È questo il più antico esempio a noi pervenuto di quelle laude dialogate da cui ebbero origine le prime forme di dramma. Jacopone infatti, rifacendosi con libertà al Vangelo, ha trasferito il tema della Passione da un piano dottrinale e meditativo a uno spettacolare e teatrale: nella sua lauda si rappresenta un'azione, in cui compaiono come personaggi il nunzio (forse san Giovanni evangelista) che espone e commenta gli avvenimenti, il popolo, Cristo stesso e Maria che è la figura principale. Il linguaggio, nonostante qualche latinismo, è più popolare che dotto, sia nel lessico, in cui prevalgono forme del dialetto umbro, sia nella sintassi, per lo più fondata sul semplice allineamento delle proposizioni (paratassi). La teatralità, la centralità attribuita alla madre - e quindi alla sua ingenuità e al suo pianto -,l'insistenza con cui è descritta la sofferenza fisica della crocifissione, il dialetto che tende a una violenta espressività, sono tutti elementi che concorrono ad "abbassare" la divinità, e che consentono quindi al credente di "familiarizzare" con il dio-uomo, di identificarsi con la sua pena e con la sua morte. Questa
fanfarizzazione del divino è evidente soprattutto nell'ultima parte della lauda, il corrotto di Maria, che ricalca i pianti funebri rituali diffusi nel costume
popolare. |