LETTERATURA ITALIANA DEL NOVECENTO

Cesare Pavese:  Lavorare stanca

Scrive Lorenzo Mondo: «La lettura [della raccolta Lavorare stanca] sarà soprattutto valida se riuscirà a mettere in luce quelle emergenze tematiche che troveranno pieno svolgimento nella narrativa». È - a nostro modo di vedere - un giudizio restrittivo e opinabile (in quanto riduce la produzione poetica di Pavese ad "antefatto", a puro "repertorio tematico"), convinti come siamo del valore autonomo Che alla raccolta pavesiana non si può negare ih una linea della poesia italiana del Novecento. Comunque, anche muovendo dalla prospettiva citata, la lirica che ora riportiamo assume un'importanza particolare, perché ne emerge un tema che è un denominatore comune di tutta l'opera di Pavese: quello della solitudine.

II componimento propone una modalità espressiva ricorrente nella lirica (e anche nella prosa) pavesiana, quella del monologo narrativo-riflessivo: tutto ciò che è detto nel testo è I'osservazione-riflessione del locutore (l'io del poeta) che trae spunto dal girovagare di un uomo nella solitudine di una città che è o pare deserta. Si notino l'espressione «quest'uomo» (l'aggettivo pone l'uomo nel qui e ora del componimento) e la ripetizione di termini che indicano solitudine. È chiaro, poi, che l'uomo girovago è una figura simbolica di una condizione di disagio esistenziale e una controfigura di Pavese stesso, che vi si proietta e riconosce. Altri personaggi compaiono evocati mediante la riflessione o la memoria del poeta da altri luoghi e altri tempi (si notino le espressioni indeterminative che li contrappongono a «quest'uomo»: « un ragazzo» che scappa di casa e lo sbronzo notturno (« a volte c'è lo sbronzo... »), collocati ai due estremi opposti di un'inquietudine che potrebbe placarsi e di progetti che potrebbero ancora realizzarsi, da un lato, e di uno scacco ormai subito e divenuto abituale (i progetti non realizzati sono oggetto di discorsi e rimpianti nei fumi del vino). Quella dell'uomo e, viceversa, la condizione Più drammatica, in cui lo scacco esistenziale sta tramutandosi m realtà irreversibile (ci sarebbe ancora tempo per realizzarsi, ma si sente che la solitudine incombe come un destino). E, infine, c'è la donna che rappresenta la meta non raggiunta e non raggiungibile del simbolico peregrinare.

 

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