ANALISI TESTUALE: BOCCACCIO (DECAMERON)

 

Luigi De Bellis

 
 

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GIORNATA II
NOVELLA 4






La novella ci propone fin dal titolo l'identificazione del protagonista con le sue motivazioni economiche: nell'essere «impoverito» di Landolfo e nel suo tornar «ricco», Boccaccio indica i due termini tra cui si svolge il racconto, l'inizio cioè delle peripezie e la loro conclusione.
Per Landolfo Rufolo il denaro è la ragione stessa del vivere (è questo l'attributo che lo caratterizza); a viver povero non si rassegna, come ci è detto a un certo punto esplicitamente: «...veggendosi di ricchissimo uomo in brieve tempo quasi povero divenuto, pensò o morire o rubando ristorare i danni suoi, acciò che là onde ricco partito s'era povero non tornasse». Il tema è sviluppato in una serie di sequenze narrative, che costituiscono la trama:

I. Landolfo Rufolo volendo raddoppiare la sua ricchezza, tenta il commercio oltremare (a Cipro) e impoverisce;

II. diventa corsaro, per disperazione, e arricchisce;

III. si dispone a ritornare in patria, ma durante il viaggio è depredato e fatto prigioniero da naviganti genovesi;

IV. fa naufragio e sopravvive in mare aggrappandosi prima a una tavola e poi a una cassa, finché è sbattuto su una spiaggia di Corfù;

V. è salvato da una «povera feminetta» e si trova il doppio più ricco che quando partito s'era grazie alle pietre preziose contenute nella cassa.

In ciascuna sequenza la fortuna interviene a determinare l'esito della peripezia, in senso ora sfavorevole a Landolfo (I, III) ora favorevole (II, IV, V).

Che di fortuna si tratti, è detto da Boccaccio:

«Al qual servigio gli fu molto più la fortuna benivola che alla mercatantia stata non era»;

«Ma sì come colui che in piccol tempo fieramente era stato balestrato dalla fortuna due volte, dubitando della terza, pensò convenirgli molta cautela...».

Osserviamo che Boccaccio usa lo stesso concetto di fortuna per spiegare evenienze di natura diversa:

I. una congiuntura economica non prevista da Landolfo Rufolo, ma non impossibile da prevedere (quindi, un errore di calcolo del mercante);

II, III. profitti e rischi dipendenti da un fenomeno sociale, quale era la piratéria nel Mediterraneo;

IV, V. un intervento del caso, che si attua mediante un mezzo «magico» (la cassa contenente preziosi, un oggetto cioè che ci riporta al repertorio fiabesco).

La fortuna può essere quindi una combinazione imprevedibile di eventi (la cassa che il mare sospinge verso il naufrago), che modifica una situazione o risolve una vicenda, oppure una giustificazione di fenomeni economico-sociali, che sopperisce alla mancanza di altre, più complesse, spiegazioni causali.

Attraverso le peripezie prodotte dalla fortuna il mercante dovrebbe imparare la cautela, ma Landolfo Rufolo va oltre questa lezione e decide di rinunciare alla mercatura. Analizzeremo più avanti questo aspetto della novella. I ripetuti cambiamenti di condizione economica del personaggio e il replicato e repentino modificarsi delle situazioni caratterizzano questa novella, in cui sono perciò particolarmente importanti la trama (o fabula) e l'intreccio. Prendiamo in esame, a proposito dell'intreccio, l'uso che Boccaccio fa del tempo narrativo. Nella prima parte (sequenze I, II, III) il tempo della narrazione è ristretto e sintetico, cioè avvenimenti e vicende complesse, che occupano un periodo piuttosto lungo (il viaggio a Cipro, la svendita delle merci, l'anno di pirateria) sono compendiati con molta brevità; per esempio: «comperò un legnetto sottile da corseggiare e quello d'ogni cosa opportuna a tal servigio armò e guernì ottimamente, e diessi a far sua della roba d'ogni uomo e massimamente sopra i turchi».
Il tempo della narrazione è invece dilatato nella seconda parte (sequenze IV, V): la permanenza in mare di Landolfo dopo il naufragio (circa due notti e un giorno) occupa nel racconto uno spazio non molto inferiore a quello di tutte le sue precedenti vicende.
L'intreccio, la variazione nell'uso del tempo, accentuano quindi il rilievo di questa parte della storia.
Questa dilatazione del tempo è funzionale al tema, poiché il mare rappresenta in concreto il confuso insieme Dio-fortuna ed è infatti il principale attante. Analizziamo, come esempio, il momento in cui questa funzione del mare è più evidente. Landolfo è del tutto passivo, non solo perché è in balia delle onde, ma perché non capisce l'aiuto che gli viene offerto. Landolfo è agito dal mare, che lo riempie di sé («costui divenuto quasi una spugna»); il mare agisce: spinge più volte verso di lui la cassa, che egli si ostina a respingere, e infine lo costringe ad accettarla, strappandolo dall'inutile tavola.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it