LETTERATURA ITALIANA :     ANALISI DEL NOVECENTO

LUIGI PIRANDELLO:   INTRODUZIONE

Luigi Pirandello non fu soltanto quel narratore e quel drammaturgo che sappiamo, ma fu anche dotato di una scaltrita coscienza critica ed autocritica, come dimostrano i suoi numerosi interventi sulla letteratura contemporanea e vari saggi critici, il più importante dei quali è certamente quello dedicato a L'Umorismo (1908). Proprio in questo saggio, scritto quando egli aveva già dato parecchie prove della sua qualità di narratore, Pirandello ci dà una chiave di lettura della sua opera allorché dichiara che essa nasce in lui dal «sentimento del contrario» e chiarisce che con questa definizione si deve intendere la capacità o meglio la vocazione a cogliere i molteplici e contrastanti aspetti della realtà, a scinderne e isolarne le varie e contraddittorie componenti, a percepire quale vita palpita e soffre dentro le strettoie delle forme, ad andare al di là di ciò che in prima istanza cade sotto i nostri sensi. Ora è chiaro che questa disposizione, questa prospettiva da cui nasce quella forma d'arte che egli definisce «umoristica» - non può dare una visione univoca del reale, anzi dissolve la stessa concezione di una realtà oggettiva e autonoma: la realtà è tante cose, tante - e contraddittorie - realtà nel contempo.

Le conseguenze di queste dichiarazioni pirandelliane possono essere così elencate: 
1) superamento di un canone fondamentale del verismo-naturalismo, come quello dell'esistenza di un realtà da descrivere con puntigliosa precisione; 
2) relativismo gnoseologico, cioè affermazione della relatività del processo della conoscenza e dei giudizi ai quali esso porta; la realtà è una e tante insieme, proprio come ognuno di noi è per l'altro Uno nessuno e centomila (come suona il titolo di un romanzo pirandelliano): ogni individuo quindi può avere, della realtà, un'idea che non coincide con quella degli altri.

Un narratore che muova da queste premesse non può accettare i canoni cari al verismo, ma deve trovare modalità narrative nuove che mettano in evidenza questa indefinibilità o precarietà del reale, che dissolvano le certezze di estrazione positivistica. E Pirandello infatti avvia questa novità nel suo primo romanzo (L'esclusa) e poi la realizza con risultati particolarmente felici ne Il fu Mattia Pascal (1904), e con esiti diversi negli altri romanzi e nella produzione novellistica (che inizia nei primi anni del secolo e continuerà pressoché sino ai suoi ultimi giorni). L'adozione del protagonista-narratore (cioè l'uso della prima anziché della terza persona), il frequente ricorso al discorso indiretto libero, lo scompaginamento dell'ordine cronologico-casuale nella narrazione, sono alcuni dati di questa destrutturazione delle forme narrative tradizionali che Pirandello attua.

Il relativismo gnoseologico fra le altre conseguenze comporta anche quella di mettere a nudo la convenzionalità dei valori accettati, dei ruoli imposti dalla vita associata; da questo punto di vista l'opera di Pirandello è una continua e inesorabile demistificazione. Ma l'animus, la disposizione con la quale egli procede a questa inclemente demistificazione è complesso, coerentemente col «sentimento del contrario» da cui è sotteso, è fatto di grottesco e di pietà. Ora infatti Pirandello si accanisce a mettere a nudo beffardamente, grottescamente le incongruenze delle meccaniche convenzioni imposte dalla vita associata, ora invece ci sono, nella sua pagina, toni di dolente comprensione per le grige e dolenti esistenze stritolate da quei meccanismi, per la «pena di vivere così».

Quanto abbiamo detto vale anche per la produzione teatrale, si potrebbe anzi asserire che il teatro era il genere letterario specifico, ottimale al quale doveva approdare il suo relativismo gnoseologico che, come si è detto, comportava disparità di giudizi sulla realtà, quindi scontro e opposizione tra contrastanti tesi. Proprio per questo i personaggi del teatro pirandelliano talvolta discutono troppo, sono dei "loici" agguerriti.

Come per la narrativa, così nel teatro Pirandello disarticola le strutture tradizionali: nei drammi in cui egli attua l'avanguardistica soluzione del "teatro nel teatro" (eccezionali, tra questi, i Sei personaggi in cerca d'autore) crolla una convenzione (quella della "quarta parete") sulla quale da sempre il teatro si era retto.

 

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