Nell'appartata, ma acuta e intransigente, osservazione critica del proprio tempo e della condizione umana in generale e in particolare nell'antifascismo e nella critica della società postbellica stanno i dati più significativi della biografia di Montale.
Con gli Ossi di seppia Montale entra nel novero dei massimi poeti che hanno dato voce al disagio dell'uomo contemporaneo, configuratosi, dopo il decadentismo estetizzante, sempre più spesso come dolorosa inettitudine alla vita. Come appare esemplarmente dai Limoni, la poetica montaliana è sin dall'origine una poetica antieloquente, che ripudia il dannunzianesimo pur avvertendo la necessità di "attraversarlo", facendo - come già Gozzano - «cozzare l'aulico col prosaico». Non è possibile una poesia eloquente perché non ci sono verità positive da affermare, da cantare a voce spiegata. Se la condizione umana è quella desolata disarmonia col mondo che Montale subito percepisce, la poesia dovrà farsi veicolo immediato di essa e pronunciare al massimo «qualche storta sillaba e secca come un ramo» (Non chiederci la parola). Di qui anche la predilezione per forme scabre e aspre e per il paesaggio ligure colto esso pure nei suoi aspetti più aspri. Disarmonia, angoscia, male-di vivere in un paesaggio scabro: questi i temi essenziali degli Ossi di seppia, espressi attraverso celebri metafore: camminare lungo un muro invalicabile, trovarsi impigliato fra le maglie di una rete ecc. Eppure Montale si sente vicino al quid rivelatore e liberatore. A tale condizione alludono metafore altrettanto celebri: il varco, la smagliatura nella rete, il fantasma che può salvare, lo sbaglio di natura, l'anello che non tiene, il filo da disbrogliare che metta «nel mezzo di una verità» ecc. Altri riescono a trovare il varco forse: le ombre di «disturbate Divinità» dei Limoni o Esterina di Falsetto, che spensierata si tuffa in mare, mentre il poeta è «della razza di chi rimane a terra». Come Montale, invece, Arsenio non riesce a svellere le proprie radici e tuffarsi nel mare sconvolto dal turbine di un temporale, momento e luogo finalmente propizi per liberarsi dal male di vivere.
Dagli Ossi alle Occasioni e poi alla Bufera c'è più sviluppo che frattura. Medesimi sono i problemi esistenziali di fondo. Mutano invece circostanze storiche e personali (l'affermarsi della dittatura, la crisi europea, poi la guerra e le tensioni del dopoguerra; amori e conoscenze, nuovi paesaggi), la riflessione si approfondisce, il disagio si radicalizza e talora sembra cercare nuovi improbabili varchi metafisici. La poetica degli oggetti e l'oscurità caratterizzano la poesia delle
Occasioni. Diminuisce l'importanza del paesaggio: la poesia ora è prevalentemente temporale e relazionale (ricerca di contatto con il proprio simile). Importanti la presenza del tema d'amore e in particolare il ciclo di componimenti dedicati a Clizia, la donna assente, che indica al poeta il possibile varco che soprattutto nella Bufera assumerà una dimensione metafisica. La bufera e altro segna innanzi tutto un'irruzione della realtà nella poesia e in particolare della realtà storica e politica. Quello della Bufera è un universo totalmente sconvolto dalla guerra storica e cosmica. Col finale si ha l'esaurirsi anche dell'ultima ipotesi di possibilità che un varco esista e si manifesti. Il lascito montaliano (Piccolo testamento) è un invito a resistere ancorati alle minime (negative) certezze dell'esistere, aggrappati ai propri valori etici, è immagine di una ricerca che nonostante gli scacchi continua, di «un'ostinazione biologica [...] figura di una volontà spirituale che si afferma attraverso la concretezza della condizione terrena» (Fortini).
L'ultima poesia montaliana, da Satura ad Altri versi, sorprese tutti per la novità di modi e toni e di poetica (ma non di ideologia): la degradazione al livello comico-realistico e satirico qui operata è lo scotto necessario per riaprire il discorso poetico. Le ombre proiettate già nella Bufera sugli sviluppi di una società insensata trovano in Satura e nelle successive raccolte piena espressione e un linguaggio adeguato (la prosa, il nonsense, la filastrocca, la parodia, il motto sentenzioso e via dicendo, con attitudine sperimentalistica). È il modo montaliano di adeguarsi ai tempi e insieme di continuare ad essere un testimone inflessibile del proprio
tempo.
|