gioielli.. gioielli... Di nuovo
accoccolato
sul
trabiccolo,
a cogliere
il freddo
pallore
dell'idea,
equamente
dissezionata
tra
sacro
e
tra
profano.
Larga
è la manica
dell'abside
teatina,
ma abrasi
sono
i miei
laici
gioielli... gioielli...
girasoli.

A sera,
nel tea-room
ascoltavo
la tua
cantilena
in un fumo
di tè,
e te
inquieta
al 10%
mentre
descrivevi
le tue
corse
al rallentatore.


La silenziosa
ombra
debordava
appena
tra
il profumo
dei sorrisi
e il dolce
soffio
delle
parole.

La mescita
di tempere
e di birre
sul ponte
gioielli... gioielli... dell'immobile
veliero
trafugò
la bianca
luna
nel caldo
tuo occhio.
Dalle terre
dei fuochi
d'artificio,
veleggiammo
poi
per le lontane
terre del Sud
per forza
d'inerzia
e di gravità.
Ora
non
distinguo
tra
canto
e sogno
e le stelle
sono
ancora
i tuoi
invetriati
bottoni.


Venisti
a me
inattesa,
sventagliando
le tue
ali
gioielli... gioielli... dalle
tenebre
del ricordo,
come
talvolta
la saetta
della luce
dalla
grigia
nuvola,
oh
tenera
colomba,
a me
amica.


Era
antica
primavera
di odori
e colori,
incauti
ancora
i nostri
baci
di vetro
e ossidiane,
e incerti
tuttavia
gioielli... gioielli... i nostri
cuori
sull'arida
groppa
di Vulcano.


Come
mano
amica
si aprì
candido
il propileo
che vide
solitario
il poeta
e le sue
tristi
veglie,
a favoleggiare
di mute
contrade
tra inimicizie
di natura
e superbia
di uomini.


Allora
fiammeggiarono
i tuoi
occhi
come
stelle
e mille,
gioielli... gioielli... mille
caddero
le scintille
nel nostro
mare,
che
scrutammo
con
il debole
cannocchiale
della speranza.


Fu
allora,
quando
la bolla
della
tua
gonna
diventò
al caldo
mio
alito,
aquilone
gioielli... gioielli... di carta
e di vento,
che
intrecciammo
i gialli
delle
odorose
ginestre