Questa è stata chiamata la «canzone delle visioni»: il poeta immagina di avere avuto «un giorno» (precisazione temporale volutamente molto vaga, tanto più significativa se pensiamo ad altre composizioni in cui, come abbiamo visto, il tempo acquistava una dimensione precisa, quasi concreta) alcune visioni, stando «alla fenestra» (precisazione spaziale anche questa volutamente vaga: è una finestra reale, nella vita di un umanista che ama interrompere gli studi per contemplare la natura, come in tanti quadri di san Gerolamo nel suo studio? o è la «finestra dell'anima», una finestra interiore che guarda in dentro, nel grande libro interiore delle immaginazioni fantastiche? o è semplicemente una cornice, un riquadro figurativo che serve a ritagliare le successive «visioni»?). Sono, in ogni caso, sei visioni, tutte trascrizioni fantastiche e figurate di un unico motivo: Laura è passata repentinamente e tragicamente dalla vita alla morte, «nulla quaggiù diletta e dura». Le sei visioni, tutte di natura chiaramente allegorica (Strumenti) sono:
1. una fera viene addentata e uccisa da due cani da caccia;
2. una nave preziosa viene travolta e distrutta da un'improvvisa tempesta;
3. un arboscello di lauro viene schiantato da un fulmine;
4. in un bosco una fonte viene inghiottita da una voragine;
5. una fenice si lascia morire;
6. una bella Donna avvolta in una nebbia oscura viene punta al tallone da un serpentello e muore.
La composizione della canzone fu certamente tarda. Il codice Vaticano 3196 conserva la testimonianza delle varie elaborazioni, sino a quella definitiva dell'ottobre 1368.
Ci soffermiamo su alcuni aspetti della sua struttura tematica e formale, utilizzando parzialmente l'analisi di Fredi Chiappelli.
- La struttura metrica e sintattica della canzone è caratterizzata da una costante ricerca di rapporti paralleli e simmetrie. Se si analizza la struttura metrica della stanza (Strumenti), si osserva che nella fronte viene di solito presentata la visione, inquadrata dalla finestra, descritta come scena ferma e amena, in un'atmosfera di pace e bellezza; alla volta corrisponde l'improvviso turbamento, una vera e propria «svolta» (es. «poi repente tempesta...»), con la quale coincide un salto sintattico, un salto nei tempi verbali, un'improvvisa accelerazione del ritmo (data anche dal verso breve); nella sirima viene presentata la scena iniziale rovesciata, che diventa occasione per la meditazione filosofica.
- La struttura narrativa della canzone si presenta con una serie di medaglioni o trionfi, o scene successive. Quel che è interessante è che ciascuna scena si presenta senza nessuna profondità prospettica; le scene si succedono senza stacchi l'una all'altra, anzi a un certo punto si combinano e quasi si sovrappongono, entrano una dentro l'altra (come avviene con il boschetto della terza strofa che diviene lo sfondo delle visioni successive).
- Il soggetto che dice io ha un rapporto molto particolare con le visioni. Dapprima è in uno stato di distacco dalla realtà visiva o auditiva, è come sospeso, in uno stato di uniforme dolore, subisce le visioni, le contempla («mira fiso»), viene catturato da esse. Quando poi le visioni si fissano su un unico sfondo paesistico, allora entra anche lui dentro di esse, «si asside» accanto al sasso o alla fontana, in una posizione un po' in disparte, ma dolorosamente partecipe.
- La caratteristica dominante è la concentrazione, l'essenzialità, la lucidità pittorica delle singole visioni. Si tratta di elementi allegorici o simbolici? È possibile, per esempio (ed è stato fatto largamente), tentare un'interpretazione allegorica di ogni singolo elemento (nave = Laura; carico prezioso = le sue virtù; sarte d'oro = i suoi capelli; e addirittura: la tempesta = la peste «orientale» del 1348; le acque fresche del v. 38 = i modi e le parole gentili di Laura; ecc.) ma è un procedimento interpretativo che va evitato. La fissità e l'essenzialità concentrata degli elementi spingono verso il simbolismo. Quel che conta, in un componimento come questo, è l'insieme delle singole figurazioni, delle quali va semmai rilevata la dimensione manieristica, il gusto da miniatura colorata.
- La «qualità» delle figurazioni (la nave, la fenice, la figura misteriosa della donna) è ancora fortemente medievale. Non mancano tuttavia gli elementi derivati direttamente dai classici (Laura punta nel tallone, nella sesta visione, è Euridice del mito classico). E sicuramente la nuova capacità di rendere le figure medievali così assorte e misteriose viene dalla scuola classica della sobrietà, ed anticipa il gusto del Cinquecento.
- Come quasi sempre nelle poesie di Petrarca, anche qui il momento della meditazione filosofica, il suggello sentenzioso viene alla fine; così avviene nelle ultime terzine o nell'ultimo verso di molti sonetti; così avviene qui alla fine di ogni strofa.
- Lo studio dell'elaborazione formale della canzone conferma, sotto forma di direzione di correzione, i caratteri che qui abbiamo schematizzato. Ecco per esempio come si presentava la prima versione della strofa terza:
Poi in un boschetto novo a l'un de' canti
Vidi un giovane Lauro verde e schietto
Ch'un Belli arbor parea di paradiso.
E fra i bei rami udiasi dolci canti
E d'augelli e di muse un suon perfetto
Che dogni'altro piacer m'avean diviso
Poi mirandol più fiso
Giunse un'antica donna e fera in vista
Con ardente compagna e da radici
Quella pianta felice
Svelse in un punto onde mia vita è trista
Ché simile ombra mai non si racquista. |
Un rapido raffronto fra le due versioni mette in luce:
a. uno spostamento netto del punto di vista del poeta alle cose (da vidi a fiorian), con il poeta che assume una sua nuova posizione appartata;
b. uno spostamento dalla concretezza minuziosa della prima versione (il soggetto udiva dolci canti di uccelli e di muse e si trovava in una scena di Parnaso o di paradiso terrestre medievale) alla scena incantata della seconda (con la musica misteriosa che esce dall'ombra);
c. la sostituzione della presenza allegorica ingombrante dell'antica donna (= la Morte), che si presenta insieme a una compagna (secondo alcuni critici = la Malattia), con la nuova e più potente presenza, enigmatica ma naturalissima, della
tempesta.
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