Il preambolo della dichiarazione sulla difesa dei diritti umani afferma: “La responsabilità e il dovere primario di promuovere i diritti umani e le libertà fondamentali risiede nello Stato…”.
La comunità internazionale difatti si è dotata di molti strumenti normativi pesanti per difendere i diritti umani. Da questa normativa articolata e dettagliata, dovrebbe conseguire un modus operandi omogeneo e la fine di tutte quelle situazioni che originano conflitti politici, sociali ed economici e – sempre più spesso – armati che moltiplicano gli abusi e le violazioni dei diritti umani: la sola esistenza di organizzazioni come Amnesty International ci dice che non è, purtroppo, così.
Questa presa di coscienza ha fatto dire a Irene Khan, Segretaria Generale di Amnesty International: “Dobbiamo muoverci per compensare l’incapacità dei governi e della comunità internazionale di tenere fede alla giustizia sociale ed economica”.
Il valore del lavoro degli attivisti delle organizzazioni che si battono per la difesa dei diritti umani – siano esse locali, nazionali o internazionali – non resta solo nelle situazioni che riescono a migliorare o, per esempio, nel numero delle persone che Amnesty riesce a portare ad una vita normale, strappandola a una ingiusta prigionia, alla tortura, alla pena di morte; il valore dell’impegno e della fatica che molte donne e uomini, in tutto il mondo, profondono per la causa dei diritti umani, sta anche nella forza della loro proposta di approccio alle situazioni problematiche che la comunità internazionale non sa o non vuole risolvere. Un approccio che fa si che sia l’intera umanità a coalizzarsi per la difesa e il rispetto dei diritti umani più elementari, vivendo ed attuando un modello di azione democratica che supera le frontiere, nel modo più concreto.
Questo lavoro, questa energia, che non si cura delle frontiere e valorizza le differenze, può cambiare radicalmente le cose. La sua apparente debolezza è la forza: l’impegno comune può avvicinare le persone e sconfiggere il senso di impotenza di fronte alle violazioni. La voce dei “cittadini del mondo” può entrare nei palazzi dove si decidono i destini degli abitanti della terra e lanciare un segnale importante: è possibile costruire un mondo diverso e migliore, insieme.
Solo insieme si può.
Insieme alla comunità internazionale, quindi, insieme allo Stato, allora, insieme agli enti locali.
Una struttura locale che sa dialogare con le ONG che si occupano di diritti umani, cercandone la continua e mai sporadica collaborazione nella stesura dei propri programmi educativi e di formazione, certo tiene fede al proprio compito di ricerca della giustizia sociale ed economica.
La consapevolezza, che l’uomo politico locale ha dell’importanza di una sensibilizzazione dell'opinione pubblica sui temi cari ai difensori dei Diritti Umani attraverso le campagne di informazione, fa moltissimo per contribuire a metter fine alle situazioni che originano conflitti sociali ed economici, specialmente se offre al cittadino tutti gli strumenti delle proprie strutture territoriali.
L’educazione ai diritti umani delle giovani generazioni, per esempio, non deve soltanto essere relegata alla buona volontà dei soci delle ONG ma tale obiettivo può essere raggiunto in maniera più incisiva, coinvolgendo le istituzioni democratiche affinché promuovano e favoriscano programmi di educazione rivolti alle istituzioni scolastiche o progettino eventi pubblici divulgativi sul tema, quali rassegne teatrali e cinematografiche, attraverso atti concreti e significativi.
La campagna di Amnesty International “Non sopportiamo la tortura”, per esempio, grazie anche ad un ampio coinvolgimento degli enti locali pugliesi (è stato fra l’altro approvato un odg a sostegno della Campagna dalla Provincia di Foggia e dai Comuni di Corato, Ruvo, Minervino, Poggiorsini, Gravina, Toritto, Bari, Molfetta, Apricena, Bovino, Castelvecchio di Puglia, Deliceto, Serracapriola, Trinitapoli, Rignano Garganico, Foggia) oltre ad aver contribuito a promuovere la più ampia consapevolezza su tali violazioni e a diffondere un’autentica cultura dei diritti umani, ha raggiunto l’obiettivo di chiedere ai deputati e ai senatori di presentare disegni di legge per l'introduzione in Italia del reato di tortura: più di cento parlamentari di tutte le forze politiche hanno difatti risposto positivamente, firmando tre proposte di legge alla Camera dei Deputati e altrettante al Senato della Repubblica.
Insomma, insieme alle istituzioni democratiche, si può. |
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