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Un '89 per l'integralismo islamico
di Mauro Vaiani


Credo fermamente nella pace in Medio Oriente.
C'è già un paese dove si vive in pace, in Medio Oriente. Questo paese si chiama Israele.
E' incredibile quanto Israele sia pacifico, libero, aperto, nonostante abbia vissuto sotto la continua minaccia (reiterata, non solo teorica) di distruzione da parte di TUTTI i paesi confinanti.
L'odio ha molte cause, più o meno profonde, ma il più importante motore dell'odio è una forma di totalitarismo nazionalista e socialista che si è radicato nei paesi arabi sin dai tempi della progressiva dissoluzione dell'Impero Ottomano. L'Islam sunnita tradizionale e tante altre forme e culture del mondo islamico con questo totalitarismo non c'entrano nulla, ma questo lo si capirà con il tempo e comunque è un argomento ambizioso che ci porterebbe troppo lontano.
Questo totalitarismo ha subito varie influenze e varie contaminazioni (dal Kemalismo turco allo stalinismo, al radicalismo terzomondista) ma in Palestina credo che siano stati decisivi gli anni in cui i nazionalisti arabi hanno collaborato con i Nazisti.
Israele è insopportabile e inaccettabile per tutti gli Arabi che hanno, per età, origini familiari, cultura personale, una qualche minima memoria storica della loro collaborazione con il Nazismo.
Per motivi che mi sembrano ovvi (e che credo di poter omettere in questo intervento).
Così come i Comunisti hanno atteso per 70 anni il crollo dei paesi capitalistici, così gli Arabi Nazionalsocialisti hanno atteso per oltre mezzo secolo di vincere una guerra (militare, politica, propagandistica, economica) contro Israele.
Hanno atteso invano. Sia i primi, che i secondi.
Questo non perché la storia sia giusta... Ci mancherebbe... Ma è umana, la storia, e nessuna vicenda umana può dispiegarsi a lungo nella storia e nella vita degli uomini, senza verità. Poiché l'ideologia è menzogna istituzionalizzata e assolutizzata (un'altra parola giusta sarebbe: venerata), l'ideologia non può reggere. Non può affrontare la storia. Non può reggere l'urto del passaggio delle generazioni. Se non sarà tuo figlio, sarà tuo nipote. Prima o poi un essere umano cercherà la verità, e non la troverà. Questi giganti dai piedi d'argilla che sono gli stati totalitari crolleranno...
Così come in Europa, per decenni, siamo stati pieni di persone di buona volontà che hanno voluto, pervicacemente, testardamente, negando ogni evidenza, credere che il Comunismo aveva almeno qualcosa di giusto e buono, allo stesso modo siamo tuttora pieni di persone che sentono, ostinatamente e contro ogni buon senso, che in fondo le istanze nazionalsocialiste degli Arabi malati di totalitarismo hanno almeno un qualche fondo di giustizia.
Così come in Europa siamo stati pieni di comunisti che difendevano il comunismo sulla pelle dei Russi e dei Polacchi, così ancora oggi siamo pieni di terzomondisti e filorivoluzionari che difendono il nazionalsocialismo palestinese sulla pelle dei Cisgiordani, dei Giordani, dei Libanesi, dei Siriani, dei profughi e dei loro discendenti.
Sbagliavano i primi. Sbagliano i secondi.
Certi Europei post-comunisti o comunisteggianti sono stati gli ultimi ad accorgersi che il comunismo moriva. Certi Europei filopalestinesi e antisemiti saranno gli ultimi ad accorgersi che l'OLP, la Sira, l'Iraq, l'Arabia Saudita sono tirannie criminali, lacerate al loro interno in fazioni sanguinarie, che distruggono sistematicamente la vita e la verità ovunque dominano.
Anche per il nazionalsocialismo arabo scoccherà un 1989, ma non è imminente.
Verrà il giorno in cui i Giordani e i Siriani si ribelleranno contro le dittature nazionalsocialiste e guerrafondaie, anche se temo che ciò accadrà solo dopo che almeno una delle grandi potenze nazionalsocialiste (l'Iraq?) sarà stata distrutta da una guerra.
Vorrei scrivere qualcosa sul ruolo oscuro e ambiguo (sarei tentato di scrivere: demoniaco) che in questo scenario gioca l'Arabia Saudita, ma anche questo mi porterebbe a scavare in un'altra miniera e invece voglio concludere questo mio intervento.
Cosa deve fare Israele?
Deve continuare a fare ciò che ha fatto sin dal giorno in cui è nata:
- combattere per difendersi, altrimenti verrà distrutta; che la Provvidenza-Shekinah aiuti Israele a vincere, come è sempre accaduto fino ad oggi, ogni sua essenziale battaglia per la vita;
- trattare con i suoi vicini dei confini sicuri;
- continuare ad essere l'unico paese civile del Medio Oriente dove Ebrei e Arabi possono vivere liberi e sicuri.
Se per continuare a essere ciò che è, Israele ha bisogno di un muro attorno a quelli che sono i suoi provvisori confini, ebbene, che lo costruisca. E' un paese sovrano e libero.
Da quando io ho un po' di memoria informativa e storica, cioè dal 1974, quando gli atleti israeliani furono sterminati a Monaco, è emerso che i confini di Israele meno contestati ma anche più insicuri sono quelli del 1967.
Sia chiaro che non troverete nessuna persona che si occupa seriamente di diritto internazionale che vi sottoscriverà che per qualche motivo quelli "debbano" essere i confini di Israele.
I confini del 1967 sono quello che sono e cioè, ripeto, il lascito dei passati armistizi, i meno contestati oggi (oggi, non venti o anche solo due anni fa...), anche se senz'altro non sono sicuri, né facilmente difendibili.
Tuttavia nella repubblica di Israele si è sempre immaginato, più o meno esplicitamente, che ciò che essa ha dovuto più volte occupare per difendersi dalle aggressioni (ma da cui si è sempre ritirata), cioè Gaza e la Cisgiordania dovessero tornare all'Egitto e alla Giordania (che se le erano conquistate dopo la fine del mandato britannico) o in qualche modo evolversi verso una forma di autogoverno.
Sì, verso l'autogoverno.
Raramente un governo di Israele ha pensato all'annessione e nessun governo responsabile di Israele ha mai pensato di dare la cittadinanza israeliana forzatamente ai Cisgiordani.
In grande maggioranza, da sempre, dalle origini stesse dello stato di Israele, si è sempre pensato che Gaza, la Giudea, la Samaria, sarebbero dovute diventare realtà a maggioranza araba che si autogovernavano. Quando si dice che Gaza e la Cisgiordania potrebbero essere indipendenti, o felicemente e pacificamente unite all'Egitto o alla Giordania, da decenni, se solo avessero avuto delle leadership più mature, più efficienti, meno corrotte, meno avide, si dice una cosa che un giorno, non lontano, sarà scritta in lingua araba nei libri di storia araba per i futuri Arabi di Israele, di Cisgiordania, di Gaza e di Giordania. Essendo una drammatica verità, tutta l'ideologia e tutta la propaganda del mondo nazionalsocialista arabo non potranno cancellarla. Il problema dell'autogoverno di Gaza e della Cisgiordania, infatti, non è Israele, che è già decisa a ritirarsi in quelli che non potranno coincidere (perché il tempo passa e cambia ogni scenario, confini compresi) ma che somiglieranno molto ai confini del 1967, ma la leadership che gli Arabi, primi fra tutti i cittadini di Gaza e di Cisgiordania, i cui diritti elettorali sono in parte garantiti internazionalmente e che quindi potrebbero presto poter votare, vorranno darsi.


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