la polizia e lo sbatte (di nuovo) in galera. Se dieci no-global invadono un’agenzia interinale perché “l’uomo non è un ingranaggio” nessuno li tocca.
E se, cosa ancora più grave, una squadraccia di questi personaggi invade la croce rossa di Milano “perché presta la propria manodopera al campo di detenzione imperialista di Via Corelli” (un campo di accoglienza), e interrompe il servizio, in modo da non permettere ai poveri cittadini di essere soccorsi in caso di bisogno, può capitare (è successo) che i componenti della squadraccia di cui sopra si lamentino pure di esser stati aggrediti dai “volontari fascisti” che prestano soccorso sulle ambulanze.
 
Quando i venti no-global sono stati arrestati, quindi, la prima reazione è stata quella di stappare lo Champagne.
Alle squadracce no-global era stata finalmente revocata l’impunità.

Ma, leggendo i motivi dell’arresto, il cavatappi ci è caduto di mano, e lo sconforto ha preso il posto dell’euforia.
I no-global sono stati arrestati per “associazione sovversiva”, ovvero per aver tramato “contro l’ordinamento economico e costituzionale dello stato”.
Cioè, in pratica, non si è contestato a Caruso e soci di aver progettato degli atti di guerriglia, di aver organizzato occupazioni illegali, di aver aggredito le forze dell’ordine, e via dicendo.
No, li si accusa di aver tramato per rovesciare lo Stato.
In pratica, gente che potrebbe essere accusata di almeno 200 reati è stata arrestata per l’unica cosa che, manifestamente, non ha fatto.
Restiamo perplessi, e, aspettando che qualcuno li accusi di qualcosa di reale, dobbiamo ritappare lo champagne.
Sperando, per la prossima volta, di poter brindare veramente ad una giustizia che sia, finalmente, uguale per tutti.

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