La Società de la Pedina

 

La Società della Pedina

 

1

 

A Mantoa, la città de le invension,

e propria lì in botega de la Pina

fra qualche giovinott del gran bon-ton

è nat la Società de la Pedina,

che g'ha avù da temp l'approvasion

de Borghi de Basevi e de Giudina

e che fra tanti artisti de valor

per soci conta Piro e el sior dotor.

 

L'han dita Società così per dir,

ma lei non g'ha nissun regolament

e tira avanti a furia de sospir

senza statuto e senza president:

un pret che gh'era andà per benedir

'sto circol tant glorios e intraprendent

gh'è mancà un fil che con un sacch de botte

non vaga via co le culatte rotte.

 

La storia de 'sta pia istituzion

se perda tra la fola e tra el mistero,

così che per rifarla con passion

la scienza ho interpellà del vecc Asvero,

un om de vasta e scelta erudizion,

ma che a la fin dei fin non val un zero,

e che dop tant pensar e dubitar

nissuna nova m'ha savù contar.

 

Così ho dovù lassar la parte storica

e contentarme sol de la presente,

che ve dirò con frase metaforica,

con stile riservato e assai prudente:

a di Dio non ve farò rettorica

per non stufarve, o bona e brava gente,

ma passarò dei soci la rivista

che tutti insiem chì ve distendi in lista.

 

Prima de tuti e per ragion d'età

ve presenti un magnifico putel,

che tuti quei che en pratich de torà

per sovranom el disen: " Kasanel" ,

degnissim galantom in verità

che se mai soga insiem de quest o quel,

de tratt in tratt se grata un scin el pene

e con aria seria dis: - Va bene! -.

Implacabile e feroce suo rivale

è Pirolin, un bravo e bon giovnott

che g'ha el coraggio sensa tante bale

de sgnaccarte nel corp un qual cappott:

da Modna 'sto studente del Penale

è vegnù chì per dar dei machelot

a quei che g'ha l'idea cosita grama

de far con lu qualche partita a dama.

 

Un alter tipo degno d'un pennel

è Leonsin l'intrepid sugador,

un degno e assai simpatico putel

che fa el sopran a scóla e el sonador;

un sacch de pugn, un vero martorel,

sensa un'ombra de pel in sima al cor,

che i colleghi monten tutti in grigoli,

quand per scherzar el ciamen "magnabigoli".

 

Altro fra i tanti giocator più fini

da gli occhi somiglianti a una ranocchia,

vel daghi a tai: è el magnanin Comini:

punta la man: di qua, di là sbirlocchia,

scruta del suo rival gli ascosi fini,

poscia spingendo avanti la parrocchia,

brontola tra una mossa e l'altra stramba:

- Si rinnova il flammone ne la gamba! -.

 

E vedo ancor Luzzatto Giuseppino,

che fin da le Sett Porte viene in ghetto

per imparar dal giovin Pirolino

quel gioco che più sopra v'ho già detto

ma invece d'imparar 'sto bel puttino

ogni giorno diventa più neretto,

tanto che per punir 'sto malcreato

da la triplice ahimè! l'abbiam cacciato!

 

Sesto ne viene tra cotanto senno

un tale Cuzzi, un uom senza valore,

somigliante nei gesti a un Cacasenno,

ma in fin dei conti un debol giocatore,

che ti grida feroce al par di Brenno:

- Guai ai vinti! con me ciascuno muore -,

ma poi, siccome fanno i farabutti,

le piglia in santa pace da noi tutti.

Che vi dirò d'Attilio e Fortunato

 e d'Edoardo il magno negoziante

che sembra a bella posta fatto e nato

per baruffar con Cuzzi, quel birbante?

Come vedete è un terno ben piantato,

ai tre re magi in tutto somigliante,

e che i futuri posteri vedranno

come tra un secol vecchi diverranno.

 

El decim fra cotanti sugador

è Annibale student de medisina,

quel che tutti ciamen el dottor,

terzo rampol de la signora Pina,

che g'ha per frase prediletta al cor:

«l'introduzion del pen ne la vagina»

e che ghe pias sfidar assai de spess

el giovinetto Piro o el vecc Cases.

 

Ma chì me fermi, o bruti fioi de can,

e meti un po' de tregua ai parlar,

perché se non me sbagli gh'è minian

e contra la torà non vói andar:

però ve foch promessa dentr'a l'ann

a la gloriosa storia de tornar

se da la vostra nobile clemenza

g'avrò in compens la solita indulgenza.

 

 

 

A Mantova, la città delle invenzioni,

e proprio lì nella bottega della Pina

fra qualche giovanotto del gran bon-ton

è nata la Società della Pedina,

che già ha avuto da tempo l'approvazione

di Borghi di Basevi e di Giudina

e che fra tanti artisti di valore

per soci conta Piro ed il signor dottore.

 

L'hanno chiamata Società così per dire,

ma essa non ha nessun regolamento

e tira avanti a forza di sospiri

senza statuto e senza presidente:

un prete che era andato per benedire

questo circolo tanto glorioso e intraprendente

c'è mancato poco che con un sacco di botte

non vada via con il fondoschiena rotto.

 

La storia di questa pia istituzione

si perde tra la fiaba e tra il mistero,

così che per ricostruirla con passione

ho interpellato la saggezza del vecchio Asvero,

un uomo di vasta e scelta erudizione,

ma che in fondo non vale uno zero,

e che dopo tanto pensare e ripensare

non mi ha saputo raccontare niente di nuovo.

 

Così ho dovuto tralasciare la storia passata

e accontentarmi solo del presente,

che vi racconterò in chiave di metafora,

con stile riservato e assai prudente:

in fede di Dio non vi farò discorsi retorici

per non annoiarvi, o buona e brava gente,

ma passerò in rivista i soci

che tutti insieme qui vi elenco.

 

Prima di tutti e per ragione d'età

vi presento un magnifico ragazzo,

che tutti coloro che sono pratici di torà (la Legge)

hanno soprannominato: "Kasanel" (Maestro),

in verità degnissimo galantuomo

che se mai gioca insieme a questo o quello,

di tanto in tanto si gratta un scin (poco) il pene

e poi con aria seria dice: - Va bene! -.

Suo rivale implacabile e feroce

è Pirolin, un bravo e buon giovanotto

che ha il coraggio senza tante storie

di rifilarti qualche “cappotto”:

da Modena questo studente del Penale

è venuto qui per dare dei machelot (batoste)

a quelli che hanno l'idea così infelice

di fare con lui qualche partita a dama.

 

Un altro tipo degno di una citazione

è Leonsin l'intrepido giocatore,

un ragazzo per bene e molto simpatico

che a scóla (sinagoga) fa il soprano e il suonatore;

un sacco da pugni (punch bag), un vero sciocco,

senza un'ombra di pelo sul cuore,

che tutti i suoi colleghi gioiscono,

quando per scherzo lo chiamano "mangiabigoli".

 

Altro fra i tanti giocatori più fini

dagli occhi somiglianti a una ranocchia,

ve lo dò a peso: è Comini il calderaio:

muove la mano: sbircia di qua, di là,

scruta gli scopi nascosti del suo rivale,

poi muovendo in avanti il naso,

brontola tra una mossa e l'altra bizzarra:

- Si rinnova il flammone ne la gamba! -.

 

E vedo ancora Luzzatto Giuseppino,

che viene nel ghetto fino dalle Sett Porte

per imparare dal giovane Pirolino

quel gioco che più sopra v'ho già detto

ma invece d'imparar questo bel ragazzino

ogni giorno diventa più neretto (incapace),

tanto che per punir questo infelice

ahimè l'abbiamo cacciato dalla triplice!

 

Sesto in mezzo a tanto grande senno viene

un tale Cuzzi, un uomo senza valore,

simile nei gesti a un Cacasenno,

ma in fin dei conti un giocatore mediocre,

che ti grida feroce come Brenno:

- Guai ai vinti! con me ciascuno muore -,

ma poi, così come fanno i furfanti,

le piglia in santa pace da tutti noi.

Che vi dirò d'Attilio e Fortunato

e d'Edoardo il grande negoziante

che sembra fatto e nato a bella posta

per litigare con Cuzzi, quel birbante?

Come vedete è un terno molto solido,

somigliante in tutto ai tre re magi,

e che i futuri posteri vedranno

come tra un secolo diventeranno vecchi.

 

Il decimo fra tali giocatori

è Annibale studente di medicina,

quello che tutti chiamano il dottore,

terzo rampollo della signora Pina,

che ha come frase prediletta al cuore:

«l'introduzione del pene nella vagina»

e cui piace assai spesso sfidare

il giovinetto Piro o il vecchio Cases.

 

Ma qui mi fermo, o brutti figli di cane,

e metto un po' di tregua ai miei discorsi,

perché se non mi sbaglio c'è minian (preghiera)

e non voglio andare contro la torà (legge):

però vi prometto che entro l'anno

riprenderò la gloriosa storia

se dalla vostra nobile clemenza

avrò come compenso la solita indulgenza.

 

 

 

2

 

Poiché del luglio gli infocati ardori

e d'Agosto e settembre i lieti giorni

passar veloci e gai tra gli splendori

di partite e cappotti e dame adorni,

l'ottobre giunse pien di raffreddori,

di catarri bronchiali e suoi contorni,

ond'è che per schivar 'sti gran malann

s'è trasportà la sede al Venezian.

 

È il Vecchio Veneziano un bel caffè,

che el compagn non credi che ghe sia;

ghe va gent d'ogni razza e d'ogni

devoti a la sabauda dinastia,

che onoren de continuo el nostar re,

i arbitri, i quisturott, la polizia:

insomma, per finirla in du paroli

è un circolo complet de forcaioli.

 

Ghe va chi porta ancor la cagna in testa,

ghe van comendator e cavalier,

con parrucche de pel e carta pesta

e con certi disturbi nel seder,

che fan vegnir el girament de testa

la cefalea e el morbo de Meniér,

ma dopo tutt è un sit coma che va

degnissim per la nostra Società.

 

Le accoglienze, le feste, i compliment,

i bas e le curiose esclamazion

ch'em ricevù da tuta quela gent

nel far la nostra prima apparizion

en robe che a ridirle con la ment 

farien sciopar el cor de commozion,

sicché rinunci a l'ardua impresa mia,

per dirve de la nova compagnia.

 

Soppegando, sbuffando e dondolando

tute le sere intorna dei sett ori

entra Basevi, un uomo venerando,

pien de malann, de doie e de dolori:

beva el cafè, lesa el giornal fumando,

parla de quest e quel con i avventori

e quand la ciciarada è ormai finida

se meta a far la solita partida.

 

Dopo che gli infocati ardori di luglio

ed i lieti giorni d'Agosto e settembre

passarono veloci e gai tra gli splendori

adorni di partite e cappotti e dame,

giunse l'ottobre pieno di raffreddori,

di catarri bronchiali e suoi contorni,

e per schivare questi gran malanni

s'è trasferita la sede al Veneziano.

 

È il Vecchio Veneziano un bel caffè,

che non credo ce ne sia uno uguale;

ci va gente d'ogni razza e d'ogni religione

fedeli alla dinastia sabauda,

che onorano di continuo il nostro re,

i giudici, i questurini, la polizia:

insomma, per dirla in due parole

è un circolo completo di forcaioli.

 

Ci va chi porta ancora il cappello a cilindro,

ci vanno commendatori e cavalieri,

con parrucche fatte di capelli e carta pesta

e con certi disturbi nel sedere,

che fanno venire i giramenti di testa

la cefalea e il morbo di Meniér,

ma dopo tutto è un posto come si deve

degnissimo per la nostra Società.

 

Le accoglienze, le feste, i complimenti,

i baci e le manifestazioni di curiosità

che abbiamo ricevuto da tutta quella gente

nel fare la nostra prima apparizione

sono cose che a ripensarle

farebbero scoppiare il cuore per la commozione,

sicché rinuncio alla mia ardua impresa,

per parlarvi della nuova compagnia.

 

Zoppicando, sbuffando e dondolando

tutte le sere intorno alle sette

entra Basevi, un uomo degno di rispetto,

pieno di malanni, di sofferenze e di dolori:

beve il caffè, fumando legge il giornale,

parla di questo e di quello con gli avventori

e quando la chiacchierata è ormai finita

si mette a far la solita partita.

 

Curiosa e bela macia in verità

è st'altro negoziante di mobiglia,

che Momolo s'appella: un om de fià,

che con la Momolessa e la famiglia

vegna in caffè nei giorni de kagà

e che giocando a dama se la piglia

col bel verso che spesso getta fuori:

«Le dame, i cavalier, l'arme, gli amori».

 

È un bon putel, compagn al sior Basevi,

fanatich per le date e per la storia;

se veda ben che la tribù dei Levi

con decoro sostegna e con gran gloria;

rarament lu s'inchieta, ma assai brevi

en i momenti che perda la memoria

sia che parli di Dreifus o favelli

dell'ardente question dei Dardanelli.

 

E passi avanti co la rivista

perché gh'è Giulio el fiol de Castelletti

che vol esser cità ne la gran lista

e mi per contentarel chì vel metti:

è un giovin che a guardal a prima vista

ne son quasi sicur, anzi scommetti

che non lo credereste un buon orefice,

allievo del Cellini il grande artefice.

 

Non è un cativ soggett in verità,

e sa menar con artificio i pessi,

è un po' sciapin, è assai de spess sbadà

ma in fin dei fin è un om che val di bessi:

lu sfida quest e quel con libertà

senza guardar a modi o a gentilessi,

e con ugual facilità cortese

perda le dame e paga le spese.

 

Chi lo sfrutta sarebbe un certo Mario,

giovinetto elegante e assai curioso,

che dopo aver studiato il sillabario

a la dama s'è dato tutto ansioso:

è figlio di Basevi: è un gran lunario

che adopera un linguaggio un po' borioso

con Luzzatto e con Giulio Castelletti

perché del gioco ignorano i segreti.

El segretario e massim consiglier

de tuta 'sta gudà de sugador

è un om de pansa grossa e de seder

un certo Buveloni mediator

che regala e dispensa i parer

con una autorità da professor

ma in quant a intelligenza è assai più dur

d'una castagna secca o d'un scimur.

 

Kai agnalai me son desmentegà

de ricordarve un certo sior Segrè,

che goda un'usurpata autorità

fra la gent che frequenta quel cafè:

un critich senza cor, senza pietà,

che el compagn al mond certo non gh'è

e che fra l'attenzion de tuti quanti

de tratt in tratt esclama: . Andema avanti! -.

 

Ma dopo aver così cortesemente

di questi personaggi ragionato

con ugual cortesia devotamente

domando un amichevole commiato;

promettendo che molto facilmente

non tornerò mai più sul già narrato

per non demeritare l'indulgenza

dell'invocata ancor vostra clemenza.

 

 

Curiosa e bella macchietta in verità

è quest'altro negoziante di mobili,

che si chiama Momolo: un uomo di fiato,

che con la Momolessa e la famiglia

viene al caffè nei giorni di kagà (festa)

e che giocando a dama se la prende

col bel verso che spesso ripete:

«Le dame, i cavalier, l'arme, gli amori».

 

È un buon ragazzo, come il signor Basevi,

fanatico per le date e per la storia;

si vede bene che la tribù dei Levi

sostiene con decoro e con gran gloria;

raramente lui s'inquieta, ma assai brevi

sono i momenti che perde la memoria

sia che parli di Dreifus o discorra

della questione scottante dei Dardanelli.

 

E vado avanti con il mio elenco

perché c'è Giulio il figlio di Castelletti

che vuole essere citato nella gran lista

ed io per accontentarlo qui lo metto:

è un giovane che a guardarlo a prima vista

ne son quasi sicuro, anzi scommetto

che non lo credereste un buon orefice,

allievo del Cellini il grande artefice.

 

In verità non è una cattiva persona,

e sa muovere con abilità i pezzi,

è piuttosto mediocre, è assai spesso sbadato

ma in fin dei conti è un uomo di valore:

lui sfida questo e quello con libertà

senza guardar a modi o a gentilezze,

e con ugual facilità cortese

perde le dame e paga poi le spese.

 

Chi lo sfrutta sarebbe un certo Mario,

un giovane elegante e assai curioso,

che dopo aver studiato il sillabario

s'è dedicato alla dama tutto ansioso:

è figlio di Basevi: è un gran noioso

che usa un linguaggio un po' borioso

con Luzzatto e con Giulio Castelletti

perché ignorano i segreti del gioco.

Il segretario e massimo consigliere

di tutta questa gudà (folla) di giocatori

è un uomo con la pancia ed il sedere grossi

un certo Buveloni mediatore

che regala e dispensa i suoi pareri

con una autorità da professore

ma quanto a intelligenza è assai più duro

d'una castagna secca o d'un scimur (pane azzimo).

 

Kai agnalai (oddio) mi sono dimenticato

di ricordarvi un certo signor Segrè,

che gode di una autorità usurpata

fra la gente che frequenta quel caffè:

un critico senza cuore, senza pietà,

che al mondo certo non ce n'è uno uguale

e che fra l'attenzione di tutti quanti

ogni tanto esclama: - Andiamo avanti! -.

 

Ma dopo aver così cortesemente

parlato di questi personaggi

con ugual cortesia devotamente

domando un amichevole congedo;

promettendo che molto facilmente

non tornerò mai più su ciò che ho già narrato

per non demeritare l'indulgenza

della vostra clemenza che ancora vi chiedo.

 

 

ELENCO

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