«ULTIME COSE - Sera di febbraio
Nel Canzoniere di Saba proprio per l'impianto su cui esso si regge, per la concezione che della sua attività poetica ha l'autore (registrazione della propria vicenda anteriore, romanzo totale), c'è posto per una vastissima gamma di atteggiamenti, per posizioni molteplici e contrastanti. Questa lirica, rispetto alle precedenti, ha una notevole carica di novità: sia per la sua essenzialità, sia per il cupo senso di estraneità alla vita degli altri - descritta prima con tanta affettuosa adesione - che la anima.
Tutto l'ultimo Saba, attraverso Parole, Ultime cose e Mediterranee, rinnova, con la più duttile sapienza dell'età matura, l'accento di grazia intima di Trieste e una donna e dei suoi più alti momenti successivi. Consunti e indeboliti i moduli d'una tradizione che gli erano serviti come limiti e schemi ove si rapprendesse e assumesse figura la sua calda materia, ora si enucleano, nella forma della più semplice notazione di diario, della fugace impressione naturale e della rapida fissazione di un pensiero o di un ricordo, i trasalimenti della vita profonda. Semplici constatazioni, in cui l'emozione lirica si distende nella misura dell'endecasillabo come nel proprio naturale respiro, in fulminei scorci evoca una figura o un paesaggio e suscita atmosfere d'una intensità forse prima irraggiunta. S'è così operata, nella poesia di Saba, una sorta di precipitazione, per cui tanti elementi del suo mondo, magari poetici ma non poeticamente essenziali, ne sono caduti (e le prose di Scorciatoie, assieme a qualche epigramma, accolgono ora le espressioni della sua famigliare saggezza ed esperienza, gli aneddoti, i momenti riflessivi, che sono forse anch'essi, in fondo, di natura poetica, ma d'un ordine diverso), e rimane, nella sua diretta ed intensa espressione, nella sua acuta aderenza sensibile, il puro momento della «trance» emotiva.
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