ANALISI TESTUALE: BOCCACCIO (DECAMERON)

 

Luigi De Bellis

 
 

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GIORNATA IV
INTRODUZIONE






La storia di Filippo Balducci è l'unica che l'autore racconti intervenendo direttamente; nel resto del Decameron, come è noto, la funzione di «narratore» è delegata ai dieci personaggi che insieme costituiscono la «laudevole compagnia».
La novella è inserita in un ampio intervento a difesa dell'opera e ha lo scopo dichiarato di dimostrare che la forza dell'attrazione erotica è irresistibile (concetto-base della dottrina boccaccesca dell'amore).
Il giovane figlia di Filippo Balducci, tenuto all'oscuro di ogni fatto del mondo, incontra un gruppo di donne (giovani, belle, eleganti) e, pur non sapendo che cosa esse siano (il padre, anzi, per sviarlo gli dice che sono «papere»), è subito preso dal desiderio di averne una e di portarla via con sé: perdono valore, a confronto con le donne, tutte le cose nuove e meravigliose di cui la città, fino a quel momento, gli era sembrata piena.
Conclusione: il padre «senti incontanente più aver di forza la natura che il suo ingegno»; convinzione che Boccaccio ripete più avanti, indirizzandosi alle donne: «gli altri e io, che v'amiamo, naturalmente operiamo; alle cui leggi, cioè della natura, voler contrastare troppo gran forze bisognano, e spesse volte non solamente invano ma con grandissimo danno del faticante s'adoperano».
L'amore è dunque una forza di natura, a cui è inutile o dannoso voler resistere. Già nelle teorie stilnovistiche era comparso il triangolo di concetti amore-cuore gentile-natura; alla natura si richiamava Guinizzelli per sottolineare come non possa sottrarsi all'amore l'individuo che ha il cuore gentile. Ma nel Decameron non c'è sublimazione, in senso stilnovistico: l'amore è istinto e dà felicità soltanto nella misura in cui sia anche appagamento fisico. Boccaccio segnala questa sua concezione dell'amore attraverso il linguaggio stesso dell'apologo che stiamo esaminando: l'immagine delle donne-papere e la battuta di Filippo Balducci («tu non sai donde elle s'imbeccano» = metafora per indicare l'atto sessuale) de-sublimano la donna, sdrammatizzano l'amore, sono .un esempio di quell'uso di espressioni traslate, spesso comiche e ricavate da una realtà quotidiana e familiare, a cui Boccaccio per lo più ricorre per rappresentare l'erotismo.
Non dobbiamo d'altra parte isolare l'apologo dal suo contesto, dall'insieme cioè delle argomentazioni con cui lo scrittore giustifica la propria opera. Ripercorriamo quindi, per estrarne alcuni dei presupposti teorici su cui Boccaccio regolava la sua scrittura, la prima parte dell'autodifesa.

- La materia erotica è giustificata in rapporto al genere letterario scelto dall'autore, quello della novella: genere nuovo e ibrido, in cui confluiva una gran varietà di motivi (dai fabliaux, dai romanzi, dalla cultura classica), caratterizzato - dice Boccaccio - dalla prosa, dall'uso del volgare fiorentino e dallo stile «basso» (e ciò non è del tutto vero: il Decameron nel suo insieme è piuttosto un esempio di mescolanza di stili, dal comico al tragico). Il genere nuovo consentiva sul tema dell'amore variazioni rispetto ai preesistenti modelli. L'opera narrativa, in volgare, in prosa, era accessibile a un pubblico allargato, di varia composizione sociale, comprendente anche i non-specialisti di cose letterarie e, contemporaneamente, poteva accogliere quegli elementi (il divertimento, il grottesco, la materialità dei corpi, le mescolanze stilistiche) che le forme liriche escludevano o confinavano nei generi minori. Il suo fine era di piacere: «piacervi» e «consolarvi», dice Boccaccio rivolgendosi alle donne, sue immaginarie interlocutrici.

- Riferendo le critiche dei detrattori, Boccaccio così riassume le alternative che essi gli prospettano:

a. «starmi con le Muse in Parnaso»; 
b. «pensare donde io dovessi aver del pane».

Quindi lo scriver novellette è posto in opposizione a due altri tipi di produzione intellettuale:

a. la poesia sublime, di contenuto astratto e fortemente idealizzato (il monte Parnaso è l'immagine di un luogo separato dal mondo e inaccessibile);
b. l'impegno professionale, rivolto all'utile economico.

Boccaccio si attesta su una posizione difensiva: sembra sottolineare il grado inferiore a cui si colloca, in confronto ad altri generi e stili, l'opera che sta scrivendo, ma in effetti ne rivendica l'autonomia e anche la dignità letteraria. Rileggiamo la seconda parte dell'autodifesa.

Vi sono affermati due principi:

- tra le novelle in prosa e la poesia («poesia» nel senso medievale di invenzione regolata da precise norme linguistiche e adorna di artifici retorici) che fu praticata da Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e Cino da Pistoia non c'è sostanziale differenza di qualità: le muse possono visitare anche lo scrittore di novelle («si sono elle venute parecchie volte a starsi meco»);
- l'autore rimarrà fedele alle donne, fedele cioè alla sua materia. Proprio nella scelta di questa materia e nella bravura retorica applicata a un nuovo genere letterario l'autore indica, polemicamente, l'importanza del Decameron..

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it