Questo inizio di secolo ha portato con sé l’urgenza di un mondo diverso, un’urgenza dettata dalla constatazione che ovunque, su questo pianeta, persistono e si consolidano situazioni di prevaricazione, sfruttamento, ingiustizia, devastazione; l’urgenza di riprendere la parola, di rimettersi in gioco, convinti che l’accanimento alla distruzione di uomini e donne, di terra e acqua, di culture e saperi, vada fermato.
Anche qui, anche in Basilicata e nella nostra sopita città, quest’esigenza è emersa: molte persone, da Genova 2001 in poi, si sono mobilitate, incontrate, ritrovate, nella condivisione della necessità di “un altro mondo possibile”, nella convinzione che le scelte che riguardano la collettività non possano essere delegate agli addetti ai lavori.
E quando occorre, questa moltitudine carsica, anche lucana, riemerge: eravamo in tanti il 19 febbraio, alla manifestazione per la liberazione di Giuliana, Florence e di tutto il popolo iracheno, a ribadire silenziosamente, ma con forza e determinazione, che non siamo disposti a rimanere passivi di fronte alle decisioni di morte dei potenti della terra, che la cosiddetta società civile sa trovare i modi e le parole per farsi sentire.
Il problema è, inutile negarlo, che non riusciamo ad ottenere risultati concreti e se è ormai facile ritrovarsi in tanti nell’enunciazione di principi, è davvero complicato tradurre in azioni significative la nostre convinzioni. Sicuramente dobbiamo essere consapevoli che i tempi per innescare reali processi di cambiamento sono lunghi e il lavoro da fare immane. Le esperienze di questi anni sono state intense ma spesso sofferte: operare in una realtà come la nostra, quasi del tutto priva di spazi di aggregazione sociale, in cui è generalizzato un atteggiamento tutto rivolto al soddisfacimento dei propri bisogni individuali ed in cui non si ha percezione del concetto di collettività, di spazio o bisogno condiviso, non è semplice.
Non è semplice relazionarsi con una classe politica in larga parte responsabile, per convinzione o passività o debolezza o incapacità, di questo stato di cose, separata, chiusa nelle stanze del potere, in cui si consumano giochi di scambio e di spartizione e che innesca, per autoconservarsi, meccanismi degenerativi e culturalmente devastanti.
Come modificare questo atteggiamento mentale, come smuovere, disinnescare i meccanismi autoreferenziali della politica locale è una delle questioni su cui sta riflettendo il Laboratorio Politico Città di Potenza, un’esperienza nata circa un anno fa e che raccoglie intorno a sé persone con differenti storie alle spalle e che operano in diverse realtà associative. Il Laboratorio, in vista delle prossime elezioni regionali ha prodotto un Invito-Appello alle forze politiche in cui “…. convinti del bisogno di creare le condizioni perché l’intelligenza, la volontà, la creatività di ogni cittadino possano esprimersi nell’interesse della collettività; convinti dell’urgenza di spezzare quella rete di relazioni perverse e condizionamenti che generano ed alimentano un sistema clientelare ed autoreferenziale;….si chiede di non candidare cittadini indagati per reati di corruzione e di partecipazione interna o esterna ad associazioni a delinquere di stampo mafioso,… consapevoli che un reale processo di cambiamento verso una società più equa, più partecipata, più rispettosa dell’ambiente e delle regole, richiede l’impegno ed il coinvolgimento di tutti i cittadini, perché si possa attuare quel fondamentale passaggio da una politica intesa come gestione di affari e di potere ad una politica che ci veda tutti protagonisti di un sogno comune”.
Sicuramente produrremo qualche altra iniziativa sul terreno delle elezioni regionali, anche se l’ambito di intervento del Laboratorio è più specificatamente cittadino, dato che, prima delle ultime elezioni comunali e provinciali abbiamo elaborato un documento che è stato sottoposto all’attenzione dei candidati sindaci e che è stato in parte accolto nel programma dell’attuale maggioranza di governo della città. Il documento si richiama esplicitamente alla Rete del Nuovo Municipio e fa della democrazia partecipativa il suo filo conduttore. In esso sono contenuti degli spunti di riflessione e delle proposte su alcuni dei temi centrali per la politica sulla città: la qualità urbana, i diritti di cittadinanza e in particolare il diritto all’acqua, le problematiche giovanili, la trasparenza e la legalità, la questione immigrazione, la finanza etica. E’ stato elaborato a più mani, a partire dalle specifiche competenze ed esperienze dei diversi componenti del gruppo ed ha riscosso un certo interesse nell’opinione pubblica cittadina.
Nell’introduzione vi si legge: “La città auspicabile non si coniuga con l’individualismo, essa garantisce l’individualità, ma vuole collaborazione, rispetto delle regole, impegno comune, partecipazione alle scelte, necessità di riconoscere i propri problemi insieme a quelli degli altri; essa crea l’opportunità di trovare una soluzione comune, cioè insieme. Si tratta di ricollocare norme, regole, comportamenti non nella loro singolarità o nell’astrazione giuridica, amministrativa, sociale del loro rispetto, ma per i loro esiti, come contributi individuali alla realizzazione di un progetto comune che abbia come suo fondamento il bene comune e i diritti fondamentali di cittadinanza”.
Su queste questioni il Laboratorio ha intenzione di concentrare le sue energie, anche perché i primi segnali che giungono dalla nuova amministrazione non vanno nella direzione auspicata dal documento.
Per concludere, il Laboratorio Politico Città di Potenza è un luogo in cui si cerca di sperimentare nuove modalità e nuovi linguaggi, in cui ci si ritrova tra diversi, sebbene accomunati da alcuni principi di fondo, in cui cerchiamo di evitare di scivolare verso forme associazionistiche tradizionali, oppure verso forme di coordinamenti in cui spesso prevale il senso di appartenenza o la visibilità della propria associazione, piuttosto che la ricerca di percorsi da tracciare insieme.
E’ un tentativo di risposta alla ricerca di luoghi in cui si condividano desideri e aspettative, la cui identità si definisca attraverso le iniziative politiche e la capacità di comunicazione al di fuori di sé, aperti, orizzontali, poco strutturati, dove le decisioni sul fare si prendano se frutto di un percorso di condivisione, mai a maggioranza, luogo in cui, dall’osservazione della realtà, dallo scambio di idee, dall’elaborazione comune, scaturiscano ipotesi di lavoro, che riescano a declinare le parole d’ordine globale nella pratica della nostra realtà quotidiana, per incidere significativamente su di essa. |
Numero speciale elezioni amministrative 2005 |