ANALISI TESTUALE: FRANCESCO PETRARCA

 

Luigi De Bellis

 
 

HOME PAGE


Lettere ai posteri






La prima cosa che Petrarca afferma, sin dall'inizio, è la stretta identità fra la persona (i particolari fisici, i caratteri psicologici, le vicende vissute) e l'opera, in conformità a una concezione che risale a un insegnamento classico e che avrà grande fortuna in epoca umanistica: essere l'opera lo specchio fedele dell'animo. È un'affermazione programmatica e ideale: i dati del carattere e le vicende personali devono adattarsi e fissarsi nell'opera; questa, nella sua costruzione retorica, è l'unica vera immagine della persona. Perché un simile ideale possa essere attuato, bisogna procedere a:

- una selezione severa delle vicende private, eliminando ogni eccessiva presenza della contingenza, del caso, della contraddizione (valgono più gli eventi pubblici di quelli privati, la carriera letteraria delle esperienze esistenziali; il ritmo degli eventi si scandisce su tappe ideali più che su precisi dati temporali; tra i pochi accenni agli avvenimenti privati, spicca la notizia sull'indebolimento senile della vista);

- la fissazione di una precisa gerarchia fra le opere (nella biografia ideale il posto di centro ce l'ha l'Africa, il poema epico latino, non certo le Rime volgari né le opere erudite o morali; l'Africa viene collegata con i luoghi privilegiati dell'ispirazione letteraria e della più serena vicenda biografica - Valchiusa e Selvapiana - ed è collegata anche con la vicenda dell'incoronazione, che anticipa nella biografia reale il processo di glorificazione a cui aspira la biografia ideale);

- la scelta di un pubblico adatto: non la massa volgare dei contemporanei, le genti di cui il poeta altra volta è stato favola; non gli altri letterati invidiosi e malevoli, destinatari altra volta di Invettive o altre opere polemiche; neppure la ristretta cerchia degli amici, come Guido Sette o Philippe de Cabassoles, ai quali sono stati altre volte affidati frammenti di ricostruzione biografica, sotto il segno della comune memoria; e neppure la severa proiezione di se stesso, l'Agostino moralista che confessa Francesco penitente nel Secretum; ma un pubblico che tanto più è funzionale al messaggio quanto più è anonimo e non presente: i posteri.

In questa situazione letteraria e idealizzata Petrarca:

- presenta le vicende della sua vita, sottraendole alla sensazione tormentosa della fuga e mutazione del tempo, sottraendole a ogni troppo drammatica contrapposizione fra la vita cittadina (degli amici, degli affari, della politica, degli onori) e la vita solitaria; e tutta riassumendola nella storia di una formazione culturale;

- presenta la propria vicenda morale, ricorrendo sì all'inevitabile schema della confessione (che passa in rassegna i sette peccati capitali), come avveniva nel Secretum, ma senza più la minima traccia di drammaticità, attraverso un'abile e idealizzata riduzione della tormentosa lotta fra peccato e pentimento a una semplice successione temporale, dalla puerizia e adolescenza (età del peccato) alla maturità e senilità (età del ravvedimento). Questo gli consente di parlare in modo del tutto distaccato dell'amore per Laura e della morte di lei - su un piano del tutto diverso da quello delle Rime; 

- presenta la sua vicenda di intellettuale impegnato a conquistarsi sicurezza economica, agio e ricchezza, grazie alla protezione di signori e potenti (e quindi la vicenda dei successivi rapporti con il potere: i signori laici, da re Roberto ai da Correggio ai Carrara ai Visconti; Cola di Rienzo; i protettori ecclesiastici), ribaltandone completamente le circostanze e il significato, e tutto riportando all'immagine, che egli ha accuratamente e soffertamente costruito e che ora presenta ai posteri come modello ideale, dell'intellettuale «libero, indipendente e disinteressato», che non vuole neppure toccare il danaro, che si sente superiore ai problemi di potere, che si è costruito un rifugio solitario nella solitudine e nell'opera letteraria, sul quale fonda il suo disinteresse e la sua autonomia.

É questo il punto in cui il testo presenta un'immagine che risulta radicalmente diversa da quella reale e storica; la divaricazione non va spiegata come opera di una coscienza falsificata o mistificata. Siamo di fronte al prevalere dell'ideologia sulla realtà, all'inevitabile scompenso fra la vita vissuta dell'uomo e l'immagine che egli si è fatto di se stesso, del proprio ruolo nel mondo, del modello che vuole offrire agli altri.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it