Abbondante è la produzione in
prosa del Duecento che, come quella in versi, è spesso in lingua latina o
francese. Lo stesso "Milione" di Marco Polo, forse l'opera più famosa di quel tempo,
fu dal famoso esploratore dettata in lingua d'oil al compagno di prigionia
Rustichello da Pisa; e sempre in prosa francese
fu composto il "Trésor", specie di enciclopedia, da Brunetto Latini (maestro di Dante), autore pure
dell'opera prosaica, benchè in versi settenari a rima baciata, il "Tesoretto",in cui svolge questioni dottrinali sulla
creazione, sulla natura degli angeli, degli uomini, degli animali,
ecc.
Sempre di natura didattica
sono le numerose raccolte in volgare di sentenze e aneddoti, ma non
mancano opere storiche - come la "Cronaca fiorentina di Ricordano e Giacotto Malispini - o romanzeschi - come il "Tristano" e la
"Tavola Rotonda" - o narrative - come il "Libro dei sette savi" e il
"Novellino".
Un cenno a parte merita il "Novellino". Si compone di cento brevi racconti scelti
durante il Trecento da una più vasta raccolta composta da un anonimo
fiorentino del Duecento. Dal libro si evince che l'autore dové essere dotato di discreta cultura, di sana
moralità, di profonda conoscenza dell'animo umano, di buona capacità
espressiva, anche se il suo stile appare disadorno, eccessivamente
essenziale, e la sua sintassi oltremodo elementare. Le fonti del
"Novellino" sono le più varie, alcune riconoscibili (la Bibbia, Valerio
Massimo, il "De civitate Dei" di Sant'Agostino), altre no; ma gli spunti
sono sempre rielaborati in maniera personalissima.