ANALISI TESTUALE: DANTE ALIGHIERI

 

Luigi De Bellis

 
 

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VITA NOVA
Tanto gentile e tanto onesta pare






Nell'analisi e nell'interpretazione del sonetto Tanto gentile si è impegnato Gianfranco Contini, uno studioso la cui scrittura ha caratteristiche (uso di metafore, citazioni numerose da testi antichi e moderni, frequenti allusioni dotte) che ne rendono difficile la comprensione a chi non sia fornito di letture assai ampie, oltre che di una preparazione filologica. Torneremo più avanti (quando tratteremo del nostro secolo) sul gusto e sulla formazione di Contini e presenteremo allora qualche sua pagina critica. Del saggio sulla Vita Nuova ci limitiamo qui a riassumere il contenuto.
Contini muove da una premessa: generalmente si crede che di questo sonetto si possa avere una comprensione immediata e facile.
«Passa per il tipo di componimento linguisticamente limpido, che non richiede spiegazioni, che potrebbe "essere stato scritto ieri"; e si può dire invece che non ci sia parola, almeno delle essenziali, che abbia mantenuto nella lingua moderna il valore dell'originale».
Egli si pone quindi il problema di storicizzare la lingua (di ricostruirne gli aspetti che si sono modificati nel corso storico), notando alcuni fatti grammaticali (collocazione e funzione di forme verbali o di pronomi) che appartennero all'italiano arcaico e che sono oggi in disuso e, sopra tutto, restituendo al lessico il significato che esso aveva quando Dante lo impiegò.
Osserva dunque che labbia significa non tanto «volto» , quanto piuttosto «fisionomia» (l'espressione del volto); che ben tre vocaboli del primo verso (gentile, onesta, pare) hanno un valore del tutto diverso da quello con cui oggi li adoperiamo.
«Gentile è `nobile', termine insomma tecnico del linguaggio cortese; onesta, naturalmente latinismo, è un suo sinonimo, nel senso però del decoro esterno...; più importante, essenziale anzi, determinare che pare non vale già 'sembra', e neppure soltanto 'appare', ma 'appare evidentemente, è o si manifesta nella sua evidenza'. Questo valore di pare, parola-chiave, ricompare nella seconda quartina e nella seconda terzina, cioè, in posizione strategica, in ognuno dei periodi di cui si compone il discorso del sonetto. Sembra assente dalla prima terzina, ma solo perché essa si inizia con l'equivalente mostrasi, il quale riprende l'ultima parola della seconda quartina...».
Donna ha esclusivamente il suo significato originario di 'signora (del cuore)'; cosa non indica, come oggi, ciò che è sotto il livello della persona, ma, in senso largo, un essere non determinato che produce sensazioni e impressioni (l'effetto in questo caso è il miracol); spirito è un termine tecnico, della filosofia, e personifica un'attività vitale, un'emozione. Dall'analisi grammaticale e linguistica del testo Contini ricava, in conclusione, la seguente parafrasi:

«Tale è l'evidenza della nobiltà e del decoro di colei ch'è mia signora, nel suo salutare, che ogni lingua trema tanto da ammutolirne, e gli occhi non osano guardarla. Essa procede, mentre sente le parole di lode, esternamente atteggiata alla sua interna benevolenza, e si fa evidente la sua natura di essere venuto di cielo in terra per rappresentare in concreto la potenza divina. Questa rappresentazione è, per chi la contempla, così carica di bellezza che per il canale degli occhi entra in cuore una dolcezza conoscibile solo per diretta esperienza. E dalla sua fisionomia muove, oggettivata e fatta visibile, una soave ispirazione amorosa che non fa se non suggerire all'anima di sospirare».

Naturalmente con la parafrasi (la versione in prosa) noi cogliamo soltanto il significato logico del sonetto e non altri aspetti che sono propri del linguaggio poetico (per esempio, il valore del suono e del ritmo). Tuttavia il testo dantesco è «razionalmente preciso», nel senso che Dante intendeva proporre al lettore non vaghe suggestioni, ma concetti: perciò la riscoperta del significato esatto dei termini è un'operazione necessaria a chi voglia tentare poi di interpretare il sonetto: cosa che Contini stesso ha fatto, ricavando dall'analisi lessicale una chiave di lettura. Il pare (ripreso dall'equivalente mostrasi) si può considerare parola-chiave per la sua presenza, ripetuta, in posizioni di grande rilievo (in ogni periodo, alla fine o all'inizio di un verso). Il suo significato («si manifesta con evidenza») indica il concetto basilare del testo: Beatrice è la manifestazione concreta, visibile, di un miracol.
Conclude Contini: «Il problema espressivo di Dante non è affatto quello di rappresentare uno spettacolo, bensì di enunciare, quasi teoreticamente, un'incarnazione di cose celesti e di descrivere l'effetto necessario sullo spettatore».

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it