Riassunto - Opera Omnia >>  Giovanni Verga  : « Vita dei campi »+ Testo originale    




 

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FANTASTICHERIA


La novella rievoca un dialogo ideale tra il narratore, il Verga, ed una dama sua amica. Insieme, di passaggio con il treno, osservano i dintorni di Aci-Trezza, e colpiti dal paesino e dal suo paesaggio, decidono di fermarvisi un mese in villeggiatura. Il primo momento di romantica illusione della donna la porta a soffermarsi sulle bellezze del paesaggio, come i faraglioni. Senonché, dopo solo quarantotto ore di soggiorno la donna si rende conto di non apprezzare la monotonia della vita di paese e della sua società, e decide di ripartire. Il narratore, dal canto suo, cerca di spiegare alla donna le caratteristiche della vita di Aci Trezza. Superate le prime superficiali impressioni, ci si rende conto che si tratta di una realtà popolata da umili pescatori, per comprendere i quali, "bisogna farci piccini anche noi": Verga sostiene che solo assumendo il punto di vista di questi ultimi sarà possibile capirne la loro realtà, e i più intimi sentimenti che accompagnano la loro esitenza. Un aspetto fondamentale è il fatto che in questo villaggio di pescatori è praticamente impossibile sopravvivere senza l'appoggio dei compaesani.

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JELI IL PASTORE


Jeli è un ragazzo indipendente cresciuto portando a pascolare le bestie, mentre don Alfonso è "cresciuto nel cotone", cioè proviene da una famiglia agiata. Inizialmente i due ragazzi passano la maggior parte del loro tempo insieme, sono ragazzi e la differenza sociale non influisce sul loro rapporto. Succesivamente, col passare del tempo, i due si limitano a salutarsi e la differenza sociale comincia a pesare sempre di più: entrambi dimenticano i momenti e le avventure passate insieme da ragazzi. Mara è la ragazza per la quale Jeli perde la testa. È la figlia di Massaro Agrippino e della gnà Lia. Viene descritta come una ragazza bellissima con gli occhi neri come stelle che ama vestirsi di rosso. Il suo rapporto con Jeli è di stretta amicizia, tanto che alcuni a Tebidi dicevano che si sarebbero sposati. La prima parte della novella si conclude proprio con la sua partenza da Tebidi. Attraverso l'episodio della morte di uno dei puledri che aveva in custodia, e al suo conseguente licenziamento, Jeli fa esperienza della violenza e della logica economica. Senza lavoro e senza un posto dove passare la notte Jeli vede sbattersi la porta della casa di Mara in faccia, come se fosse un pezzente. Attraverso ciò fa esperienza del disinteresse della gente nei suoi confronti e dell'abbandono. Jeli si vede escluso dal divertimento della festa quando tutti si divertono cantando e ballando mentre lui sta fuori ad osservarli. Jeli si vede escluso dall'affetto di Mara quando questa passeggia e chiacchiera con il figlio di massaro Neri e non si cura minimamente di Jeli che la osserva baciarsi con l'altro ragazzo. Il motivo economico è un elemento fondamentale anche nel legame tra Mara e Jeli. Quest'ultimo pensa di non poter pretendere di sposare Mara a causa della non irrilevante differenza sociale esistente fra i due.

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ROSSO MALPELO


Rosso Malpelo è un ragazzo con i capelli rossi; questo significava, secondo le leggende popolari, essere malizioso e cattivo. Per questo è maltrattato da tutti e non trova affetto nemmeno dalla madre, che non accetta la sua scelta di vita, non si fida di lui credendo che il figlio le nasconda una parte dei soldi del suo stipendio; cattivi sono anche i rapporti con la sorella che lo accoglie sempre picchiandolo. Malpelo lavora con il padre, Mastro Misciu (al quale è stato dato il soprannome di Bestia), in una cava di rena rossa. I due sono molto legati: Misciu infatti è l'unico ad avergli mai dato affetto e Malpelo, appena gli altri operai provano a prendere in giro il povero padre, lo difende. Un giorno Misciu Bestia accetta di lavorare in un punto della miniera molto pericoloso: nessuno avrebbe fatto lo stesso, ma il bisogno di soldi lo spinge a rischiare. La sera tardi, mentre Malpelo gli sta dando una mano, il pilastro cade all'improvviso addosso a Misciu. Rosso Malpelo, preso dalla disperazione e dal panico inizia ad urlare e a chiedere aiuto ma, quando anche gli altri se ne accorgono, ormai è troppo tardi. Mastro Misciu è già morto. Dopo la morte del padre, Malpelo diventa ancora più cattivo agli occhi degli altri e riprende a lavorare nella galleria dov'era morto il padre. Qualche tempo dopo alla cava viene a lavorare un ragazzino piccolo e debole che prima faceva il muratore, che è stato costretto ad abbandonare il mestiere a causa di una caduta. Il ragazzo, soprannominato Ranocchio per il modo di camminare e di atteggiarsi viene subito preso di mira da Malpelo che lo tormenta continuamente picchiandolo e insultandolo. Più Ranocchio non si difende, più lui continua: vuole che impari a reagire e ad affrontare la vita che non è sempre facile e che secondo lui è una continua sfida. In realtà il vero motivo è che Malpelo gli vuole bene e vuole insegnargli come difendersi, spesso gli dà la sua razione di cibo pur di non farlo morire di fame oppure lo aiuta con i lavori pesanti. Dopo qualche tempo viene ritrovato il cadavere di Mastro Misciu. Tutto ciò che a Malpelo rimane del padre sono pochi oggetti che Malpelo custodisce come tesori e tanti ricordi. Non molto tempo più tardi Ranocchio, che da un po' di tempo si era ammalato di tubercolosi, muore all'improvviso. Malpelo, rimasto solo, scompare nella cava: gli era stato affidato il compito di esplorare una galleria ancora sconosciuta. Nessuno si sarebbe assunto un compito così pericoloso ma lui, sapendo che nessuno se ne sarebbe preoccupato, accetta e parte: preso del pane, del vino, gli attrezzi e i vestiti di suo padre, si addentra in quella galleria e non ne uscirà mai più.

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CAVALLERIA RUSTICANA


È la storia di Turiddu Macca, un contadino siciliano, figlio di una signora chiamata Nunzia. Prima di partire a fare il militare, era fidanzato con Lola, una signorina che voleva sposare e amare di tutto il suo cuore. Però, nel frattempo, Lola si è fidanzata con Alfio, un carretiere che è molto più ricco di Turiddu: ha « quattro muli in stalla » mentre la madre di Turiddu ha dovuto vendere la loro unica mula. Turiddu rincasa, e un giorno incontra finalmente Lola quando va alla processione della Madonna del Pericolo. Lei gli spiega che è la volontà di dio di diventare la moglie di Alfio, e ora tutti e due sanno che non hanno più niente da dirsi. Turiddu è bel ragazzo, ma non è tante ricco quanto « compare Alfio ; allora è roso dalla gelosia, dalla delusione, e tutti sparlano di questo. Quindi vuole vendicarsi, decidendo di sedurre Santa, che abita la casa di fronte a quella di Alfio, per fare ingelosire Lola. Suo padre, Massaro Cola, è vignaiulo, è « ricco come un maiale »; e Turiddu commincia a lavorare come operaio e sedurre la ragazza, girando intorno a lei ; però è presto cacciato da Cola. Allora la ragazza gli apre la finestra e così chiacchierano la sera. A poco a poco, mentre Santa si innamora di Turiddu, Lola li spia la sera alla finestra, nascosta dietro un vaso di basilico. Lola è gelosa e rimpiange un pò Turiddu. Un giorno lo chiama e lo invita a casa sua di notte. Santa ne se rende conto e chiude la finestra perchè si sente tradita, ferita ; ora vuole vendicarsi. Allora quando Alfio torna dalle fiere con bei regali per sua moglie, Santa gli dice che è stato tradito. L'offesa è molto grande; e un giorno, Alfio da un appuntamento a Turiddu per l'indomani nei fichidindi all'alba: questi due protagonisti si danno il bacio della sfida e si affrontano in un duello straziante e sanguinoso, armati solamente di un coltello. La storia finisce tragicamente con la morte di Turiddu.

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LA LUPA


Nel villaggio dove viveva la chiamavano la Lupa perché ella non era mai sazia delle relazioni che aveva con gli uomini. Le altre donne avevano paura di lei perché con la sua bellezza attirava a sè i loro mariti e i loro figli, anche semplicemente guardandoli. Di ciò soffriva la figlia, Maricchia, che sapeva che non avrebbe trovato un marito. Una volta la Lupa si era innamorata di un giovane, Nanni, che mieteva il grano con lei, e lo guardava avidamente e lo seguiva; una sera gli dichiarò il suo amore e lui rispose che voleva in sposa Maricchia, ella se ne andò via per ripresentarsi ad ottobre per la spremitura delle olive e gli offrì in sposa Maricchia e Nanni accettò, ma sua figlia non ne voleva sapere ma la costrinse con le minacce.
Maricchia aveva già dato dei figli a Nanni, e la Lupa aveva deciso di non farsi più vedere, anche perché lavorava molto durante la giornata. Un pomeriggio caldo svegliò Nanni che dormiva in un fosso e gli offrì del vino, ma egli la pregò di andarsene via, ma lei tornò altre volte incurante dei divieti di Nanni.
Maricchia era disperata e accusava al madre di volerle rubare il marito e andò anche dal brigadiere e Nanni lo supplicò di metterlo in prigione pur non rivedere la Lupa, ma ella non lo lasciava in pace.
Una volta Nanni prese un calcio al petto da un asino e stava sul punto di morire, il prete si rifiutò di confessarlo se la Lupa fosse stata là, ella se ne andò ma, visto che Nanni sopravvisse ella continuò a tormentarlo e lui alla fine la minacciò di ucciderla. La Lupa gli si presentò ancora davanti e Nanni la uccise, senza che lei opponesse resistenza.

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L'AMANTE DI GRAMIGNA


Il racconto scritto da G. Verga narra la storia di un bandito, soprannominato Gramigna, che ormai da parecchi anni razziava e saccheggiava le campagne siciliane. Dopo un'ampia descrizione del protagonista, la scena successivamente si sposta su Peppa, una giovane ragazza, che doveva sposarsi con Finu, un giovane molto conosciuto nella zona per la sua ricchezza. Ma un giorno la ragazza decise di seguire Gramigna e perciò abbandonò Finu. Il bandito prima non acconsentì alla ragazza di seguirlo, ma dopo che costei dimostrò il proprio coraggio, quest'ultimo decise di tenerla con sé. Dopo un lungo scontro tra il bandito e i carabinieri, Gramigna e i suoi compagni d'armi, compresa Peppa, vennero presi e portati in prigione. La ragazza, comunque, fu liberata, grazie al pagamento della cauzione da parte della madre. Dopo qualche mese Gramigna fu trasferito e Peppa, ancora innamorata, lo seguì e continuò a trascorrere la propria vita presso il carcere dove si trovava Gramigna e incominciò a lavorare per i carabinieri che si occupavano della prigione.

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GUERRA DI SANTI


Durante i festeggiamenti della festa in onore di San Rocco, a causa dell'invidia di quelli del quartiere di San Pasquale, iniziano delle liti: volano sberle e oggetti, vi sono molti feriti, litigi tra parenti e saltano anche matrimoni.A San Pasquale aspettavano il delegato di Monsignore che avrebbe dovuto portare la mozzetta ai canonici, infatti avevano fatto venire ad incontrarlo anche la loro banda fuori dal paese. I galantuomini in riunione avevano una gran voglia di accapigliarsi e il delegato, dicendo che era venuto per la conciliazione,invitò questi signori a prendere il cioccolato in sagrestia. In paese per la forte carestia scoppiò il colera,anche Turi e Saridda ne furono colpiti. Nino, a questa notizia, corse a casa di quest'ultimi e ci fu la riconciliazione, poi si ammalò anche Nino e stette per morire, Saridda disperata voleva morire con lui, anche Nino guarì e insieme a Turi si gettavano in viso l'un l'altro San Rocco e San Pasquale. Finalmente tutti fecero la pace.

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PENTOLACCIA


La novella narra di Pentolaccia un povero bracciante siciliano. Egli voleva sposare "la Venera" a tutti i costi nonostante la madre gli dicesse in continuazione di lasciarla stare quella ragazza, perché non aveva voglia di lavorare e perché l'avrebbe tradito alla prima occasione che fosse capitata. Ma egli non volle sentir il parere di nessuno e se la sposò, costringendo la madre a lasciar la casa. Una volta diventata padrona di casa, "la Venera" ne combinò tante così che la gente chiamava il marito "Pentolaccia", egli allora iniziò ad insospettirsi ma la moglie gli rispondeva che erano solo delle dicerie. Ma le voci della gente erano vere, infatti "la Venera" lo tradiva con don Liborio un ricco dottore che non faceva mancare niente alla donna e neanche a suo marito. Don Liborio era anche molto rispettato dall'ingenuo Pentolaccia che lo chiamava "signor compare" e faceva per lui ogni tipo di mestiere. Ma un giorno Pentolaccia sentendo due contadini parlar di lui definendolo un cornuto, tornò a casa colmo d'ira e appena vide don Liborio lì a casa sua, lo raccomandò di non farsi più vedere da quelle parti altrimenti avrebbe fatto una brutta fine, ma don Liborio snobbò la cosa pensando in un momento di follia del contadino. Il giorno seguente "Pentolaccia" decise si tornare prima dai campi e cogliendo la moglie impreparata la quale attendeva la visita di Don Liborio. Il contadino s'appostò sull'uscio di casa senza muoversi e quando sentì i passi dell'anziano dottore per la via, si preparò con una stanga in mano. Appena questo mise un piede nella stanza, "Pentolaccia" lo colpì con una stangata sulla nuca che lo uccise sul colpo. E così "Pentolaccia" finì in galera.

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