HOME       LIBRERIA       CRITICA       EVENTI

 


pp. 36-37 

 

 

Elena Bassi nasce a Mantova nel 1911, ultima di tre figli (Alessandro, il maggiore, ha quindici anni più di lei, la sorella Maria, undici) e risiede a Venezia, sulle Zattere, dal 1915. Si laurea in Lettere moderne all'Università di Padova - all'epoca, l'unica delle Tre Venezie a prevedere la laurea in Storia dell'Arte. Il suo relatore è Giuseppe Fiocco - studioso e uomo di grande levatura, sempre aperto a fermenti e concettualità innovative; la tesi sul costruttore del teatro La Fenice, Gian Antonio Selva - che Bassi elabora studiando tutti i suoi disegni, mai indagati da alcuno prima, conservati al Museo Correr - viene in seguito pubblicata a cura dell'Università padovana, su proposta, oltre che dello stesso Fiocco, di Carlo Anti e di Roberto Cessi. Il lavoro è di accentuato rilievo scientifico, pur trattando di un tema ritenuto collaterale alla Storia dell'Arte: un architetto neoclassico proprio quando il Neoclassicismo è visto come un periodo di decadenza, di imitazione: al punto che, nel giudizio degli esperti, si reputano Arte solo le manifestazioni e i prodotti fino alla soglia di tale movimento!


Sempre a Padova,  Bassi si specializza in Archeologia e Storia dell'Arte. Svolge quindi il suo tirocinio didattico presso vari Istituti superiori fino a quando, ottenuta honoris causa la titolarità della cattedra al Liceo Artistico di Venezia e, successivamente, la Libera Docenza in Storia dell'Arte Medievale e Moderna, insegna all'Accademia di Belle Arti veneziana, che poi passa a dirigere. Durante la sua direzione (per una decina d'anni, fino al pensionamento) Bassi si adopera per attivare una serie di corsi 'a chiamata', che affida a personalità dell'arte e della cultura, quali Emilio Vedova, Franco Bernabei, Arnaldo Momo.


Nel lungo corso della carriera Elena riveste numerose cariche di prestigio e ottiene importanti riconoscimenti: è membro dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti; membro della Deputazione di Storia Patria veneziana; socia dell'Ateneo Veneto, delle sezioni sia di Venezia (dal '48) sia di Vicenza e Treviso; componente del Consiglio scientifico del Centro internazionale di studi di architettura Andrea Palladio di Vicenza; socia onoraria della Société des Amis de Malmaison; componente del comitato di redazione dell'Archivio Veneto; presidente per oltre un quarto di secolo dell'Università Popolare di Venezia (che l'anno stesso della sua morte istituisce il premio 'Elena Bassi', a ricordo e celebrazione del lungo apostolato scientifico e sociale). Ma soprattutto, è cittadina onoraria di Possagno - riconoscimento tra tutti il più ambito e apprezzato da Elena.





 

 

pp. 46-47


  

Altre lettere che Bassi conserva religiosamente son quelle inviate da Gianfranco Gramola, detenuto nel carcere di Santa Maria Maggiore, a espressione della sua gratitudine per i doni ricevuti: "Gentilissima Signorina, non so come ringraziarla per quello che ha fatto per me. Rifuggo dalle solite frasi convenzionali, ma Le assicuro che Le sarò riconoscente per tutta la vita. Purtroppo malgrado i molti passi fatti non sono uscito da questo triste luogo. Ma non per questo mi avvilisco. Una sola cosa mi fa soffrire: quando penso ai miei compagni che sono lassù a combattere realmente per la nostra causa, allora li invidio e soffro. Questa impotenza, questo senso di inutilità, che opprime lo spirito e la carne qui, è il supplizio più feroce che si possa infliggere ad un uomo. Ma da ogni male, da ogni dolore bisogna sapere trarre il massimo bene possibile. E durante questi lunghi giorni passati assieme a gente priva di qualsiasi moralità e senso di responsabilità, ho imparato molto. Fuori al contatto solo con gente perbene, non avrei dedotto certe conclusioni, che qui sorgono spontanee e urgenti. Come sa ero di tendenza piuttosto capitalista, qui ho cambiato... E in seguito, quando si potrà guardarsi attorno, bisognerà che il governo guardi molto seriamente al fattore educazione. Credo che il principio del benessere di una nazione, e la tranquillità del suo popolo siano basati sull'educazione che viene impartita, prima nella scuola poi nell'ambiente nel quale l'uomo vive".

 

 


 

 

pp. 56-57


 

Ecco allora, congruamente enucleata da Bernabei, l'indubitabile verità che informa e avvalora le scelte programmatiche di Elena Vittoria Bassi - sempre, è ovvio, al tutto consapevole che fare critica, precisamente come fare storia, non è mai "tagliare, piuttosto usare un proprio e peculiare setaccio, dopo una raccolta amorevole e accogliente di molte e diverse voci, simile al lavoro di separazione della pula dal grano fatto da tante nostre antenate" (e lo afferma Tiziana Plebani in Cambia il mondo cambia la storia). Fare critica cioè - così come fare storia - è infilare perla su perla, ricamare su orditi di altre/i: il che, appunto, dà il senso della continuità e al medesimo tempo dei cambiamenti, essenziali e a loro volta

prolifici, di prospettiva. Tutte cose che, di contro a sempre possibili fraintendimenti, escludono invece qualsiasi tentazione misoneista, dal monento che, lo ripeto in senso più lato, la lucidità sul presente viene nel fare spazio al passato - essendo lo stesso presente a pulsare nella ricerca

e a orientarla: a situarsi cioè all'origine delle domande che si (im)pongono al passato, nutrendo la lingua che lo racconta e consentendo il passaggio di esperienza.


Ciò spiega perché le scelte programmatiche, or ora esaminate, informino tutta l'enorme produzione bassiana - che perviene, da ultimo, a ricostruire le tracce di chiese veneziane non più esistenti, grazie alla sistematica esplorazione dei disegni architettonici di Antonio Visentini e allievi, appartenuti al console inglese Joseph Smith e oggi conservati a Londra: in particolare, i tre volumi degli Admiranda Urbis Venetae - il terzo dei quali dedicato alle chiese - nel British Museum, e i disegni, forse posseduti da

Lord Burlington, nel Royal Institute of British Architects (RIBA). Un'indagine, al solito, paziente rigorosa approfondita,  che si appunta su una cinquantina tra le chiese disseminate nei vari Sestieri, demolite o del tutto trasformate, con mutamento della destinazione d'uso, dopo la caduta della Serenissima Repubblica, e minuziosamente riunisce, edificio per edificio, quanto si può ricavare dalle due raccolte. Puntuali schede riferiscono problemi e perplessità varie, mentre qualche fotografia dal vero, qualche stampa, la riproduzione di qualche disegno, tentano di integrare il ricordo dei complessi smantellati. Un lavoro da certosino, insomma. Ed è, inutile dirlo, merito particolare di Bassi, oltre a riassumere sobriamente le vicende di ciascuna chiesa, il saper leggere e interpretare con occhio esperto anche i disegni più scialbi, confrontandoli e integrandoli con le fonti  di altro genere, così da giungere all'ideale ricostruzione di ciascun edificio negli aspetti che lo caratterizzano in rapporto all'ambiente urbano, fin nei recessi della Venezia minore.