Eros e Priapo è il romanzo-saggio o l'antiromanzo gaddiano sul fascismo, o - come dice il risvolto dell'edizione originale - «un saggio sulla psicologia e la fisiologia che permise vent'anni di dittatura fascista». Protagonista è «il bombetta», cioè Mussolini. Tesi centrale attorno cui ruota tutto il libro, è che « il bombetta» sia riuscito a prendere il potere perché era esibizionista (Priapo è il dio romano della fecondità, sovente rappresentato con ostentata esibizione degli attributi sessuali) e perché «l'esibizionismo affascina chiunque coltivi una vocazione latente per l'appunto esibizionistica», cioè - a giudizio di Gadda - gli italiani tutti (o quasi). Edito nel 1967, Eros e Priapo probabilmente venne composto (o rielaborato) tra gli anni Cinquanta e Sessanta, in parte in sovrapposizione col Pasticciaccio; ma Gadda ebbe a dichiarare che il libro risale al 1928.
Nel si rivelano i due estremi entro cui oscilla l'animo gaddiano in questo libro e in genere nella sua opera intera: il furore, che si manifesta soprattutto attraverso i registri e i toni del grottesco e del sarcastico, e la pietà, per lo più implicita, gelosamente e pudicamente custodita nel fondo. Nell'analisi dell'infatuazione a base erotica delle italiane e degli italiani per «il bombetta»-«mascellone» esplode virulenta la polemica e spericolatissimo il gioco analogico e verbale, il pastiche. Ma nel finale, con l'emergere di motivi più personali (la guerra, le disfunzioni personalmente osservate e patite), trova posto una delle rare confessioni (« io non dico frase da teatro, tanto è vero che nè meno mai la proferisco sui labbri: né la inserisco in poetici parti che l'è pensiero giù: prigione soltanto dell'anima») della profonda pietà che sta indistricabilmente aggrovigliata nel fondo dell'animo suo con il «torbido furore».
Nel bel risvolto (di mano dello stesso Gadda?) a cui già abbiamo fatto cenno troviamo scritto:
Eros e Priapo è anche un libro in cui è versato lo sdegno di un animo ferito, straziato dalla stupidità umana elevata a sistema di governo. Ma non è soltanto la furia contro la inettitudine fascistica a spingere Gadda alla costruzione di uno dei suoi strabilianti edifici lessicali e sintattici. È anche la pietà: pietà per i colpevoli, e per i coinvolti nolenti. La pietà dello storico di educazione classica emerge pagina per pagina, all'interno del tessuto stilistico e della rabbia giustificata, giustificatissima. Perciò Eros e Priapo è anche un atto di conoscenza: come atti di conoscenza erano le creazioni storico-letterarie di Tacito e Suetonio. È Gadda stesso a far richiamo ai biografi degli imperatori più tristamente memorabili. E come loro, fuori di ogni confronto, anche lui vuole rintracciare, nella cronaca del disordine, la vicenda segreta del Logos, della ragione. Una vicenda, quest'ultima, che solo ha senso se confrontata col male, con l'eros voltato in priapo (in smaccata esibizione di sè). «Dimando interpretare e perscrutare certi moventi del delinquere non dichiarati nel comune discorso», scrive Gadda. E la sua analisi scende nelle fibre più nascoste del comportamento umano: ne scandaglia le mascherate turpitudini, «que' procedimenti oscuri, o alquanto aggrovigliati e intorti, dell'essere, che pertengono alla zona della carne ov'ella si dà vestita in pensiero». Gadda denuncia la mascheratura della retorica patriottarda, facendo uso personalissimo del Freud, che senza dubbio conoscerà, traducendo la percezione psicologica del grande viennese in sensibilità linguistica: le parole, portate a frizione fra loro, producono, nella scintilla, il giudizio, ed attuano il compito della ragione.
Perché, lo ripetiamo, il senso ultimo di tutta l'indagine è poi svelare il male pronunciandolo, facendo esplodere i significati riposti delle parole con cui si
espresse.
|