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 pp. 33-34


 

 

...con gusti tanto semplici e raffinati, Archestrato non può non prendersela con i cuochi siracusani, che hanno la pessima abitudine di rovinare i pesci affogandoli nel condimento, nel cacio, nel silfio salato (fr. 45):


  

Prendi a Mileto di Gesonia il cefalo

e il pesce lupo dagli dèi allevato,

perché quel luogo per natura porta

questi eccellenti. Altri, ver è, più grassi

ve n'han, che nutre la palude Bolbe,

Ambracia ricca e Calidon famosa;

ma a questi pare che nel ventre manchi

quel tale grasso che soave olezza

e che 'l palato di sapore punge.

Son quelli, amico, di stupendo gusto.

Gli stessi interi, con tutte le squame,

arrosti a lento foco, e acconciamente

morbidi in salamoia a mensa reca.

Ma non ti assista, mentre li prepari,

né Siracusio né Italiota alcuno,

giacché costoro apparecchiar non sanno

i buoni pesci, e guastan le vivande

ogni cosa di cacio, ahimé!, imbrattando,

e di liquido aceto, e di salato

silfio spargendo. I pesciolin di scoglio,

questi che son tre volte da esecrarsi,

san ben preparar, meglio che gli altri;

e son valenti nel formar con arte

più e più sorti di manicaretti

pieni tutti d'inezie e di leccumi.


Né i perversi siracusani si contentano di tanta barbarie, bensì arrivano a disprezzare i migliori dessert, non facendo altro che bere  bere, come rane panciute (fr. 62):
       

 A mensa sempre di ghirlande il capo

d'ogni fior incorona, onde s'adorna

il ricco suolo della terra, ed ungi

la chioma tua di deliziosi unguenti;

ed ogni dì su molle brage spargi

mirra ed incenso, il dolceolente frutto

che vien di Siria. Ma finito il pasto

quando cominci a ber, ti portin questi

(ch'io ti dico) desserts, ti rechin lesse

trippa e vulva di scrofa, che condite

sian di silfio, cumino e aceto forte,

e teneri uccelletti, arrosto fatti,

quelli che porta la stagion dell'anno.

Né questi abitator di Siracusa

tu cura, i quali come fan le rane

senza nulla mangiar bevono solo;

non seguir l'uso loro: i cibi mangia

che t'indicai; tutti quegli altri, e mele

e fave e ceci cotti e fichi secchi,

di miserabil povertà son mostra.

La focaccia però lodo d'Atene:

non la trovassi altrove, almen va' e cerca

l'Attico miel, ond'ella è sì superba.

Così convien che liber l'uomo viva

o pur si vada giù sotto la terra,

sotto l'abisso, il Tartaro, a rovina,

e per gli stadi che non hanno numero

laggiù, lontano, se ne stia sepolto.

 

  

 

  1. pp. 59-60


  2.                                     

 A questo punto, per concludere il rapido excursus sulla bella tra le belle, s'impone un accenno alle sue intromissioni nel mondo vegetale: poiché esiste una pianta, l'elenio, che è indissolubilmente legata al mito di Elena, tanto da essere addirittura sbocciata dalle sue copiose, quanto inconsolabili lacrime: Etiamnum folio coronant Iouis flos, amaracum, hemerocalles, habrotonum, Helenium, sisymbrium, serpullum, omnia surculosa rosae modo. Colore tantum placet Iouis flos, odor abest, sicut et illi, qui Graece phlox uocatur. Et ramis autem et folio odorata sunt excepto serpullo. Helenium e lacrimis Helenae dicitur natum, et ideo in Helene insula laudatissimum; est autem frutex humi se spargens dodrantalibus ramulis, serpullo simili folio (59). Presso i romani l'elenio, più noto con il nome di inula, non soltanto è indicato a curare tutta una serie di disturbi, ma è anche un potente antidoto (60): e ciò rende rilevante un episodio che, una volta di più, riguarda la fatale spartana. Narra infatti Eliano come, al ritorno dalla guerra iliaca, Elena e Menelao approdino in terra d'Egitto e qui la bellissima subisca la violenza del re Tone, anche lui innamoratosene perdutamente! Il misfatto viene subito scoperto dalla moglie di Tone, Polidamna (la stessa che, nel quarto libro dell'Odissea, dona svariati farmaci ad Elena, senza per altro accennare alla condotta satiresca del proprio marito) (61). Polidamna, dunque, fa prestamente relegare la rivale in un'isola infestata da serpenti velenosissimi, pur avendo la magnanimità di donarle l'elenio come antidoto al loro morso letale (62)! Di più, l'elenio gode di proprietà analgesiche nel campo della farmacopea femminile e lo attestano già gli scrittori di storia naturale di lingua greca ...